SUORE ABUSATE. DA PRETI. DOCUMENTI

DOC-1063. KANSAS CITY-ADISTA. Abusi sessuali, stupri, sfruttamento, plagio: atti che hanno portato in molti casi a gravidanze e aborti. I responsabili: preti e vescovi. Le vittime: suore. Il luogo: Africa (ma non solo). La diffusione: altissima. Sono queste le coordinate allarmanti di una piaga che è venuta alla luce grazie alla pubblicazione, da parte del settimanale statunitense National Catholic Reporter, di quattro documenti strettamente confidenziali elaborati da religiosi impegnati nella consulenza alle suore e nella prevenzione dell'Aids, documenti che sono disponibili dal 9 marzo scorso nel sito Internet dello stesso National Catholic Reporter.
Da questi rapporti, stilati tra il 1994 e il 1998, viene alla luce una situazione che, benché non ignota, manifesta proporzioni molto più estese e gravi di quanto non si supponesse. Membri del clero cattolico, questo in sintesi il contenuto, hanno sfruttato e sfruttano la loro posizione finanziaria e spirituale per ottenere prestazioni sessuali da parte delle suore, spesso portate dal loro condizionamento culturale ad obbedire all'ecclesiastico. Perché proprio le suore? Perché in una situazione di diffusione a macchia d'olio dell'Aids, specialmente in Africa, esse rappresentano un gruppo "safe", sicuro, non a rischio. E sono molto più condizionabili, anche tramite false argomentazioni teologiche. Uno dei casi più eclatanti lo riporta sr. Maura O'Donohue, Medico Missionaria di Maria, autrice di due dei documenti, che visitò diversi Paesi africani per conto del CAFOD, organismo che si occupa di Aids all'interno della Caritas Internationalis. "La superiora di una comunità di religiose in un Paese - ha scritto la missionaria nel 1994 - è stata contattata da preti che chiedevano di rendere loro disponibili le suore per prestazioni sessuali (1991). Al rifiuto della superiora, i preti hanno spiegato che altrimenti si sarebbero visti obbligati a recarsi al villaggio per trovare donne, esponendosi così al rischio dell'Aids". "Grazie alle confidenze fattemi da molte sorelle nel corso delle mie visite - continua la O'Donohue - mi resi conto di questioni più profonde e anche più inquietanti di quelle già emerse. Queste rivelavano modelli di comportamento che ero riluttante ad accettare come fatti". Spesso si trattava di vicende di cui esistevano prove documentali, e non solo di voci o racconti orali. 23 i Paesi che la missionaria cita: tra di essi, in gran parte africani, compaiono anche India, Filippine, Brasile, Colombia, Stati Uniti, Irlanda e Italia.
Molti sono i casi di giovani candidate alla vita religiosa che in cambio dei necessari certificati erano obbligate ad avere rapporti sessuali con preti. Molte sono le religiose rimaste incinte in seguito a tali rapporti e obbligate, per questo, a lasciare la congregazione, mentre il prete responsabile è stato soltanto allontanato per un breve periodo. Le cifre sono impressionanti: una congregazione diocesana (in Africa poche sono le congregazioni legate ad una rete internazionale e dunque più formate e più appoggiate anche finanziariamente) ha allontanato 20 suore incinte; la superiora generale di un'altra, con 29 suore in gravidanza in seguito a rapporti con preti, si è rivolta all'arcivescovo con l'unico risultato di venire estromessa - lei e il suo Consiglio - dalla congregazione stessa e di essere sostituita da un'altra superiora e da un altro Consiglio, scelti contro le stesse costituzioni dell'Istituto.
In alcuni Paesi è notorio che i preti abbiano relazioni multiple, anche con mogli di parrocchiani. Secondo quanto riporta la O'Donohue, in una parrocchia il parroco è stato attaccato con fucili dagli uomini, estenuati dagli abusi di potere perpetrati dal prete nei confronti delle donne del luogo (1991).
Alcuni preti chiedono addirittura che le suore assumano contraccettivi, convincendole del fatto che la pillola previene la trasmissione del virus Hiv. Altri hanno incoraggiato le suore incinte ad abortire. Alcuni medici cattolici impiegati in ospedali cattolici hanno rivelato di avere subìto pressioni da parte dei preti perché procurassero l'aborto alle suore in quegli ospedali (1990). Uno, addirittura, dopo aver spinto la suora rimasta incinta ad abortire, e dopo la morte di questa durante l'operazione, le ha officiato la messa funebre.
Molte e difficili, dunque, le sfide che tale situazione pone. La O'Donohue prospetta la promozione di una crescita integrale per clero, religiosi e laici; un aiuto spirituale, psicologico e sociale alle vittime e agli sfruttatori; il superamento del silenzio con procedure efficaci.
Di seguito riportiamo, in una nostra traduzione dall'inglese, uno dei quattro documenti resi pubblici dal National Catholic Reporter, quello stilato da sr. Maria Marie McDonald, Superiore generale delle Missionarie di Nostra Signora d'Africa, nel novembre 1998, intitolato "Il problema dell'abuso sessuale delle religiose africane in Africa e a Roma" e presentato per fornire un quadro generale della situazione al "Consiglio dei 16", un gruppo di delegati dell'Unione dei Superiori generali (congregazioni maschili), dell'Unione Internazionale delle Superiore generali (congregazioni femminili) e della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, dicastero vaticano competente in materia. Non sono note reazioni da parte vaticana.
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IL PROBLEMA DELL'ABUSO SESSUALE NEI CONFRONTI DI SUORE AFRICANE IN AFRICA E A ROMA

