SEMINARIO: AMBIENTE EDUCATIVO O APARTHEID? UNA RIFLESSIONE DI FAUSTO MARINETTI

DOC-1210. ROMA-ADISTA. "Pedofili si nasce o si diventa?" è la provocatoria domanda dello scrittore Fausto Marinetti, ex missionario in Brasile, che, sull'onda degli eventi che hanno travolto la Chiesa americana, riflette sulle responsabilità della Chiesa cattolica nella formazione dei propri sacerdoti, tolti alle famiglie e allevati in un "ambiente castrato". "Non si può non mettere in stato d'accusa l'iter educativo, l'istituzione stessa del seminario", obietta Marinetti; "è umanamente educativo - chiede - coltivare dei giovani nella segregazione, nella clausura ambientale che va di pari passo con quella mentale, psicologica, culturale?". E invita la Chiesa cattolica a ripensare i modi in cui avviene la formazione sacerdotale e rivedere la rete di obblighi e divieti, a cominciare dal celibato, che impongono al giovane seminarista una "cintura di castità mentale" che lo rende il più delle volte incapace a "condividere la sorte dei suoi fratelli, che pur si dibattono con la lussuria degli occhi, della carne, del mondo". La pedofilia, aggiunge, "non è che un sintomo del male sotterraneo che circola nel mondo clericale", ma cosa farà la gerarchia cattolica: "colpirà gli effetti, ignorando ad oltranza le radici del male?".
Di seguito l'intervento integrale di Fausto Marinetti scritto per Adista.

Giornalisti di tutto il mondo invadono piazza San Pietro. Curiosità, morbosità, diritto all'informazione. Incontro a sorpresa dei cardinali americani con il papa per trattare di pedofilia clericale. Spiegazione ufficiale: per dare soddisfazione ai cattolici di lusso, feriti e indignati. Per i più informati non è tutta buona volontà papale, ma anche frutto del "timor degli uomini": gli avvocati delle vittime minacciano di citare in giudizio i vertici vaticani, brandendo lo spauracchio della colpevolezza per un' "oggettiva" complicità nel coprire, minimizzare ed anche ignorare le denunce. Qualche prelato deve aver dimenticato che se la pedofilia è un "delitto" per il codice penale, quanto più lo dovrebbe essere per quello della coscienza? E la legge persegue sia il colpevole che i suoi "favoreggiatori". I senatori della Chiesa avranno il coraggio di chiedersi che cosa è mancato a quei preti, che cosa ha fatto loro difetto per ridursi a mendicare da bambini innocenti quanto avrebbero potuto "usufruire" senza lacerazioni né tragedie?
Chi sdrammatizza: si tratta "solo" dell'uno e mezzo per cento del clero americano (46.000 unità); chi assicura nuove drastiche misure selettive; chi appella alla "tolleranza zero". Di fronte a questo terribile "11 settembre della chiesa americana". Si parla di preti indegni, di innominabile tradimento di Cristo, di vergognoso rinnegamento della vocazione. Ma l'unico e solo "colpevole" è esclusivamente il prete fattosi pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito, che cosa è stato omesso?
Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano i "colpevoli", per sentire la loro versione e, magari, per offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa è mancato nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della loro formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani potrebbero e dovrebbero fare per dare al prete non solo offerte, ma anche supporto morale, sostegno umano? Come si relazionano i preti anziani con quelli appena sfornati dal seminario? Questi passano da una segregazione quasi totale ad uno sbaraglio globale.
Le perversioni d'ogni genere innalzano di parecchio il livello dell'1,5%, cui appellano i minimizzatori. (Dove è andata a finire l'inchiesta delle suore stuprate dai preti? Quanti sono i preti gay, alcolizzati, con l'amante, in cura dallo psichiatra?). Non si può non mettere in stato d'accusa l'iter educativo, l'istituzione stessa del seminario: è umanamente educativo coltivare dei giovani nella segregazione, nella "clausura" ambientale che va di pari passo con quella mentale, psicologica, culturale? Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (considerate "pericolose" e, quindi, "eliminate" tout court) per una formazione integrale? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutti gli sbalzi del clima. Se non si sporca mai le mani, non ha a che fare con i suoi coetanei e coetanee, non ne sa niente di problemi familiari, come può di punto in bianco maneggiare quel "materiale incandescente" che ha incontrato e conosciuto solo sui libri? È lecito, quindi, avanzare il dubbio: può il seminario sostituire la famiglia? E ancora: solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al sacerdozio? Non è vano ricordare la saggezza delle primitive comunità cristiane, le quali erano affidate a degli anziani sposati. Niente segregazione, niente occhiali neri, niente dicotomie anticristiane. Abbiamo forse cancellato la visione di Pietro e quel richiamo così divino: "Non chiamare immondo ciò che è uscito dalle mani e dal cuore di Dio"? Neppure il sesso, neppure la donna, neppure un bambino. Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto?
È possibile costruire un uomo completo in un ambiente castrato? Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica, dalla cultura dell'autosufficienza a quella della sazietà della verità; se gli si impone una cintura di castità mentale con il terrore della "bella virtù", il castigo dell'inferno e l'ossessione del peccato mortale, potrà venirne fuori un uomo sereno, capace di condividere la sorte dei suoi fratelli, che pur si dibattono con la lussuria degli occhi, della carne, del mondo?
