I DIRITTI NEGATI


la Repubblica - 13 settembre 2005
 di Michele Serra

Sul riconoscimento delle unioni di fatto (tra cittadini omosessuali, ma non solo), il cattolico democratico Prodi ha scelto una linea moderata e saggia, da capo di una coalizione vasta che, sulla questione vitale dei diritti civili, non vuole dividersi, ma neppure paralizzarsi. Si tratta di dare ai sentimenti, alle aspettative e dunque alla vita quotidiana di molti italiani almeno un minimo di certezza giuridica, spesso rimediando a discriminazioni crudeli e stupide, che impediscono a persone che si vogliono bene, e condividono l'esistenza, di accedere a diritti basilari come la condivisione del patrimonio, l'eredità, perfino la possibilità di entrare in un ospedale, per assistere il compagno o la compagna di una vita.
Senza essere respinti come reietti: e capita anche questo, purtroppo. Che questo proposito dell'Unione (non ovvio, ma perfino prudente rispetto a parecchie normative europee) abbia suscitato lo scontato disgusto di Roberto Calderoli, pazienza. Si sa che la maggioranza di governo comprende anche frange così primitive da definire, con orribile razzismo, "contronatura" la vita di altre persone. Ma che voci significative di Forza Italia, a partire da Sandro Bondi, e dei cosiddetti centristi come l'onorevole Follini, abbiano sentito l'esigenza di definire "nemico della famiglia" e "attempato zapaterista" Romano Prodi, non fa parte del normale e aspro dibattito politico. È il segno ulteriore e definitivo che esiste, nella destra cattolica e nella destra politica, una cecità civile rivendicata, per giunta, come nobile pregiudiziale etica, che non solo pretende di applicare alle leggi dello Stato repubblicano (che è di tutti) una morale confessionale, ma bolla di immoralità e di disgregazione sociale perfino una scelta come i Pacs, fatta propria da tempo da molta destra liberale europea. A suggello di questo clima, l'Osservatore Romano, di solito meno rudimentale nei giudizi, scrive che Prodi "alla ricerca di voti sta lacerando la famiglia", ponendo l'autorevole cappello della Chiesa in testa alle grida calderoliane e folliniane.
Si badi: i Pacs non equiparano le unioni di fatto al matrimonio, come ha scelto di fare (legittimamente, e con l'appoggio del suo elettorato) Zapatero. Non autorizzano adozioni, non parificano lo status di conviventi riconosciuti a quello di genitori, si limitano a riconoscere legalità e, laddove necessiti, assistenza pubblica a nuclei familiari differenti dalla famiglia tradizionale. Semmai, i Pacs allargano l'idea di nucleo familiare anche a famiglie fin qui inconsuete, ma sostenute dall'identico patto privato di mutuo soccorso e di condivisione. Dunque, con i Pacs, non "meno famiglia", ma più famiglie.
Come tutto questo possa "lacerare la famiglia" si spiega solo con l'impaurita deriva precettistica di un pezzo del mondo cattolico, presa a pretesto da una destra ex liberale che, in mancanza di cultura autonoma, si accoda. Proprio "codismo" si chiamava, un tempo, I'oppor-tunistico ripararsi della destra politica reazionaria all'ombra del tradizionalismo clericale. I codini odierni (dai quali si è smarcato, ancora una volta, l'onorevole Fini) considerano "eversivo" dare dignità e uguaglianza alle libere scelte di loro concittadini. Queste scelte si guardano bene dal costituirsi come principio esemplare, come modello da imitare, come "antifamiglia". Non ledono di una virgola le abitudini della presunta maggioranza tradizionalista, non tolgono nulla ai diritti altrui, non impongono comportamenti né veti, non allontanano né maledicono, non discriminano né dividono. Semplicemente, esistono, e chiedono soltanto di essere riconosciute come legittime, in aggiunta (non in sottrazione) alla solida e consolidata famiglia tradizionale.
Ma no: la destra teo-con non vuole. Si rinserra nei veti, nel sarcasmo fessacchiotto sul Prodi "eversore" e "in caccia di voti" (e pazienza se le due accuse non stanno insieme). Dimentica che i diritti non sono Ideologia, ma vita vera dei cittadini, delle persone. Dunque politica. Come ha dimostrato di sapere l'eversore di buon senso Romano Prodi.