Documento per il consiglio dei "16"
di suor Marie McDonald
, Superiora generale delle Missionarie di Nostra Signora d'Africa

Questo intervento si riferisce principalmente all'Africa e a suore, preti e vescovi africani. Ciò non si deve al fatto che il problema sia esclusivamente africano, ma al fatto che il gruppo che si è incontrato per preparare i temi dell'incontro di oggi faceva riferimento principalmente alla propria esperienza in Africa e ad informazioni avute da membri delle loro congregazioni o di altre congregazioni, soprattutto congregazioni diocesane in Africa.
Noi sappiamo che il problema esiste anche altrove.
Questo intervento tocca solamente un aspetto, seppur doloroso, della Chiesa africana. Siamo ben consci e grati dell'immenso bene che è stato compiuto ed è tuttora compiuto dal clero e dai religiosi, che conducono una vita integra ed evangelicamente fruttuosa. Non c'è bisogno di ricordare quei preti, vescovi e religiosi che in anni recenti in Africa hanno versato il loro sangue per la causa di Cristo e per le persone assegnate alle loro cure. È precisamente a causa del nostro amore per la Chiesa e per l'Africa che ci sentiamo tanto afflitti dal problema che vi presentiamo.
Potrebbero essere raccontate molte storie inquietanti. Tuttavia, siccome tutti qui sanno che questo problema esiste e che, nonostante moltissimi tentativi di migliorare la situazione, sembra che questa stia invece peggiorando, esporrò il problema in forma molto breve e concisa. Poi cercherò di spiegare quali sono le cause principali.
 
Il problema
1.
Viene comunemente asserita l'esistenza di molestie sessuali e persino di stupri da parte di preti e vescovi nei confronti di suore.
Talvolta quando una suora viene messa incinta, il prete insiste perché abortisca. Di solito la suora viene allontanata dalla sua congregazione mentre il prete, spesso, viene solamente trasferito ad un'altra parrocchia, o inviato a studiare.
2. Molte suore diventano economicamente dipendenti da preti che talora chiedono in cambio prestazioni sessuali.
3. I preti talvolta sfruttano il ruolo di direttori spirituali e di ministri del sacramento della Riconciliazione per chiedere prestazioni sessuali.
 
