L'Islam («terrorista») e noi (i «decenti»)
I «nostri» leader fanno errori penosi ma le loro buone intenzioni non sono in discussione. I «terroristi» sono gli altri. Solo riconoscendo il terrorismo di stato è possibile capire e affrontare le azioni terroristiche da parte di gruppi e individui che, per quanto orribili, sono in confronto piccolissime
Causa ed effetto Qualche esempio del modo in cui il mondo è presentato e di come esso è veramente: l'Iraq, Israele, la Cecenia,Bush, Blair, Sharon, Putin...

JOHN PILGER

Il mondo si sta dividendo in due schieramenti ostili: l'Islam e «noi»: questo è infallibilmente il messaggio dei governi, della stampa, della radio e della televisione occidentali. Per Islam, si legga «terroristi». Il messaggio ricorda la guerra fredda, quando il mondo era diviso tra i «rossi» e noi e, in nostra difesa, anche una strategia di annientamento poteva essere consentita. Oggi sappiamo, o dovremmo sapere, che tanta parte di questo era una farsa; dai documenti ufficiali che sono stati resi noti è chiaro che la minaccia sovietica era solo ad uso e consumo del pubblico. Oggi, come durante la guerra fredda, tutti i giorni ci viene messo davanti uno specchio morale a senso unico, come se gli eventi che riflette fossero veri. La nuova minaccia acquista slancio ad ogni azione terroristica, sia essa a Beslan o a Giakarta. Visti in questo specchio, i nostri leader fanno errori penosi, ma le loro buone intenzioni non sono in discussione. L'«idealismo» e la «decenza» di Tony Blair hanno l'avallo del suo detrattore ufficiale accreditato, mentre nei media britannici va in scena la finta tragedia greca della sua defenestrazione politica. Dato che Blair ha preso parte all'uccisione di almeno 37.000 civili iracheni, le sue distrazioni, non le sue vittime, fanno notizia: dalla sua arcana rivalità con il ministro dell'economia Gordon Brown, il suo alter ego politico, alla sua conversione sulla via di Damasco ai rischi del surriscaldamento globale. Sulla tragedia di Beslan Blair può dire, senza alcun tono ironico o provocatorio, che «questo terrorismo internazionale non prevarrà»: le stesse parole pronunciate da Mussolini subito dopo aver bombardato i civili in Abissinia.

Disonestà assoluta

Gli eretici che guardano oltre lo specchio e vedono l'assoluta disonestà di tutto questo, che considerano Blair, Bush e i loro collaboratori, criminali di guerra in senso letterale e giuridico, e che presentano le prove del cinismo e dell'immoralità di Blair, sono pochi ma godono di un grande sostegno nel pubblico europeo, la cui consapevolezza, secondo la mia esperienza, non è mai stata maggiore. L'appassionata indifferenza dell'opinione pubblica, se non il disprezzo, verso i giochi politici del «business as usual», e il suo crescente interesse per il mondo come esso veramente è, sta facendo saltare i nervi a coloro che stanno al potere.

Vediamo qualche esempio del modo in cui il mondo è presentato, e di come esso è veramente. L'occupazione dell'Iraq è presentata come «un caos»: l'esercito americano maldestro e incompetente contro i fanatici islamici. In realtà l'occupazione è un assalto sistematico e omicida contro una popolazione civile da parte di una classe di ufficiali americani corrotti, a cui i superiori, a Washington, hanno dato semaforo verde. Lo scorso maggio i marines americani hanno usato tank ed elicotteri da combattimento per attaccare le baraccopoli di Falluja. Hanno ammesso di avere ucciso 600 persone, una cifra molto maggiore del numero totale dei civili uccisi dagli «insorti» nel corso dell'ultimo anno. I generali sono stati candidi: questo futile massacro era una vendetta per l'uccisione di tre mercenari americani. Sessant'anni prima, la divisione Das Reich delle SS uccise 600 civili francesi a Oradour-sur-Glane per vendicarsi del rapimento di un ufficiale tedesco da parte della resistenza. C'è differenza?

In questi giorni è routine, per gli americani, lanciare missili su Falluja e su altre aree urbane densamente abitate uccidendo famiglie intere. Se la parola terrorismo ha un utilizzo moderno, essa va applicata a questo terrorismo di stato su scala industriale.

