JOHANN BAPTIST METZ - ELIE WIESEL, Dove si arrende la notte, Rubbettino Editore 2011, pagg. 160,

Euro 13

 

 

Il libro è costruito come una intervista, ma il lettore e la lettrice sanno con chi si svolge il dialogo. Infatti i curatori del volume hanno premesso ad ogni intervista alcune note biografiche sui due Autori.

Si tratta di due "supervecchi", ma soprattutto di due testimoni di umanità e di fede.

Siamo ricondotti ad Auschwitz e gli anni che seguirono l'Olocausto, ai "molti" silenzi dei superstiti, di Dio, dei cristiani.

Come riprendere e far vivere costantemente la memoria? Anche le accurate note di Mariangela Caporale ruotano attorno a questo interrogativo centrale.

Intanto non è irrilevante sapere che la traduzione italiana dista dall'originale tedesco di ben 18 anni.

Se è vero che essa riprende tematiche già diffusamente esplorate in opere seguenti, questa resta un'opera preziosa.

Mi è impossibile segnalare i molti passaggi che il lettore troverà in queste densissime pagine.

Per il cattolico Metz riemerge il fatto che il cattolicesimo ha perso il senso di una "memoria pericolosa" per i potenti.

La fede tradizionale ha perso il pungolo della sovversione e si è concentrata nella memoria dei suoi trionfi, dei suoi dogmi, dei suoi trascorsi.

Per l'ebreo Wiesel, che ci offre risposte e considerazioni di uno spessore straordinario, il tema centrale del libro è il suo ebraico lottare con Dio: "Posso dire che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, non ho mai abbandonato Dio. Avevo grandi problemi con Lui e ce li ho ancora. Perciò protesto contro di Lui. A volte gli intento veri e propri processi......

Quando si crede in Dio, gli si può dire tutto. Si può essere arrabbiati con Lui, si può lodarlo, gli si può chiedere giustizia. Come ebreo appartengo a questa tradizione, la tradizione di Abramo, Mosè, Geremia, Giobbe e degli innumerevoli Maestri del Talmud.

Tutti loro, come me, avevano un rapporto difficile con Dio" (pag. 95).

"E' perfino possibile restare fedele a me stesso ed essere contro Dio, ma non posso mai essere senza di Lui" (pag. 96).

"Forse i cristiani, oltre ai musulmani, non possono capire la rivolta contro Dio. Dio forse è troppo distante per loro, un sovrano, un giudice, un padre. Per noi ebrei Dio è un amico............. Alcuni cristiani, quando pregano Dio, s'inginocchiano davanti a Lui. Noi ebrei ci alziamo mentre lo preghiamo: "Vedi, eccoci qua, abbiamo qualcosa da dirti". Noi abbiamo un messaggio per Dio..... L'uomo può dire di no a Dio, e comunque restare dalla sua parte e fidarsi di Lui" (pagg. 99 -100).

Sono belle e stimolanti le riflessioni con le quali Wiesel prende le distanze dalle teologie del "Dio debole e sofferente", ma queste note si farebbero troppo estese.

Segnalo questo volumetto come un invito a sperare che la notte in cui viviamo si apra al nuovo giorno.

Per quanto sia lunga e gelida la notte, "pur tuttavia" arriveranno le luci dell'alba.

Gli autori di queste pagine insistono: per quanto trionfino l'ingiustizia e l'assurdo, Dio non è un simbolo, un fuoco spento, una proiezione di sè, ma soggetto vivente "a cui chiedere conto e con il quale disputare.

Riv è il nome ebraico di questo scontro e della sua asprezza.....

E chi scende a contesa, domanda come domandò Abramo, con quella stessa fede" (pag. 137).

Fede in Dio e lite con Dio stanno bene insieme. Riv significa lite.       

                                                                                                                            Franco Barbero