Alcune cause di queste molestie
Celibato/castità
in molti Paesi non costituiscono un valore. In alcuni Paesi per una giovane donna istruita il matrimonio potrebbe non rappresentare una scelta possibile, perché "il prezzo della sposa" è troppo alto. La vita religiosa potrebbe offrire una scelta alternativa: ma in tal caso è realmente una scelta di vita casta e celibe?
La posizione inferiore delle donne nella società e nella Chiesa è un altro fattore da prendere in considerazione. Sembra che una suora trovi impossibile opporsi ad un prete che chiede prestazioni sessuali. Ella è stata educata a considerare se stessa inferiore, a essere servizievole e a obbedire, persino al suo fratello minore. È comprensibile allora che una suora trovi impossibile negarsi ad un ecclesiastico che chiede prestazioni sessuali. Questi uomini sono visti come "figure di autorità" cui bisogna ubbidire. Inoltre, di solito essi sono maggiormente istruiti ed hanno ricevuto una formazione teologica più avanzata rispetto alle suore. Potrebbero usare false argomentazioni teologiche per giustificare le loro richieste ed il loro comportamento. Le suore si impressionano facilmente con questi argomenti. Uno di questi suona come segue: "Siamo entrambi celibi consacrati. Ciò significa che abbiamo promesso di non sposarci. Tuttavia possiamo avere fra noi rapporti sessuali senza rompere i nostri voti."
La malattia pandemica dell'aids ha comportato che le suore sono ora più di prima ricercate dai preti perché si pensa che siano "sicure".
Situazione economica. Molte congregazioni femminili faticano a trovare abbastanza soldi per badare alle consorelle e per istruirle. Molto spesso quando le suore lavorano per una diocesi non viene loro pagato un giusto salario. Da quelle che vengono inviate all'estero per studiare ci si aspetta talvolta che mandino soldi alle loro congregazioni e alle famiglie a casa. In alcuni Paesi fuori dall'Africa, come gli Stati Uniti, le sorelle africane vengono sfruttate, con magri salari e inadeguata assicurazione sanitaria, per svolgere ministeri tradizionali, per esempio quello di catechiste, che sono stati abbandonati dalle congregazioni statunitensi.
Poca comprensione della vita consacrata. Vescovi, preti, laici, e le stesse suore non capiscono in maniera adeguata la vita religiosa, né il significato dei voti né i carismi specifici di ogni Istituto.
Reclutamento di aspiranti da parte di congregazioni che non hanno una sufficiente presenza in un determinato paese, e che non hanno abbastanza conoscenza di una determinata cultura. Talvolta i preti contribuiscono a questa azione di reclutamento.
Le suore studentesse che vengono mandate all'estero, a Roma (e altrove in Europa e negli Stati Uniti) a studiare, spesso hanno problemi particolari. Uno di questi è quello di trovare un alloggio adeguato. Mentre a seminaristi e preti vengono offerti residence, molto meno viene fatto per le suore. Le suore inviate a studiare fuori dai loro Paesi sono spesso troppo giovani e/o immature. Mancano di guida, di sostegno e in molti casi di una solida formazione religiosa. Molte suore mancano anche dell'educazione di base necessaria per intraprendere ulteriori studi o, talvolta, hanno una conoscenza insufficiente della lingua nella quale devono studiare. Queste suore frequentemente si rivolgono a seminaristi e preti per un aiuto nello scrivere tesine. Le prestazioni sessuali sono, alcune volte, il pagamento che debbono offrire per un tale aiuto. Non desidero con questo sostenere che solo i preti e i vescovi sono da accusare e che le suore sono semplicemente le loro vittime. No, può essere che le suore talvolta siano fin troppo consenzienti, oppure ingenue.
Silenzio. Forse un altro fattore è la "cospirazione del silenzio" che avvolge questo argomento. Solo se siamo in grado di affrontarlo insieme onestamente saremo in grado di trovare delle soluzioni.
A marzo di quest'anno, io ho fatto una relazione ai vescovi della Commissione Permanente del Secam (Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e del Madagascar, ndt) sui "Problemi che si pongono alle congregazioni religiose". La violenza sessuale nei confronti delle suore era uno dei principali problemi proposti. Siccome la maggior parte di quello che presentavo era basato su relazioni provenienti da congregazioni diocesane e dalle Conferenze delle Superiori Maggiori in Africa, mi sentivo molto convinta dell'autenticità di ciò che stavo dicendo. I vescovi presenti sentirono come sleale da parte delle suore l'aver mandato tali relazioni fuori dalla loro diocesi. Dissero che le suore in questione avrebbero dovuto rivolgersi al loro vescovo diocesano per questi problemi. Naturalmente, questo sarebbe stato e sarebbe l'ideale. Tuttavia le suore sostengono di averlo tentato più e più volte. Talvolta non sono state ben accolte. In alcuni casi sono state accusate per ciò che era successo. Anche quando vengano ascoltate con grande comprensione, non sembra che venga fatto alcunché.
In alcune sedute ufficiali e ufficiose, in questi ultimi anni, i Superiori Generali a Roma hanno ascoltato e si sono scambiati resoconti di violenze sessuali. Sembra che sia arrivato il momento di un'azione concertata.
Pensiamo che questo possa essere fatto al meglio aiutandosi reciprocamente a sviluppare delle politiche mirate ad affrontare i problemi prima e dopo il loro insorgere.

