Una comunità in cammino

La cdb di Chieri festeggia e fa il bilancio di 30 anni di percorso comunitario

 

Come comunità cristiana di base di Chieri compiamo 30 anni di vita. Oltre che festeggiare questa piccola, ma per noi significativa, esperienza comunitaria di fede, crediamo sia tempo di bilanci. . Per chi ci conosce poco o non ci conosce affatto, cercheremo di “narrarci”, evidenziando le tappe più importanti della nostra storia e gli strumenti più significativi nell’evoluzione della nostra esperienza di fede.

Erano gli anni del post concilio, la chiesa era ancora pervasa dallo straordinario vento dello Spirito che aveva spazzato via molte incrostazioni di secoli. Si parlava di una chiesa aperta al mondo e alle sue culture, più collegiale e meno dogmatica, aperta ai poveri e agli esclusi. La straordinaria personalità di Giovanni XXIII era ancora viva nei ricordi. Nel 1975, anno in cui nascemmo, Paolo VI, pur tormentato, rimaneva aperto alle novità. La restaurazione era solo nelle fantasie di una minoranza che non aveva accettato il Concilio (o forse non era una minoranza?). Nella società era passato il ‘68 con le lotte operaie e studentesche, l’anti-autoritarismo e una rivoluzione culturale e di costumi che avrebbe inciso profondamente nella società italiana.

Venivamo dalle parrocchie e dai gruppi spontanei nati in quegli anni; ci incontrammo e conoscemmo nelle lotte e nelle comuni militanze politiche e di associazioni: un gruppo di noi aveva vissuto questo straordinario periodo in una originale esperienza politico-ecclesiale a Pino Torinese, altre amiche e amici erano di Chieri. Così demmo vita alla comunità cristiana di base proprio in questa città.

Erano gli anni di esperienze ecclesiali forti. Il cosiddetto dissenso cattolico si era strutturato in esperienze  diverse, tra cui le comunità di base. Alla fonte dei nuovi percorsi di fede c’era una forte riflessione biblica e teologica, influenzata dalla teologia della liberazione latino-americana e dai grandi teologi che avevano innervato il Concilio, come Kung, Schillebeeckx ed altri.

Eravamo una dozzina di giovani, molti dei quali impegnati nei sindacati e nei partiti di sinistra. All’inizio ci trovavamo ogni 15 giorni in sedi che, seppur cambiate nel tempo, sono rimaste quelle laiche di organizzazioni come i sindacati o le ACLI. Siamo sempre stati un gruppo di donne e uomini “normali”, senza leader carismatici, anche se con “talenti” diversi. Eravamo e restiamo una comunità che ricerca, in cui la diversità, anche quella teologica, è considerata una ricchezza.

Oltre a riflettere sulla Bibbia, iniziammo ad approfondire insieme, per più di un anno, il libro di Amilcare Giudici “Peccato e riconciliazione”, letto in quel momento in molte altre comunità di base. Fu l’inizio di un percorso di rivisitazione dei sacramenti che doveva portarci lontano. Su temi così scottanti come il peccato, il senso di colpa, l’immagine conseguente di un Dio giudice, molti portavano “cicatrici” nella loro psiche e nella loro fede. Fu una lettura che si intrecciava con la ricerca teologica che tutto il movimento delle cdb stava compiendo. Partecipammo a numerosi convegni sul tema. Ne uscimmo più liberi, più sani e soprattutto avendo ricuperato un’immagine di Dio che è totale accoglienza e amore. La conseguenza pratica fu l’abbandono della confessione auricolare, già in crisi per molti di noi, sostituita 2 o 3 volte l’anno con serate di riconciliazione e perdono comunitario. Parallelamente, essendo giovani, rivisitammo, con l’aiuto di alcuni testi, tra cui quello della cdb di S. Paolo di Roma “Il cristiano e la sessualità”,  la concezione della sessualità che la chiesa aveva inculcato in molte e molti di noi sin da piccoli, per approdare ad una liberazione da tabù e oscurantismi, che non volevano dire permissivismo, ma una visione più armonica e felice della persona umana nella sua interezza.

A quei tempi ci seguiva come prete, per la celebrazione dell’eucarestia, Elio Taretto, della comunità Emmaus di Albugnano, morto poi prematuramente dopo il ritorno dalla ex-Jugoslavia, dove si era speso, insieme ad altri, per una rischiosa missione di pace. Fu una  delle prime personalità forti, carismatiche, con cui ci confrontammo e a volte scontrammo. A lui dobbiamo molto.

Le cdb stavano portando avanti una riflessione a tutto campo su chiesa, ministeri e Bibbia.

