"Attenti alla cattiva informazione: genera odio"
Intervista al filologo Mahmoud Salem Elsheikh: "L'Islam è una cultura di pace e alcuni imam dovrebbero tacere"
CINZIA GUBBINI

Con Mahmoud Salem Elsheikh, filologo italiano, autore, fino a poco tempo fa, della rubrica, "Islam cultura e civiltà" parliamo delle interazioni fra la situazione internazionale e il mondo musulmano. Che ne pensa degli imam che hanno espresso giudizi positivi sulla figura di bin Laden?

Che l'imam di Torino dovrebbe continuare a fare il macellaio. Chiediamoci una cosa: esiste la professione dell'imam? No, queste sono figure inventate. L'Islam è una religione istituzionalmente senza centro e di conseguenza senza clero, e senza quelle che le organizzazioni islamiche chiamano "guide" o "ministri del culto". Secondo me dietro tale invenzione si cela la volontà, da parte dei convertiti, di creare una struttura analoga alla loro religione di provenienza. Da parte dei neotradizionalisti, invece, si nasconde l'insidioso desiderio di creare un'organizzazione piramidale investita di "religiosa" legittimità in grado di assicurare il totale dominio della comunità. Queste figure inventate, voglio dirlo, traggono in inganno anche i politici.

Cosa intende per "totale dominio della comunità"?

Controllo economico, e politico. Esiste una vera e propria strumentalizzazione, uno sfruttamento. Ma questo torna comodo anche al circo mediatico.

Che ne pensa del fatto che alcuni italiani leggono questa guerra come lo scontro tra due mondi incompatibili?

Accade perché qualcuno lo sta dicendo, e sono coloro che non apprezzano la diversità. Certo che i musulmani sono diversi, ma non dobbiamo "tollerarci", concetto storicamente intercristiano. L'Islam non è tollerante. Conosce invece un altro concetto: rispetto nella diversità. Lo ha dimostrato in tutta la sua storia, riuscendo ad amalgamare tradizioni e culture varie pur mantenendo la specificità di ogni tribù e di ogni popolazione.

E in questo quadro come si inserisce la Jihad?

Innanzitutto si dice il Jihad. C'è un tentativo insopportabile di sovrapporre all'Islam concetti propri di altre culture, come "la guerra santa". Jihad significa "sforzo per conseguire un fine". Nell'ambito islamico si completa volentieri con il termine fisabil Allah cioè "sul sentiero di Dio", proprio per mostrarne il senso spirituale, di approfondimento della fede. E compare ben quattro volte nel Corano. D'altro canto è anche lavoro per la diffusione, non tanto della fede, quanto della conoscenza. O, in tempi di difficoltà, della sua difesa. In nessun passo coranico si parla di guerra guerreggiata. Quando poi l'8 ottobre leggo su Repubblica, a firma dell'esperto islamico, che l'appello al "Jihad", secondo la sharia, significa per la comunità musulmana un dovere militare, mi incazzo. I giornalisti si dovrebbero informare.

Quindi, non esiste un terrorismo islamico?

Non si può appiccicare il termine Islam al termine terrorismo. L'Islam è una religione che, come tutte le religioni, inneggia all'amore e alla pace.

E lei come spiega il terrorismo dei paesi arabi?

E lei come spiega il nazismo e il fascismo? Ha mai letto di fascismo cristiano? Oppure, ha mai sentito parlare dell'Eta cristiana?

Non pensa che i seguaci di bin Laden facciano presa sui popoli arabi perché dicono di ispirarsi al Corano?

Sulla popolazione oppressa sì, come sulla popolazione culturalmente emarginata e su quella ancora colonizzata. Purtroppo si sta creando un mito. L'occidente ha creato un mito, l'America ha creato il mito di bin Laden.

Un fenomeno leggibile anche in Italia?

Di sicuro, vorrei sapere quanti sono gli immigrati di religione musulmana emarginati in questo paese. Il vero mostro è la marginalità. Ci sono persone che inneggiano all'odio da Sartori, Maggiolino, Baget Bozzo e tanti altri che posso elencare. Che dispongono di megafoni mediatici e di una protezione politica. Oggi sui muri ci sono scritte come "Raus Islam". La comunità musulmana, invece, non trova una voce amica da parte del mondo politico.

da "il manifesto" del 22/10/01