 

Di seguito, pubblichiamo la traduzione dall'inglese del "Memorandum" di suor Maura O'Donohue, dei Medici Missionari di Maria, "Preoccupazioni prioritarie per la Chiesa nel contesto dell'Hiv/Aids", che nella conclusione chiama fortemente in causa la responsabilità della Chiesa. Del Memorandum, datato 1994, omettiamo solo la parte introduttiva, relativa alla situazione generale.

PREOCCUPAZIONI PRIORITARIE PER LA CHIESA
NEL CONTESTO DELL'AIDS

Memorandum di suor Maura O'Donohue

(...)

a) Preti e religiosi con Hiv/Aids

L'Aids sta ora colpendo preti e religiosi in diversi Paesi. In uno, ad esempio, su un totale di meno di 320 preti diocesani, 3 sono morti per malattie legate all'Aids, altri 4 erano in fase terminale e altri 12 erano sieropositivi. Era il 1991. Queste cifre rappresentano un tasso di contagio pari al 13% tra il clero diocesano in quel particolare Paese. In un altro Paese 16 membri di una Congregazione religiosa sono già morti di Aids. Ovviamente queste situazioni non vengono discusse apertamente, ma le cifre riflettono una tendenza allarmante.
Una risposta iniziale di molti vescovi e superiori religiosi è stata di stabilire come requisito per tutti i candidati ai seminari e alla vita religiosa il test Hiv. Se scelte di questo tipo sollevano questioni relative ai diritti umani, alla giustizia e alla pastorale, non sono comunque in grado di affrontare il problema di preti e religiosi che sono già sieropositivi o che potrebbero diventarlo in futuro.
Reazioni positive e negative sono state registrate nelle diocesi e nelle comunità religiose nei confronti di quei preti e religiosi di cui è già nota la sieropositività o la conclamazione della malattia. Un superiore provinciale ha invitato un membro della sua comunità malato di Aids a vivere presso la Casa provinciale e i confratelli si sono presi cura di lui fino alla sua morte. Al contrario, un altro prete malato di Aids e ricoverato in un ospedale per diversi mesi è stato ignorato dal suo vescovo e dai preti suoi confratelli. Quando alla fine è morto, il vescovo si è recato con un furgoncino aperto per ritirare il corpo. La responsabile dell'ospedale si è rifiutata di consegnarglielo finché non fosse disponibile una bara.