Uno dei temi più sentiti, in questo influenzate dal sommovimento sociale e dalla teologia della liberazione latino-americana, era la concezione di una chiesa povera e per i poveri, coinvolta nelle lotte di liberazione dei popoli oppressi. Le nostre letture a qui tempi erano i libri di Gutierrez, Boff, Sobrino. Veniva da noi spesso padre Bernardino Formigoni, impegnato nella rivoluzione nicaraguese, con il quale organizzammo incontri di solidarietà con il Nicaragua. Una figura indimenticabile e affascinante, con il suo basco nero alla Che Guevara e la lunga barba bianca.

Sin dall’inizio abbiamo sempre ritenuto che la fede e l’amore cristiano debbano tradursi, per ognuno/a di noi, in un impegno personale nel sociale e nel politico. Una delle cause che abbracciammo, come comunità, fu l’appoggio al CAITH di Vittoria Savio, con le sue trabajadoras de hogar del Perù, per cui ancor oggi ci autotassiamo mensilmente. In questi anni abbiamo sostenuto, pur con le nostre poche forze, tutte quelle iniziative sociali che si sono sviluppate a Chieri: dalla manifestazione del 1984 per affidare la cascina Tario al gruppo Abele, al Comitato Pace e Disarmo, al commercio equo e solidale, al Comitato Pace e Cooperazione, a Bastaguerre ecc.

Il termine che più ci ha caratterizzato è stato “riappropriazione”, della parola di Dio innanzitutto. Una riappropriazione che rifiutava in primo luogo il monopolio di una casta sacrale per la sua interpretazione. Passammo gradatamente dai commenti spontanei, al cosiddetto “metodo storico-critico”. Su questo dobbiamo moltissimo alla competenza e capacità divulgativa di don Franco Barbero : di solito sceglievamo (lo facciamo ancora oggi) un libro della Bibbia, Franco veniva a presentarcelo, ci consigliava una serie di testi da usare nell’esegesi e, a turno, chi voleva, ogni 2 settimane presentava un capitolo, cui seguiva l’attualizzazione e la discussione. Certo nessuno di noi è diventato un grande biblista, ma questo metodo ha comunque prodotto, in questi trent’anni, una crescita complessiva della comunità, una discreta cultura biblica ed una familiarità con autori, strumenti e nozioni che il “fedele tradizionale”, che delega tutto al prete, non possiede.   Nell’81 iniziò a Torino, presso locali messi a disposizione dai valdesi, un corso biblico ecumenico per animatori di comunità, tenuto sempre da F. Barbero, Giancarlo Bruni, Ortensio da Spinetoli e da pastori valdesi come Eugenio Revoir, Daniele Garrone, Teodora Tosatti. Alcuni di noi vi parteciparono e vi partecipano tutt’ora. Questo favorì una maggior conoscenza della Bibbia, che poi i partecipanti riversavano nei martedì biblici e nella vita della comunità.

“Simboli di libertà” di J. M. Castillo, su cui faticammo per molto tempo, ci aiutò nell’approfondimento dei sacramenti. Con E. Schillebeeckx “Il ministero nella chiesa”ed altri testi e convegni delle cdb, passammo dalle istintive contestazioni del ruolo del prete e della casta sacrale, ad un approfondimento serio sulle origini della chiesa, su come nel tempo si sono formati i ministeri, sulla diversità e ricchezza delle origini cristiane, che abbiamo poi continuato e stiamo continuando con la lettura, tra gli altri, di testi fondamentali quali “I funzionari di Dio” di E. Drewermann o “Sistema, libertà, chiesa” di X. Pikaza.

Nel 1986, dopo un lungo e serio cammino di approfondimento, comune a tutto il movimento delle cdb, maturammo la convinzione e la prassi, come ci insegnano le origini cristiane, che è l’intera comunità a celebrare l’eucarestia. Da allora ci ritroviamo una volta al mese, in una  casa, come facevano nelle prime comunità, e questa prassi ha portato con sé, oltre ad una più ricca liturgia, lo sviluppo di una maggior convivialità ed una migliore conoscenza reciproca, con il festoso pasto che segue la celebrazione.

Una divisione che attraversava il movimento delle cdb in quegli anni, era tra chi privilegiava soprattutto l’attività politica e sociale e chi, non trascurando questo aspetto, sottolineava quale fondamento per la vita delle comunità, la dimensione della spiritualità, dell’eucarestia e della preghiera. Nel tempo, sono rimaste in vita quelle comunità che hanno fatto convivere le due dimensioni.

