Un cammino che continua

 

intervista a don Franco Barbero a cura di Serena Corfù

 

D) Dunque, don Franco, Roma ha sentenziato…. Oggi 13 marzo alle 7 Lei è stato ricevuto dal vescovo di Pinerolo che le ha consegnato la lettera in cui il cardinale Ratzinger le comunica il decreto papale di riduzione allo stato laicale.

R) Il potere vaticano ha fatto il suo mestiere preferito: condannare. Non mi stupisce che questa "gerarchia buttafuori", scambiando la chiesa per una discoteca, arrivi a questi atti di prepotenza.Mi sorprende il fatto che non sono mai stato ascoltato: vengo condannato, come nelle dittature e nei regimi militari, senza aver mai avuto la possibilità, che persino il codice di diritto canonico prevede, di dialogare, spiegarmi, difendermi.
Da anni ho la consapevolezza che non sono funzionale alla chiesa caserma, che non faccio gli interessi dell'azienda cattolica, che non pubblicizzo i suoi prodotti culturali, che cerco di mettere in luce le sofistificazioni catechistiche e dottrinali, che disturbo il coro, ma mi aspettavo che qualcuno avesse almeno il buon garbo, anche solo aziendale, di guardarmi negli occhi e di ascoltare se, per caso, avessi avuto qualcosa da dire.
Mi arriva invece una lettera in cui il sommo pontefice con una decisione "suprema e inappellabile e non soggetta ad alcun ricorso" decreta la dimissione dallo stato clericale.
Comportamenti vaticani da KGB. Abbiamo già la fortuna che non possono più accendere i roghi e, con un po' di fede e di umorismo, continuiamo a imparare dalla vita che il re è nudo.

D) E, secondo Lei, il vescovo di Pinerolo che ruolo e che comportamento ha tenuto in questa vicenda?

R) Ha partecipato con piena adesione alle decisioni vaticane con una gran fretta di arrivare ad una conclusione. L'istituzione cattolica ufficiale gli sarà certamente riconoscente. Finalmente l'ho visto sollevato da un problema che gli creava qualche tensione, come lui stesso mi confidò.
Non ho né amarezza né alcun sentimento di avversione verso un vescovo che è soprattutto un fedele funzionario del vaticano.
Gli auguro ogni bene: questa piena collaborazione con il vaticano sarà certamente premiata dal governo centrale della curia romana. Ho l'impressione che, nell'attuale ecclesiologia dominante, ci sono dei vescovi che davanti a Roma non hanno nemmeno il grado di sergente. Che può fare un piccolo caporale di fronte ad un capo di Stato Maggiore?
Quando si accetta un ruolo per cui nella chiesa da una parte ci sono i gerarchi e dall'altra il popolo, forse l'obbedienza resta ancora la prima "disastrosa" virtù.
Da un funzionario è troppo aspettarsi parole o scelte profetiche. Certo, non ha fatto nulla per garantire il mio diritto ad essere ascoltato o per impedire un provvedimento che, del resto, ha totalmente condiviso. Voglio rispettare le scelte della sua coscienza.

D) Perché in questo momento?

R) Secondo me il vaticano ed i vescovi hanno scelto questo momento per parecchie "defenestrazioni" cercando di utilizzare alcune prese di posizione coraggiose del papa che hanno indubbiamente creato in queste settimane simpatia ed apprezzamento per il vaticano.
L'astuzia del potere però non può nascondere le sue vergogne continue dietro una posizione apprezzabile che oggi, del resto, sarebbe stato difficile non assumere vista la barbarie del governo USA e la crescente mobilitazione politica e popolare contro la guerra. I problemi nodali di questa struttura cattolica, violatrice sistematica dei più fondamentali diritti umani, che emargina le donne, i separati e divorziati, che condanna gay e lesbiche, che mantiene l'ipocrita legge del celibato obbligatorio dei preti, che cerca privilegi nella scuola privata, che ha vissuto secoli di prostituzione con tutti i più squallidi poteri, che diffonde angoscia e sessuofobia, che fa del tempio un grande mercato…, non possono essere coperti da qualche buon appello alla pace. Ci vuole ben altro.