b) Particolare vulnerabilità delle religiose nell'epidemia Hiv/Aids
L'intricata combinazione di diversi fattori nel tessuto della nostra società (per esempio, l'inferiorità delle donne in alcune regioni del mondo) incoraggia lo sfruttamento. Per esempio, in alcune culture esiste un utilizzo legittimato della punizione fisica e l'aspettativa di una obbedienza assoluta da parte delle giovani verso qualsiasi "figura di potere" tradizionale. Ciò implicitamente giustifica la violenza, la sottomissione agli adulti e inoltre perpetua un senso di impotenza e vulnerabilità.
È noto che gli autisti di Tir e altri uomini, obbligati a star lontani da casa e dalla famiglia per periodi relativamente lunghi, hanno relazioni con prostitute. Ciò è culturalmente "accettato" in alcune società per gli uomini sposati o meno. A causa della maggiore conoscenza dell'Hiv/Aids, questi uomini hanno cominciato a considerare le prostitute come una categoria ad alto rischio di contagio. Molti, perciò, invece di frequentare bordelli, hanno cercato di contattare ragazze delle scuole superiori, considerate "sicure", in virtù della loro giovane età. L'incidenza delle gravidanze tra le adolescenti è cresciuta vertiginosamente in alcuni Paesi, così come l'incidenza dell'Hiv/Aids e altre malattie trasmesse sessualmente.
Le religiose costituiscono un'altra categoria che è stata identificata come "sicura" per l'attività sessuale. Numerose religiose hanno denunciato abusi da parte dei loro professori e insegnanti, e molestie sessuali da parte di altri uomini in generale. Purtroppo, le suore denunciano che anche i preti le hanno sfruttate sessualmente perché anche loro erano arrivati a temere il contagio dell'Aids dal rapporto sessuale con prostitute ed altre donne "a rischio". Per esempio, in un certo Paese, una Superiora di una comunità religiosa è stata avvicinata da preti che chiedevano che le suore fossero messe a loro disposizione per favori sessuali (1991). Al rifiuto della Superiora i preti spiegarono che, altrimenti, sarebbero stati costretti a recarsi al villaggio per trovare donne e si sarebbero così esposti al rischio del contagio.

c) Questioni particolarmente allarmanti che sono emerse
Grazie alle molte confidenze fattemi da un gran numero di religiose nel corso delle mie visite, sono venuta a conoscenza di questioni più allarmanti di quelle delineate finora. Tali questioni rivelano modelli di comportamento che ero molto riluttante ad accettare come fatti. La mia reazione iniziale è stata di shock e di incredulità di fronte alla vastità del problema di cui ero messa a parte. Le informazioni riguardano lo sfruttamento di religiose e altre donne da parte di preti e provengono da missionari (uomini e donne), da preti, medici e altri membri affidabili della famiglia ecclesiale. Mi è stato assicurato che esistono le prove documentali per molti dei casi descritti più avanti e che le informazioni non si basano solo sul sentito dire. Queste prove mi hanno causato grave preoccupazione per il loro potenziale impatto sulla comunità ecclesiale - la gerarchia, il clero, i religiosi e i laici - come anche sui singoli e sulle famiglie coinvolte. La mia speranza è che queste informazioni forniscano un quadro di ciò che sta accadendo e di conseguenza spingano ad un'azione appropriata specialmente da parte di coloro che si trovano ai vertici della Chiesa e di coloro che sono responsabili della formazione.
Prima di fornire i dettagli è importante sottolineare che ciò che viene presentato qui è un comportamento non generalizzato, bensì ripetuto fino a diventare consueto. Non riguarda un solo Paese o continente, né un gruppo specifico o tutta la società. In effetti gli esempi che seguono derivano dall'esperienza di sei anni e riguardano casi in 23 Paesi dei cinque continenti, vale a dire Botswana, Burundi, Brasile, Colombia, Filippine, Ghana, India, Irlanda, Italia, Kenya, Lesotho, Malawi, Nigeria, Papua Nuova Guinea, Sudafrica, Sierra Leone, Stati Uniti d'America, Tanzania, Tonga, Uganda, Zambia, Zaire, Zimbabwe.

1) Si sa che numerosi preti e persino membri della gerarchia hanno abusato del loro potere e tradito la fiducia riposta in loro con relazioni sessuali con religiose basate sullo sfruttamento. Alcuni esempi si riferivano a candidate alla vita religiosa che dovevano fornire prestazioni sessuali a preti per ottenere i certificati e/o le raccomandazioni necessari.

2) In diversi Paesi le religiose sono angosciate dalla prassi secondo la quale quando una suora rimane incinta deve lasciare la Congregazione mentre il prete coinvolto può continuare il suo ministero. Tale questione chiama in causa la giustizia sociale. La religiosa viene lasciata sola ad allevare il bambino costituendo una famiglia monoparentale, spesso vilipesa e frequentemente in condizioni sociali indigenti. Mi sono stati raccontati casi in cui queste donne, in diversi Paesi, erano obbligate a diventare seconda o terza moglie in una famiglia, per aver perso il loro status nella cultura locale. L'alternativa, ai fini della sopravvivenza, è di andare "sulla strada", come prostitute, esponendosi, inter alia, se non già infette, al rischio del contagio Hiv.

