UNA LUNGA ORA DI RELIGIONE

di Furio Colombo

Ieri con sorpresa ha fatto la sua irruzione nelle agenzie di stampa italiane l'espressione "antropologia cristiana". Significa, credo, guardare ad ogni evento della cronaca o della storia dal punto di vista della religione. Avevo incontrato una simile espressione, molti anni fa, leggendo un testo ormai classico di V.S. Naipul, "India", in cui le parole "antropologia islamica" servivano per spiegare la visione totalizzante dei musulmani a confronto con la più eclettica interpretazione induista del mondo. Ciò che sorprende, è che, invece, per noi, in Italia si sta parlando di una "risposta pedagogica per la scuola".
Ieri, infatti, il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti ha firmato con il presidente della Conferenza Episcopale cardinale Ruini un documento con questo titolo: "Obiettivi specifici di apprendimento per l'insegnamento della religione cattolica per la scuola secondaria di primo grado". "La riforma scolastica in corso di attuazione - ha spiegato all'agenzia Agi il cardinale Ruini - si qualifica per l'attenzione ad una didattica rinnovata che mira a realizzare una convergenza fra le diverse discipline. In questo contesto la Cei ha dato il suo apporto per un insegnamento della religione armonicamente integrato nel sistema scolastico".
L'affermazione può apparire un po' oscura. Ma se si legge un testo della Cei intitolato "Orientamenti connessi con la riforma della scuola pubblica e implicanze derivanti dalla approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento per l'insegnamento della religione cattolica" (a cura di Monsignor Cesare Nosiglia) diventa chiaro che non si sta parlando (e firmando) di ambientazione dell'insegnamento religioso nei nuovi programmi della riforma Moratti.
Al contrario. Si sta progettando di adattare l'intero sistema scolastico italiano alla visione della "antropologia cristiana".
Cercherò di spiegare citando i punti che a me sembrano più illuminanti del documento episcopale firmato dal Vescovo Nosiglia. Ecco alcuni passaggi.
Primo, "occorre privilegiare una corretta visione antropologica a servizio della verità nella carità, finalizzata a impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo". Può essere utile ricordare ai lettori che relativismo vuol dire accettare che vi siano più verità, più punti di vista, diverse e anche divergenti visioni del mondo. Esempio, il relativismo induce a pensare che se gli embrioni sono persone dal punto di vista religioso, non lo sono dal punto di vista scientifico. Una volta abolito il relativismo, c'è una sola versione. In questo caso, quella che obbliga ad accettare l'attuale legge sulla procreazione assistita, che vieta di stabilire se un embrione è sano o malato prima di impiantarlo.
Secondo, "il compito appare assai problematico se pensiamo al disorientamento in cui viviamo e al clima diffuso di relativismo che si respira. Perciò nella realizzazione di questo nuovo compito educativo della scuola i cristiani possono e devono essere presenti per offrire contenuti corretti". Significa che tutto l'insegnamento, in tutte le materie e tutte le discipline, va "riempito di contenuti".
E infatti, terzo, "è tempo di passare a elaborare concreti "pacchetti di contenuti" di alto profilo per un approfondimento delle questioni epistemologiche e didattiche più significative alla luce della antropologia cristiana, da offrire come sussidio da valutare con docenti e genitori, avvalendosi anche dell'apporto di Università, Centri culturali ed editoriali cattolici". Come si vede, ogni aspetto dell'insegnamento, in una visione nuova per la scuola italiana, va a collocarsi in un paesaggio religioso (descritto come "antropologia cristiana"). L'insegnamento della religione non è più una materia, ma il punto generatore di tutte le altre materie.
Quarto, "già da queste indicazioni ci si rende conto di quali spazi siano riservati alla responsabilità di diocesi e parrocchie oltre che degli operatori scolastici. Ma non solo. Va valorizzata la pluralità tipica di gruppi, movimenti, aggregazioni e istituzioni presenti sul territorio che già operano nella scuola in diversi campi. Ad esempio lo sport, la musica, il teatro, l'assistenza, la carità, l'animazione di vario genere, l'attenzione verso il mondo della natura e dell'ambiente, il dialogo interculturale e interreligioso... non possono essere lasciati in balìa dello spontaneismo e della approssimazione, o magari in mano a progetti basati su principi non condivisibili. Occorre programmare un piano e una strategia di medio e lungo termine". Esiste dunque una autorità, non scolastica e non della Repubblica italiana, in grado di stabilire nella scuola italiana, che cosa è un progetto condivisibile e che cosa non lo è. Ciò porta al formarsi di una élite che sarà depositaria - nella scuola italiana che era stata immaginata libera e laica dalla Costituzione - di una nuova autorità. Sono le "associazioni professionali di ispirazione cristiana di docenti della scuola statale e di quella paritaria che devono essere coinvolte nella fase di elaborazione delle nuove prospettive professionali e - in ambito ecclesiale - adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio di mediazione". Tutto ciò appare perfettamente comprensibile come posizione della Chiesa cattolica. Ma qui stiamo parlando di un documento che è stato firmato dal ministro italiano dell'Istruzione. È vero che di quell'istruzione non si dice più che è pubblica. Ma persino il testo vescovile che abbiamo appena citato fa riferimento alle scuole statali. D'ora in poi dopo una firma che è legge, perché si richiama esplicitamente ai protocolli dei Patti Lateranensi, la scuola di Stato italiana è rigorosamente confessionale. È una scuola fondata - non durante l'ora di religione ma nell'insieme del suo insegnamento - sulla specifica ed esclusiva visione teologica della Chiesa cattolica. L'evento cambia drammaticamente il senso del rapporto tra Stato e Chiesa in Italia. Ci si domanda come tutto ciò possa essere avvenuto al di fuori di ogni pubblicità (salvo questa comunicazione finale, a cose avvenute) e fuori dal Parlamento.

"L'Unità" del 27 maggio 2004