Gli inglesi hanno uno stile diverso. Esistono più di quaranta casi conosciuti di iracheni morti per mano di soldati britannici, ma un solo soldato è stato messo sotto accusa. «Per un britannico lavorare in Iraq è pericoloso, particolarmente nel sud dove le nostre truppe hanno una reputazione (taciuta a casa nostra) di brutalità» scrive il reporter freelance Lee Gordon nel numero attuale della rivista The Journalist. In Gran Bretagna viene taciuta anche la disaffezione crescente tra i soldati britannici. Il ministero della difesa ne è talmente preoccupato, che si è mosso per placare la famiglia del soldato diciassettenne David McBride togliendolo dall'elenco dei disertori dopo che questi si è rifiutato di combattere in Iraq. Quasi tutte le famiglie dei soldati uccisi in Iraq hanno denunciato l'occupazione di Blair, tutti fatti mai avvenuti prima.

Solo riconoscendo il terrorismo di stato è possibile capire e affrontare le azioni terroristiche da parte di gruppi e individui che, per quanto orribili, sono in confronto piccolissime. Inoltre la loro fonte è inevitabilmente il terrorismo ufficiale, per il quale non esiste un linguaggio dei media. Così, lo Stato di Israele ha potuto convincere molti di essere soltanto una vittima del terrorismo quando, in effetti, il suo terrorismo instancabile e pianificato è la causa dell'infame ritorsione da parte degli attentatori kamikaze palestinesi. Nonostante tutta la perversa rabbia di Israele contro i media europei, specialmente la Bbc - una riuscita forma di intimidazione - i reporter della Bbc non definiscono mai gli israeliani terroristi: questo termine appartiene esclusivamente ai palestinesi prigionieri nella loro terra. Non sorprende, come ha concluso un recente studio dell'Università di Glasgow, che molti spettatori televisivi in Gran Bretagna credano che gli invasori e gli occupanti siano i palestinesi.

Palestinesi «terroristi»

Il 7 settembre, un attentatore suicida palestinese ha ucciso 16 israeliani nella città di Beersheba. Tutti i notiziari televisivi hanno consentito al portavoce del governo israeliano di usare questa tragedia per giustificare l'edificazione di un muro dell'apartheid, quando il muro è una causa cruciale della violenza palestinese. Quasi tutti i notiziari hanno sottolineato la fine di un periodo di cinque mesi di «relativa pace e calma» e «una diminuzione della violenza». Durante questi cinque mesi di relativa calma e pace, sono stati uccisi quasi 400 palestinesi, 71 dei quali assassinati. Durante la diminuzione della violenza, sono stati uccisi più di 73 bambini palestinesi. Un tredicenne è stato ucciso con una pallottola che gli ha trapassato il cuore, e a una bimba di cinque anni hanno sparato in faccia mentre camminava mano nella mano con la sorellina di due anni. Il corpo di Mazen Majid, 14 anni, è stato crivellato da 18 proiettili israeliani mentre lui e la sua famiglia fuggivano dalla loro casa, abbattuta con un bulldozer.

Niente di tutto questo è apparso nei media ufficiali con la definizione di terrorismo. La maggior parte di queste notizie non sono state diffuse affatto. Dopo tutto, questo è stato un periodo di calma e di quiete, una diminuzione della violenza. Il 19 maggio, i tank e gli elicotteri israeliani hanno fatto fuoco su alcuni dimostranti pacifici, uccidendone otto. Questa atrocità aveva un certo significato; la dimostrazione faceva parte di un crescente movimento palestinese non-violento, che ha visto iniziative di protesta pacifica, spesso con preghiere, lungo il muro dell'apartheid. La nascita di un movimento gandhiano viene a malapena notata nel mondo esterno.

Allo stesso modo, si cancella la verità sulla Cecenia. Il 4 febbraio 2000, l'aviazione russa ha attaccato il villaggio ceceno di Katyr Yurt. Sono state usate le «vacuum bombs», bombe che rilasciano vapori di benzina facendo esplodere i polmoni e sono bandite dalla Convenzione di Ginevra. I russi hanno bombardato un convoglio di sopravvissuti che esponevano la bandiera bianca. Hanno ucciso 363 uomini, donne e bambini. Questo è stato soltanto uno degli innumerevoli e poco conosciuti atti di terrorismo perpetrati in Cecenia dallo stato russo il cui leader, Vladimir Putin, ha la «completa solidarietà» di Tony Blair.

«Pochi di noi», ha scritto il commediografo Arthur Miller, «riescono a rinunciare facilmente alla convinzione che la società in qualche modo debba avere senso. Il pensiero che lo Stato abbia perso la testa e punisca così tanti innocenti è intollerabile. E così l'evidenza deve essere negata internamente».

Sarebbe ora che smettessimo di negare l'evidenza.


Traduzione Marina Impallomeni

"il manifesto" 10.2004

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