3) Le Superiore generali che ho incontrato erano estremamente preoccupate per le molestie che le religiose stavano subendo da parte dei preti in alcune aree. Una Superiora di una Congregazione diocesana in cui molte sorelle erano state messe incinte da preti, non è riuscita a individuare una soluzione appropriata. Un'altra Congregazione diocesana ha dovuto allontanare più di 20 suore a causa della gravidanza causata anche qui, in molti casi, da preti.

4) Alcuni preti spingono le suore a usare contraccettivi inducendole a pensare che "la pillola" eviti il contagio dell'Aids. Altri hanno invece incoraggiato le suore con cui avevano avuto una relazione ad abortire. Alcuni medici cattolici in ospedali cattolici hanno riferito di aver subito pressioni da parte di preti per procurare l'aborto alle religiose nei loro ospedali (1990).

5) Gruppi di religiose di Congregazioni locali hanno rivolto appelli accorati a membri di Congregazioni internazionali affinché le aiutassero, spiegando che, quando cercano di portare avanti da sole la propria causa presso le autorità della Chiesa riguardo alle molestie da parte dei preti, semplicemente "non vengono ascoltate" (1991). In un altro caso, dopo che 29 religiose di una Congregazione diocesana erano state messe incinte da preti nella diocesi, la Superiora generale ha reclamato presso l'arcivescovo. Poco dopo, lei e le sue consigliere sono state destituite durante una funzione pubblica dall'arcivescovo che ha comunicato al nunzio la nomina di un gruppo in sostituzione, senza suscitare reazioni, e le suore stanno ancora aspettando una risposta da parte delle più alte autorità ecclesiastiche. Nel frattempo, la Superiora generale e il consiglio, nominati in violazione alle Costituzioni della Congregazione, amministrano la Congregazione stessa (1993).

6) In un ristretto numero di Paesi, membri di consigli parrocchiali e di piccole comunità cristiane stanno ricusando i loro Pastori per le relazioni di questi con donne e ragazze in generale. Alcune di queste donne sono le mogli dei parrocchiani. In questi casi, i mariti, sebbene in collera per ciò che accade, sono a disagio nell'affrontare il loro parroco. Si sa che alcuni preti hanno relazioni con più donne e hanno figli da più di una relazione. Alcuni laici hanno parlato con me delle loro preoccupazioni in tale contesto, affermando che stanno aspettando il giorno in cui avranno le "omelie dialogate". Ciò, nel loro progetto, darà loro (i laici) l'opportunità di mettere alla prova certi preti sulla sincerità della loro predicazione e sulla loro apparente doppia morale. In un Paese che ho visitato sono stata informata del fatto che il presbiterio in una certa parrocchia è stato attaccato da parrocchiani armati di fucili, adirati con i preti per il loro abuso di potere e il tradimento della fiducia che le loro azioni e il loro stile di vita rifletteva (1991).

7) In un altro Paese, una ragazza da poco convertita dall'islam (divenuta cristiana insieme alla sorella) è stata accettata come candidata presso una Congregazione religiosa locale. Quando si è recata dal suo parroco per i certificati necessari, ha subito uno stupro da parte del prete prima che le fosse consegnato quanto chiedeva. Essendo stata ripudiata dalla famiglia per la sua conversione al cristianesimo, non si è sentita libera di tornare a casa. È tornata alla Congregazione e molto presto si è accorta di essere incinta. A suo modo di vedere, l'unica possibilità che aveva era di lasciare la Congregazione senza spiegarne il motivo. Ha trascorso dieci giorni vagabondando nella foresta, torturandosi sulla scelta da fare. Alla fine ha deciso di andare a parlare col vescovo, il quale ha convocato il prete. Il prete ha ammesso la colpa e il vescovo gli ha ordinato un ritiro di due settimane.

