FICTION
Soggetto per un (brutto) film
C'era una volta un paese arabo occupato dalle truppe di una grande potenza e di alcuni paesi europei, squassato dalle autobombe. Quando entrarono in campo i servizi segreti...
Un labirinto dove s'incrociano spioni a ogni angolo di strada e dove gli interessi delle forze d'occupazione a volte si intrecciano con gli interessi dei terroristi
Gli ostaggi passano di mano in mano, tra interventi bellici e umanitari non si capisce più niente, vittime sono le volontarie di pace. Il regista ha un'idea

VAURO


Luogo: un paese arabo, ricco di risorse energetiche, collocato in una strategica posizione geopolitica, stravolto da una guerra che ha portato alla caduta di un dittatore, prima alleato poi inviso alle potenze occidentali che l'hanno scatenata. Contesto: il paese occupato dalle forze militari delle potenze occidentali si trova di fatto in uno stato di guerra permanente e diffusa. Il caos e la disperazione nella quale è sprofondata la società civile è il quadro in cui nascono gruppi di resistenza armati facenti capo a diverse componenti etniche, religiose e politiche, ma è anche fertile terreno di coltura per servizi segreti di svariata provenienza e gruppi terroristici internazionali con interessi ora divergenti ora convergenti.

Protagonisti:

1) Il capo del governo provvisorio del paese arabo, imposto dalla potenza occupante (ha organizzato e compiuto per conto di essa negli anni precedenti azioni terroristiche volte a destabilizzare il vecchio regime), che conta su elezioni farsa che diano una patina di legittimità al suo potere, ha buone relazioni con alcuni governi di paesi arabi confinanti e con quelli delle forze di occupazione.

2) L'ambasciatore della più grande potenza occupante nel paese che ha un curriculum di organizzatore di formazioni terroristiche, infiltrazioni e operazioni coperte in America latina.

3) Il governo di un paese europeo che, pur non avendo partecipato attivamente alla fase bellica, ha mandato le sue truppe a fianco di quelle di occupazione.

4) La sezione nazionale della più grande organizzazione di aiuto sanitario internazionale (Osi), mandata dal governo del paese europeo insieme alle truppe. La sezione nazionale è commissariata e il suo responsabile è di nomina governativa.

5) Il commissario della sezione nazionale della Osi è in stretti rapporti con il sottosegretario alla presidenza del consiglio. E' lui che gestisce gli ingenti fondi governativi stanziati per la missione.

6) Un palestinese con buoni rapporti nella società civile del paese occupato.

7) Un giornalista freelance, pacifista, collaboratore della sezione nazionale della Osi, amico del palestinese.

8) Una ong del paese europeo presente da anni nel paese arabo.

9) Due volontarie della ong della stessa nazionalità.

10) Un'altra ong (ong due), sempre del paese europeo ma al cui interno qualcuno ha poi operato in stretto rapporto con i servizi: uno dei suoi membri più importanti è successivamente diventato un reclutatore dei cosiddetti contractors, miliziani privati presenti in massa (più di 20mila) nel paese arabo occupato.

Storia: nel paese arabo occupato si susseguono violenze di ogni tipo, dai bombardamenti alle autobombe, dalle azioni armate della resistenza a quelle della criminalità comune. I rapimenti sono all'ordine del giorno, sia quelli di cittadini del posto, volti esclusivamente al pagamento di riscatti, sia quelli di stranieri, sempre in qualche modo legati alle potenze occupanti. In alcuni di questi ultimi, una volta accertata l'estraneità degli ostaggi nei confronti delle scelte delle rispettivi governi, i rapiti vengono liberati. Non è i l caso dei quattro contractors del paese europeo che vengono sequestrati. Uno di loro verrà ucciso, gli altri tre liberati. Il gruppo dei sequestratori, tramite mediatori, aveva lanciato segnali di disponibilità alla liberazione dei tre a una ong del paese europeo (anche quella presente da anni nel pese arabo e non finanziata dal governo), a condizione che la liberazione assumesse il significato di sostegno alla gran parte dell'opinione pubblica del paese europeo manifestatamente contraria alla presenza delle truppe in Iraq, tanto più nel momento in cui il paese si trovava alla vigilia di una importante scadenza elettorale. Per lo stesso motivo, per il governo del paese europeo era fondamentale che l'eventuale liberazione dei tre sopravvissuti passasse, al contrario, come una riconferma della linea interventista. Alcuni dei rapitori vennero corrotti con una cospicua cifra di denaro all'insaputa di chi nel gruppo aveva la gestione politica del sequestro e i tre ostaggi vennero liberati da un «blitz» mai comprovato dei militari della potenza alleata. Gli sforzi del governo del paese europeo perché lo sbocco della vicenda dei contractors rapiti non mettesse a rischio la propria stabilità politica, vedevano tra i protagonisti principali (e più loquaci) il commissario della sezione nazionale della Osi, anche se il suo ruolo nella vicenda non verrà mai chiarito.

L'arrivo nel paese arabo occupato del nuovo ambasciatore della più grande potenza della coalizione, con il suo ricco curriculum di esperto di azioni terroristiche, di infiltrazione e azioni coperte in aree dell'America latina (curriculum molto simile a quello del capo del governo provvisorio del paese arabo), sembra inserire un elemento nuovo anche nel panorama degli attentati e dei sequestri: non più soltanto gli stranieri legati alle forze di occupazione ma anche pacifisti dell'ong o giornalisti divengono target di azioni terroristiche.

Nel paese arabo occupato, il capo del governo provvisorio attende una sua elezione per legittimarsi e non sono graditi testimoni scomodi di una votazione che, se si farà, sarà solo una farsa tragica. In più, tramite le commesse per la ricostruzione ma anche tramite organizzazioni umanitarie e di soccorso legate ai governi occupanti, scorre un enorme fiume di denaro del quale è bene controllare che nemmeno i rivoli possano deviare verso finalità che non coincidano con il rafforzamento del potere stesso.

