Ciò che credo Hans Kung

Cio' che credo

Rizzoli. - Collana: Saggi / Saggistica

Pagine 224 -

 Prezzo € 20.00

Note di Copertina

“Una cosa è la «religione ufficiale» di una persona.
Un'altra è la religione del cuore,
che ognuno porta dentro di sé.”

L'appassionato credo del «teologo ribelle»
che per tutta una vita ha combattuto
il dogmatismo religioso con la più autentica
delle fedi: l'umanità.

“Verso la fede cieca, e verso l'amore cieco, ho nutrito e nutro sospetti fin dai tempi in cui studiavo a Roma.” Questa diffidenza nei confronti di ogni assolutismo ha sempre guidato Hans Küng, il più critico tra i teologi cattolici, il rivoluzionario che ha detto sì alla pillola e no all'infallibilità papale. È possibile oggi, si chiede, credere in una religione? Oppure la complessità del mondo contemporaneo ci spinge sempre più verso un'etica globale, condivisa e condivisibile da tutti? Per illustrare le sue risposte a queste domande universali, Hans Küng ripercorre i momenti fondamentali della propria esistenza. Dai dubbi del periodo universitario ai dissidi con le gerarchie ecclesiastiche negli anni Settanta, dall'impegno volto a favorire il dialogo interconfessionale al conferimento nel 2008 della medaglia d'oro Otto Hahn per la pace, le tappe di questo itinerario esemplare toccano alcuni tra i temi caldi della nostra epoca: il multiculturalismo, la natura contraddittoria della libertà, la delicata relazione tra morale e ricerca scientifica, la necessità di superare i limiti angusti dell'intolleranza religiosa. Questo libro racconta l'avventura affascinante di una ricerca personale instancabile e coraggiosa. Scagliandosi contro il nichilismo di troppi pensatori moderni, Küng accompagna il lettore in una straordinaria ascesa spirituale, alla ricerca di una nuova prospettiva fondata sull'amore, la consapevolezza di sé e il rispetto del diverso. Un autentico inno alla gioia capace di rivolgersi a tutti, anche a chi non crede: perché sia il valore dell'uomo, e non il dogma, a guidare finalmente la nostra storia.

 

La mia battaglia da cristiano contro una chiesa antimoderna

di Hans Küng

Anticipiamo alcune pagine dell' ultimo libro di Hans Küng "Ciò che credo" (Rizzoli) in libreria da oggi. Come membro della "Repubblica degli eruditi di Tubinga" - come recita il sottotitolo della storia dell' università di Tubinga redatta da Walter Jens - mi dispiaceva allora, come mi dispiace oggi, che ci si richiami sempre a Dio per combattere la scienza moderna. Il caso Galilei, il caso Darwin, ma ai nostri giorni anche quello della morale sessuale (contro pillola, preservativi, inseminazione artificiale, ricerca sulle cellule...) hanno gravato sul rapporto tra religione e scienza, avvelenandolo. Come potrei non avere comprensione per il fatto che molte persone, di fronte a così tanti decreti romani e pamphlet protestanti, rifiutano una fede in un' autorità, nella Bibbia, in una Chiesa che appare loro irrazionale, antifilosofica, ostile alla scienza? Inoltre, molti credenti oggi capiscono benissimo che l' argomento "Dio" non può avere alcun ruolo nella scienza, se questa deve mantenere la precisione e l' esattezza dei suoi metodi. Questioni notoriamente difficili dal punto di vista etico, quali aborto, ricerca sulle staminali o i trattamenti "fine vita", dovrebbero però essere indirizzate a una soluzione praticabile e umana: senza risposte dettate dal fanatismo religioso, ma sicure dal punto di vista scientifico e frutto di riflessioni filosofico-teologiche. Da democratico svizzero convinto mi spiaceva e mi spiace tuttora che ci si richiami sempre a Dio per opporsi anche alla democrazia moderna. È vero che ai nostri giorni non è più pensabile una tutela politica e religioso confessionale da parte delle Chiese, come accadeva durante l' Ancien Régime. Ma negli ambienti fondamentalisti, sia cristiani sia islamici, che stanno vivendo un momento di rinnovato vigore, l' odio per l' Illuminismo è sempre presente e il motto della Rivoluzione francese, «libertà, uguaglianza, fraternità» viene visto ancora in modo molto negativo. Ma per restare nell' ambito della mia Chiesa, quella cattolica: non solo i seguaci di Lefebvre, reazionari e tradizionalisti, ma anche molti prelati in Vaticano preferirebbero ripristinare le condanne ecclesiastiche contro liberalismo e socialismo di fine Ottocento, e rimettere le decisioni sulla "verità" in tutte le questioni riguardanti la fede e la morale a un "magistero" ecclesiastico, come richiesto anche nelle encicliche più recenti su fede e ragione. In questo spirito antimoderno, nella Roma papale si ritiene ancora di poter esercitare una pressione, da dietro le quinte e talvolta anche a scena aperta, su governi e parlamenti eletti democraticamente affinché le loro decisioni obbediscano alla "morale" cattolico-romana. Quando vedo, inoltre, quali "miracoli" vengono approvati negli ultimi tempi, anche qui in pieno spirito medioevale, e quindi sanzionati da "canonizzazioni", come si fanno passare per fatti storici antiche leggende, si incoraggiano dubbi pellegrinaggi e la gente devota viene presa ripetutamente per stupida, e quando mi chiedo poi «In che cosa credo?», la mia risposta è chiara ed è: no, in tutto questo non credo, e nessun teologo al mondo mi potrà convincere che è parte sostanziale della mia fede in Dio, in particolare della fede nel Dio cristiano. Ci si dovrà chiedere, al contrario, in quale misura un' immagine falsa e distorta di Dio e talvolta anche un' immagine "cristiana" inumana, asociale, dell' uomo abbiano contribuito alla diffusione dell' ateismo. Viceversa devo anche chiedermi: quanto valore hanno gli argomenti contro la fede? Bisogna sottoporre a esame critico soprattutto due argomentazioni: in primo luogo quella psicologica, secondo la quale Dio sarebbe solo una proiezione dell' uomo, quindi quella storico-filosofico culturale, ovvero che ci troveremmo di fronte alla fine della religione. Una spiritualità con razionalità La mia spiritualità ha sempre avuto a che fare più con la razionalità che con la sensibilità. Non ho mai voluto semplicemente "credere", ma anche capire la mia fede. (...) Parimenti ho sempre ritenuto importante che se le questioni delle scienze naturali dovevano essere trattate secondo il metodo e lo stile delle scienze naturali, allora d' altro canto sarebbe stato doveroso trattare anche le questioni della psiche umana e della società, così come quelle del diritto, della politica e della ricerca storiografica e ancor più quelle dell' estetica, della morale e della religione, secondo il metodo e stile a loro proprio, corrispondente al loro oggetto. In maniera del tutto legittima, oggigiorno, anche nelle scienze dello spirito ci occupiamo sempre più dell' analisi di fenomeni, operazioni, processi e strutture. Ma nel far ciò non dobbiamo dimenticare che ci sono questioni legittime in ambito scientifico che attengono al senso primo e ultimo delle cose, ai valori, agli ideali, alle norme e ai comportamenti. Come filosofo e teologo non posso accontentarmi della problematicità superficiale del nostro mondo secolarizzato e ridotto solamente a razionalità e funzionalità, ma debbo cercare di penetrare nella sua dimensione più profonda. Come si può altrimenti trovare una risposta alla domanda sul fondamento della vita?