8) Dagli anni '80, in numerosi Paesi le religiose si rifiutano di viaggiare sole con un prete, in macchina, per paura di molestie o persino di stupri. Alcuni preti hanno anche, in certe occasioni, abusato della loro posizione e del loro ruolo di pastori e direttori spirituali e hanno utilizzato la loro autorità per ottenere prestazioni sessuali da parte di religiose. In un Paese, Superiore religiose hanno dovuto chiedere al vescovo o ai Superiori religiosi di rimuovere cappellani e direttori spirituali dopo che avevano abusato di suore.

Alcune conseguenze
La prima conseguenza di tali abusi va individuata nel dolore fisico, emotivo e spirituale immediato delle vittime. Altri effetti sono la delusione e il cinismo sia nella vittime che negli altri membri della comunità. Il fondamento della loro fede viene improvvisamente sconvolto. Molte di queste suore vengono da famiglie in cui l'ingresso in una Congregazione religiosa è culturalmente inaccettabile e perciò vengono sottoposte a una grande pressione perché non vadano. Esse si chiedono perché il celibato debba essere proclamato in modo così perentorio dalle stesse persone che poi praticano lo sfruttamento sessuale. Questo atteggiamento è visto come ipocrita o almeno come la promozione di una doppia morale.

Alcune risposte positive
Gradualmente si sta comprendendo che le ferite, la delusione e le ingiustizie sociali vissute devono essere portate alla luce e condivise. Questi temi devono essere affrontati con delicatezza e con l'appoggio della comunità di appartenenza e delle consorelle. In questo modo, le singole persone sono appoggiate e assistite nell'affrontare queste situazioni. Si spera che il risultato non sia l'erosione della loro fede, ma che le vittime siano aiutate a sviluppare una fede veramente adulta che trascenda la dipendenza dai e il tradimento dei consiglieri e direttori spirituali e di altre figure di autorità.
È ugualmente importante sottolineare che in molti Paesi ci sono alcune risposte molto creative e positive finalizzate alla prevenzione. In alcune diocesi visitate, tutti i preti si riuniscono regolarmente per la riflessione, la preghiera e il dialogo. Il clero di alcune diocesi ha organizzato una serie di seminari sull'Hiv/Aids. Questi seminari continuano e vengono ora organizzati in collaborazione con la Conferenza delle religiose.
La nostra Conferenza religiosa nazionale ha progettato un seminario di dieci giorni per le Superiore e per le responsabili della formazione nelle loro rispettive Congregazioni. Il seminario è focalizzato sui temi pastorali e sociali emergenti che riguardano in particolare le religiose e includono alcune delle questioni sopra delineate (1992). Nello stesso Paese è stata richiesta l'assistenza di seminari su temi analoghi per l'associazione dei preti diocesani.
A Roma, l'Uisg ha anche organizzato una sessione di un giorno dell'Assemblea generale nell'aprile 1992 dedicato a temi legati all'Aids. Ha già inviato un comunicato tramite i propri coordinatori regionali allo scopo di allertare i presidenti di importanti Conferenze regionali di religiosi su questi temi emergenti.

Risposte specifiche
Alcune delle risposte specifiche date dai religiosi e dal clero sono:

- riesame delle procedure per la selezione dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa;
- promozione di relazioni sane e incoraggiamento del recupero della fiducia tra il clero, i religiosi e i laici;
- analisi delle dinamiche psico-sociali di ciò che sta accadendo, nel contesto sociale generale;
- riesame dei programmi di formazione alla luce dei recenti sviluppi;
- riflessione su come evitare il permanere dei suddetti abusi.

Misure per il futuro
È necessario non solo analizzare queste tragiche situazioni, ma anche progettare una risposta attiva, che può includere:
- promozione di una crescita integrale del clero, dei religiosi e dei laici;
- priorità alla formazione dei leader;
- offerta di assistenza spirituale, psicologica e sociale delle vittime e dei responsabili degli abusi;
- garanzia che vi siano procedure efficaci per accrescere la consapevolezza e render conto di casi di abuso esistenti e potenziali, e affrontarli;
- offerta di un adeguato appoggio a coloro che hanno bisogno di aiuto per affrontare gravi problemi psico-sociali.