Un’altra tappa significativa del nostro cammino furono gli anni di approfondimento teologico della figura di Gesù, culminati con la partecipazione al seminario nazionale cdb su: “Gesù di Nazaret”, nel 1990 a Frascati e i numerosi convegni preparatori a cui intervenimmo. Le nostre letture erano nutrite dai libri H. Kung, Ortensio da Spinetoli, E. Schillebeeckx, G. Barbaglio  e molti altri. La scoperta dell’ebraicità di Gesù,  della ricchezza culturale e teologica dell’ebraismo, sono un filone che ci è molto caro. Le cristologie che si sono sviluppate nel tempo hanno, a volte, offuscato questo splendido uomo, vera icona e manifestazione di Dio, per noi la via della  fede in Lui. La comprensione dell’aspetto mitico e simbolico, presente nel primo e secondo Testamento, ci ha portato a vedere sotto una diversa luce alcuni dogmi. E’ stata come una rivoluzione nella nostra ricerca di fede. La figura di Gesù di Nazareth ci affascina. La ricerca su di lui continua con passione ancora oggi (può forse esaurirsi?) e la riproponiamo l’11 giugno, festa dei 30 anni della comunità, con la relazione di F.Barbero dal titolo emblematico “Voi, chi dite che io sia?”, che ripercorrerà gli studi di questi ultimi decenni che hanno gettato una nuova luce sul Gesù storico.

Un grosso apporto è stato dato dalle donne della comunità, che con pazienza hanno riversato nei commenti biblici le loro letture di teologia femminista (E. Schussler  Fiorenza, M. Daly, E. Green ecc.). I loro interventi hanno aiutato la parte maschile della comunità a cogliere, tra l’altro, come nella Chiesa le donne siano invisibili e quanto il linguaggio sessuato limiti la comprensione di Dio stesso  e del Suo messaggio.

Con il testo di P. Knitter “Nessun altro nome?” approfondimmo la parzialità della via cristiana a Dio, scoprendo la grandezza del Suo disegno  che si sviluppa nella diversità e nella ricchezza delle altre vie (religioni) che portano a Lui. Questo è avvenuto senza sincretismi religiosi, nella consapevolezza “che non basta una vita” per conoscere tutta la profondità della  tradizione cristiana all’interno della quale ci sentiamo chiamati.

Un segno distintivo della comunità e della nostra ricerca religiosa, è il tentativo di dare seri fondamenti teologici, biblici e culturali, alle scelte che compiamo ed alle convinzioni che maturiamo. Siamo fortemente consapevoli però, che è il nostro cuore ad essere chiamato alla conversione e che solo una vita semplice e una spiritualità ricca possono aiutarci a  superare le futili attrattive e i falsi idoli della società consumistica  in cui viviamo. Crediamo che la preghiera sia essenziale, per il credente come per la comunità. Ad essa dedichiamo alcune serate nel corso dell’anno e con una preghiera apriamo tutti i nostri incontri.

Certo questa Chiesa, che pur amiamo, ci rattrista. Sulla morale sessuale, i gay, le lesbiche, i divorziati, i contraccettivi, il matrimonio dei preti, il ruolo della donna, siamo in pieno medio evo. Un papa eletto solo da maschi non ha scandalizzato nessuno! Che sia maschio anche lo Spirito Santo? In una comunità come la nostra, dove il ruolo delle donne è trainante, questo atteggiamento appare ancora più stridente e paradossale .

La chiesa risente dei 27 anni del papato di Wojtyla e della  sua vera e propria controriforma, che ha vanificato molto del Concilio, decapitato la teologia della liberazione ed esautorato tutti i teologi progressisti (144 solo da Ratzinger), creando uniformità e paura in quelli rimasti. In questi anni si sono privilegiati movimenti ecclesiali reazionari come Comunione e Liberazione, Legionari di Dio, Opus Dei. Si è alimentata una fede devozionale fatta di santi, padre Pii e madonne che piangono, che poco hanno a che fare con il messaggio di Gesù e molto con riminiscenze pagane.

Molte amiche e amici sono passati in comunità in questi anni, alcuni si sono fermati, altri no. Per il cattolico tradizionale, abituato all’indiscussa delega e obbedienza alla gerarchia, a una fede devozionale che non si interroga, che patisce il dubbio e la ricerca, il nostro cammino è difficile, disorienta. Noi incrociamo chi è in ricerca, chi non ama i dogmi, chi tenta di dare un senso al sacro senza abiurare la propria intelligenza e razionalità. Sono i rappresentanti di quello scisma silenzioso che svuota le chiese, perché non danno più risposte adeguate alla complessità dei tempi e dei bisogni di questo terzo millennio. Oggi crediamo che, per essere fedeli al messaggio di Gesù, parafrasando don Milani, “l’obbedienza non è più una virtù”, men che meno all’interno della Chiesa dove, in un confronto fraterno, dobbiamo ritornare a quella ricchezza e pluralità di esperienze di fede e di teologie che rendeva così ricco e all’altezza delle domande dei tempi, il cristianesimo e  delle origini.

La comunità di base di Chieri

Chieri 12 giugno 2005