Cospicui sono anche i fondi che il governo del paese europeo elargisce alla missione della sezione nazionale della Osi, guidata dal suo commissario che si fa vanto di gestirli personalmente. E' in questo quadro che avviene uno dei primi sequestri «anomali». Un giornalista freelance che collabora come volontario nella sezione nazionale della Osi contribuisce all'organizzazione di un convoglio di aiuti, fidando in un palestinese conosciuto e stimato nella società civile del paese arabo che può garantire che gli aiuti raggiungano effettivamente chi ne necessita. Il convoglio parte quindi percorrendo un canale diverso da quelli scelti sino ad allora dalla sezione nazionale della Osi. Il commissario tenta di bloccarlo e, ufficialmente, si dichiara contrario alla missione. Il convoglio subisce un attentato lungo il tragitto di andata, lungo quello del ritorno un altro, quello fatale. Il palestinese viene ucciso, il freelance rapito e ucciso prima dello scadere di un ultimatum lanciato dai sequestratori tramite videocassetta. Il fiume di denaro torna nei suoi argini.

Meno di un mese dopo un commando organizzato irrompe nella sede di una ong del paese europeo e rapisce due ragazze del paese stesso e due locali, un uomo e una donna, la donna è legata a un'altra ong (ong due). Un ex esponente della ong due, l'abbiamo detto, è diventato reclutatore di contractors. E' evidente che si tratta di un'operazione non casuale ma ben programmata. Dopo giorni di angoscia, però, gli ostaggi sono rilasciati, anzi i rapitori addirittura si scusano e regalano loro vestiti e dolci. «Dopo il primo giorno - racconta una delle ragazze - hanno capito che non eravamo spie». La ragazza è stata per molto tempo nel paese arabo, probabilmente ha detto cose e fatto riferimento a persone che hanno convinto i rapitori dell'errore. Ma chi ha indotto i rapitori a compiere una operazione perfettamente organizzata contro un obiettivo sbagliato?

Con l'appoggio attivo del nuovo ambasciatore della grande potenza, il capo del governo provvisorio del paese arabo ha finanziato e riorganizzato la sua rete terroristica coperta (già ne disponeva in passato), infiltrando suoi agenti in uno o più gruppi della resistenza. Sono loro ad aver indicato l'obiettivo e ad avere organizzato l'azione. Per rendere più credibile agli occhi dei guerriglieri la presunta attività spionistica degli operatori umanitari, fanno riferimento alla presenza della ong due e a una lista della grande potenza occupante dalla quale risulterebbe il ruolo di «spie» delle due volontarie. Per il capo del governo provvisorio del paese arabo, diffondere il panico tra gli operatori di ong al di fuori del controllo delle forze occupanti, ridurne la mobilità nel paese o spingerli ad abbandonarlo, significa sgombrare il campo da testimoni inopportuni in vista delle elezioni ma, soprattutto, rinsaldare il controllo sul flusso di denaro «umanitario». Ma qualcosa va storto, i guerriglieri si convincono che i rapiti non sono spie, non diffondono nessuna videocassetta accompagnata da proclami o ultimatum. Fuori da logiche di guerra e di potere, nel paese europeo cresce la mobilitazione popolare per la liberazione delle volontarie di pace e il ritiro delle truppe d'occupazione dal paese arabo. Gli uomini del capo del governo provvisorio del paese arabo danno il via a una campagna di depistaggi, soprattutto via internet, arrivando a far circolare la notizia che gli ostaggi sarebbero già stati uccisi, quasi a forzare la mano ad alcuni dei rapitori.

Intanto però, nel mondo islamico e non solo in quello «moderato», cresce la mobilitazione e la richiesta di liberazione dei rapiti, addirittura Hezbollah e talebani si dichiarano apertamente contrari a questo sequestro. La componente infiltrata nel gruppo di guerriglieri ha gioco sempre più difficile nel convincere gli altri a dare una soluzione drastica alla vicenda. Tutta l'operazione rischia di trasformarsi in un boomerang per chi l'ha pianificata. Ora si tratta di uscirne con il minor danno possibile, sia per il presidente del governo provvisorio che rischia di scoprire la propria rete occulta, sia per i governi arabi e dei paesi occidentali che gli riconoscono legittimità (il paese europeo delle ragazze ha addirittura ricevuto in pompa magna il presidente del paese arabo occupato, proprio nei giorni del sequestro). Sono i regimi di due paesi arabi confinanti ad offrire una sponda, proponendosi come mediatori ufficiali con il paese europeo coinvolto, il cui ministro degli esteri si reca in visita proprio in quei paesi, visita contraccambiata dal re di uno di essi alla vigilia della liberazione degli ostaggi. E' interesse di tutti che il governo provvisorio del paese arabo non risulti pesantemente implicato nel rapimento, anche di chi, sulla base del riconoscimento della sua legittimità, giustifica la permanenza delle proprie truppe nel paese occupato. La liberazione dei rapiti deve passare come il frutto di una operazione di intelligence e di diplomazia che non metta in alcun modo in discussione le scelte politiche e militari dei governi coinvolti e non crei dubbi su chi è davvero il «nemico».

Nella scena finale del film, le due rapite, finalmente libere, si tolgono il cappuccio e trovano, sorridente e pimpante ad accoglierle, il commissario della sezione nazionale della Osi.

Nota dello sceneggiatore: la scena finale può risultare un po' patinata e poco credibile, però è di sicuro impatto sul pubblico.

P. S. Ogni riferimento a persone o organizzazioni realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

"il manifesto" 10.2004