Commenti conclusivi
1) Dobbiamo riconoscere le profonde esigenze umane e personali dei preti, anche di quelli che sono coinvolti in tali abusi. Anche costoro dipendono da altri esseri umani che trasmettano loro, nella debolezza, l'incondizionato amore di Dio. Noi tutti dobbiamo reciprocamente rendere possibile questa mediazione, sostenendoci nella debolezza, "portando ciascuno il fardello dell'altro". Sarebbe assurdo affermare che siamo tutti esseri umani deboli, ma poi sminuire coloro che appaiono "carenti" o risentirsi per coloro che sono insensibili.

2) La rivelazione dei fatti illustrati in questo rapporto potrebbe gettare sui preti in generale un'ombra di sospetto, esplicito o meno. In questo contesto, c'è una certa dose di scetticismo circa la sincerità dei responsabili della Chiesa e del clero nel gestire tematiche così complesse e delicate. Chiaramente è necessaria una riflessione molto più approfondita e una ricerca sincera per superare una facile stigmatizzazione e risposte eccessivamente difensive. Le donne coinvolte hanno anche la responsabilità di informarsi e di intraprendere azioni adeguate che le aiutino a risolvere situazioni di abuso passate e a evitare la perpetuazione dell'abuso in futuro.

3) Bisogna ristabilire la credibilità della Chiesa e intraprendere il compito di ricostruire la fiducia tra i preti e i membri non ordinati della Chiesa. L'Aids ha gettato luce su alcune complesse questioni di vecchia data e ha anche fatto emergere in modo molto drammatico altri problemi più gravi che nel contesto dell'Aids non possono essere ignorati; bisogna proprio affrontarli. Tra questi, l'insegnamento della Chiesa su temi come la castità, il celibato, il matrimonio, la responsabilità dei genitori e la vita familiare; tutti questi temi devono essere affrontati nel contesto della sessualità. Appare necessaria una rinnovata riflessione teologica e spirituale in questi ambiti. In caso contrario, è difficile sapere che cosa accadrà, alla luce delle fragilità ora visibili nel vero e proprio nucleo del ministero della Chiesa.

4) Un approccio esclusivamente centrato sulla donna o "femminista militante" ai temi ora descritti, a mio avviso, non costituisce una soluzione. Le ingiustizie possono assumere molte forme, e le donne forse, in queste circostanze, devono essere particolarmente attente a non creare un'altra forma di sessismo o di alienazione, colpevolizzando gli uomini. Reazioni aspre e di odio possono essere scandalose tanto quanto le offese originarie.

Le esperienze illustrate ci mettono di fronte all'esigenza critica di riconciliazione, trasformazione e redenzione nella società e nella Chiesa. Alcuni dei temi fondamentali vengono in realtà affrontati in diversi contesti. Eppure rimane ancora la triste realtà di una maggioranza di leader della Chiesa e di loro fedeli che continua a negare o minimizzare questa tragica situazione. In ultima analisi la Chiesa verrà giudicata non solo sulla risposta che darà all'Hiv/Aids, ma sull'ipocrisia che si avverte in essa e sulla apparente doppiezza in questo contesto, perché, se non siamo parte della soluzione, siamo una gran parte del problema.
Le suore e altre donne che ora si presentano a parlare dell'abuso che hanno subito stanno contribuendo a cambiare la cultura con il loro dolore e il loro coraggio. L'inesperienza, aggravata da atteggiamenti socio-culturali, spesso priva molte di queste suore degli strumenti che servono loro per descrivere i fatti. È sorprendente che così tante, ora, diano voce alle loro esperienze. Grazie all'iniziativa di queste suore, tutto il popolo di Dio può raggiungere una comprensione più matura e responsabile di se stesso e della sua Chiesa. C'è qualcosa di profetico in questa tragedia, perché sono i "senza voce" ad aver dato il via a questo processo di maturazione. Per tutto questo, a prescindere dalla loro sofferenza, abbiamo con loro un grande debito di rispetto e di gratitudine. Prego che le loro richieste di aiuto e comprensione non restino inascoltate, ma ricevano una risposta ugualmente coraggiosa e profetica.