Tocca proprio ai padri spirituali del seminario impartire l'educazione sessuale e dintorni o non spetterebbe ai genitori o a laici e laiche maturi? A questo proposito ho chiesto informazioni a dei giovani preti psicologi. Dapprima hanno tergiversato, poi m'hanno assicurato che ai preti "in difficoltà" (e "sono molti") viene garantita la terapia psichiatrica. (Un prete mi raccontava, indignato, che il suo vescovo l'aveva mandato da un medico di fiducia, il quale gli aveva ordinato delle pastiglie "speciali" per renderlo impotente senza neppure renderglielo noto).
Se un ragazzo fa indigestione di quella spiritualità disincarnata, di cui sono pieni i "libri di lettura spirituale", come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Un uomo "pieno", non un mezzo uomo. Il candidato al sacerdozio può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? Dio ha fatto di tutto per farsi uomo e noi facciamo di tutto per eliderlo, annullarlo. A furia di voler "fare" i cristiani, abbiamo perso di vista l'uomo. Abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell'uomo. Se raccogliamo preti pedofili, stupratori di suore, gay, alcolizzati, ecc. è evidente che non abbiamo seminato ciò di cui aveva bisogno il loro cuore.
Che cosa può fare un prete che soltanto sui 40-50 anni s'accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? In giovane età ha resistito perché l'istituzione gli ha creato attorno un clima di deterrenza per distoglierlo dai "cattivi pensieri". Ma quando gli echi del "tradimento della vocazione", della infedeltà a Cristo si smorzano ed incalzano le pulsioni dei comuni mortali, cosa gli resta da fare? Se il prete giovane decide di lasciare non gli viene permesso di sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l'uomo-prete?
Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione non solo spirituale, ma anche economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri…". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l'amante, oppure, oppure… (che tragedia!) con dei bambini. Presupponendo di farla franca, "tanto non capiscono niente"! "Ci vuol poco ad abbindolarli… con il potere sacrale…".
E perché non adunare in S. Pietro i preti sposati, tutti quelli che, per non asfissiare il cuore si sono sentiti costretti ad amare una donna? Quanti, per credere alla vita, si sono lasciati da essa sedurre! È forse una vita degna dell'uomo quella di tanti preti costretti all'isolamento, alla segregazione da quell'ambiente naturale che Dio (non il diavolo!) ha inventato, che è la famiglia? Non generalizzo. Ma allora è lecito il dubbio: i sacerdoti gratificati della loro scelta, umanamente realizzati, lo diventano nonostante la formazione seminaristica?
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione con i sacri stratagemmi dell'ascetica manicheistica. La parola d'ordine per la tutela della bella virtù non è sempre stata la "fuga"? Può essere mistificante dire che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga che tocca anche i padri di famiglia. Cominciamo a togliere ai candidati al sacerdozio le anomalie educative; facciamone degli uomini concreti, calati nella realtà, immersi nell'unico ambiente formativo che Dio ha inventato, la famiglia. Non creiamo per loro degli apartheid, delle segregazioni affettive e culturali.
La pedofilia dei preti non è che un sintomo del male sotterraneo, che circola nel mondo clericale. La gerarchia colpirà gli effetti, ignorando ad oltranza le radici del male? Ricorrerà ad un giro di vite, reinstaurerà l'abito talare, imporrà nuove pene canoniche, ignorando l'ovvio? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena. Una piantina non cresce diritta senza il suo sostegno naturale. Perché è così difficile trovare un prete anziano felice, realizzato? Come e dove vanno a finire i loro giorni? Bisogna inventare qualcosa di meglio dei seminari e delle canoniche. Il prete (come avveniva "all'inizio") deve vivere in una comunità di famiglie, in mezzo alla gente comune, con i problemi di tutti. Isolarlo, sollevarlo dallo sporcarsi le mani con le "cose materiali", è castrarlo, farne un manichino, un funzionario del culto. Ad uno costretto a vivere sotto il regime del sacro il Cristo direbbe: "Non di soli sacramenti, non di sola Chiesa vive l'uomo…". L'uomo di Chiesa che disprezza anche un solo cromosoma, un atomo o una briciola di materia, come può educare l'uomo a diventare cristiano?
Se è giusto prosciugare le casse delle diocesi per indennizzare le vittime di una disfunzione clericale, si può sapere come saranno "indennizzati" i preti che non ce l'hanno fatta? Saranno, come sempre, "eliminati"? Come si pensa di applicare la giustizia per il loro mantenimento? Troveranno lavoro in una società che li accoglie con il marchio dell'e-spulsione dalla Chiesa? Ed i loro colleghi dov'erano quando la solitudine gli rodeva l'anima?
I cardinali, alla presenza del papa, continueranno a dibattere se sia da considerare caso di pedofilia anche l'amplesso di un prete con una minorenne consenziente in preda all'alcool. Il casuismo la fa ancora da padrone nella capitale del cattolicesimo e nelle sue propaggini.
E le piccole vittime? È sufficiente una manciata di dollari per restituire loro l'innocenza violata proprio da chi più di tutti avrebbe dovuto proteggerla, tutelarla anche a prezzo della vita?
Forse il papa avrebbe potuto convocare loro, le vittime, in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai suoi cardinali?