D) Lei, don Franco, come vive questo giorno? Come si sente?

R) Ho trascorso la mattinata, dopo il tempo dedicato alla preghiera ed allo studio, nei colloqui con amici tossicodipendenti e con alcuni preti stranieri. Ora sono in partenza per alcuni incontri a Roma ed in Francia. Sabato pomeriggio a Torino presiederò la celebrazione eucaristica nella quale un parroco del Lazio si sposa con una donna senza lasciare il ministero.
Come vede, continuo la mia vita esattamente come prima. Considero questa lettera vaticana come il regalo del papa e del mio vescovo per i miei 40 anni di ministero.
La "pulizia teologica" che è in pieno svolgimento un po' ovunque nella chiesa cattolica "non disdegna le vie brevi della prepotenza" (Concilium 1/2003) e spiritualmente mi ero da tempo preparato in piena comunione con la mia comunità. Ho rifiutato la vergognosa proposta di "rientrare", di accettare il silenzio e qualche incarico. Il denaro della chiesa, più volte offertomi, non mi ha mai interessato, né ho bisogno di sicurezze istituzionali. Più che mai oggi, inserito nei movimenti cristiani di base, mi occorre fiducia in Dio, preghiera, studio delle Scritture, la compagnia delle persone che fanno più fatica a vivere, tempo per la ricerca teologica, uno stile di vita semplice e sobrio.
Questo è l'orizzonte in cui cerco ogni giorno di convertirmi sulla strada di Gesù, l'ebreo marginale, che per noi cristiani è l'icona del Dio vivente.
Non ho nessun bisogno di "rientrare" né nella chiesa cristiana, né nel ministero, né nella tradizione cristiana perché non ne sono mai uscito. Da questa chiesa non mi scacciano quattro arroganti parole d'un gerarca romano. Né accetto di essere trattato come un bambino scappato da casa o un giovanotto un po' ribelle e recalcitrante da ricondurre sulla retta via.
Sono prete e lo rimarrò per tutta la vita; faccio il prete e lo farò per tutta la vita.
Quello che mi assicura e mi sostiene è il riconoscimento delle comunità in cui svolgo il ministero.
In questi giorni ho tanto ringraziato Dio perché sono una persona felice ed ho la compagnia e la solidarietà affettuosa di tutta la mia famiglia, della mia comunità, dei movimenti cristiani di base non solo italiani, di migliaia di preti, di teologi e teologhe. Sono grato a Dio perché mi guadagno il pane quotidiano ed il necessario per i libri con un ministero umile, onesto e libero nella mia comunità.
Penso con dolore ai tanti sacerdoti che sono costretti a rimanere nell'obbedienza perché, fuori da quel ruolo, come mangerebbero? Privi dell'indipendenza economica, molti preti devono rassegnarsi a mangiare quella minestra…

D) La comunità di Pinerolo e le altre comunità cristiane di base come vivono questo fatto?

R) Credo che le comunità cristiane esprimeranno il loro punto di vista . Io so che nulla cambierà tra di noi.
Resta il fatto che, ben diversamente dal vescovo precedente che era venuto due volte in visita alla comunità, l'attuale vescovo non ha mai nemmeno preso in considerazione le lettere, gli inviti, i tentativi di dialogo della comunità. Certo, è più facile dialogare con i valdesi che con una comunità cristiana di base.
Il vescovo ha sempre rifiutato il dialogo con la nostra comunità. Ripeto: non ha mai una volta accettato nemmeno di incontrare una delegazione.
Non ha mai risposto ad una lettera della comunità. Bell'ecumenismo!!!!
L'invalidità del documento vaticano di cui non terremo nessun conto deriva anche dal fatto che, se non si ascolta la comunità, nessun provvedimento ha una efficacia ecclesiale.

Pinerolo, 13 marzo 2003