Voglia di bambino perfetto…

A proposito dei referendum sulla procreazione medicalmente assistita

 

La legge n. 40 sulla Procreazione medicalmente assistita sulla quale si svolgeranno prossimamente quattro referendum vieta l’analisi pre-impianto degli embrioni. La donna è così obbligata a subire l’impianto di tre embrioni di cui uno, due o tutti e tre potrebbero essere malati. In questo caso potrebbe ricorrere all’aborto (legge 194) oppure partorire uno o più handicappati. Ma non è forse più problematico eliminare un feto piuttosto che un embrione? E, in questi due casi, è possibile dire che si affaccia il fantasma dell’eugenetica, cioè l’illusione di poter migliorare la specie al punto di desiderare il bambino perfetto?

Scientificamente parlando l’incertezza domina tutte la nostre tecnologie e bisogna prevedere quindi sempre un margine di rischio (in qualunque caso non è mai prevedibile un bambino perfetto, si può diminuire lo scarto, rispetto all’imperfezione, senza mai annullarlo). Umanamente parlando la perfezione non esiste, anzi l’imperfezione è necessaria all’evoluzione (come ha scritto il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, Elogio dell’imperfezione); ma si può però cercare di diminuire le cause di sofferenza, se la scienza ce ne dà la possibilità. Infatti la sofferenza non ha alcun valore salvifico; nell’ambito valdese e metodista, il concetto era già stato esposto a opera della Commissione nominata dalla Tavola valdese sulla bioetica.

Le diverse posizioni nei confronti dell’analisi pre-impianto dipendono da almeno due diverse concezioni della natura: da un lato vi è una concezione deterministica. Essa vede nella natura la presenza di un ordine immutabile, il quale afferma che tutti i fenomeni naturali sono connessi tra loro secondo il principio della causalità necessaria. L’accadere degli eventi fisici è regolato da leggi fisse e stabili, oggettive e assolute, per cui è possibile prevedere con certezza un fenomeno allorché si verifica quello con il quale esso è collegato (per esempio quando lo spermatozoo incontra l’ovocita nasce senz’altro la vita e, al limite, la persona).

Dall’altro lato vi è una concezione più dinamica, che considera la natura un divenire e noi stessi parte di questo divenire (la teologia protestante ha abbandonato l’idea «fissista» della natura sin dal tempo della Riforma: a questo proposito si può leggere il pensiero di Giovanni Calvino Istituzione della Religione cristiana, libro I, cap. V). In questo caso il divenire della scienza si configura come un processo di investigazione discontinuo, settoriale (e in proposito basterebbe pensare a Albert Einstein e alla sua teoria della relatività, tanto più che quest’anno cade il cinquantenario della sua morte e il centenario delle sue prime quattro pubblicazioni, risalenti a quando lavorava all’ufficio brevetti di Berna). L’universo fisico non si lascia racchiudere in schemi categoriali fissi e in interpretazioni teoriche che si propongono come definitive, ma richiede al contrario un approccio conoscitivo aperto e dinamico.

Consideriamo ora qualche dato concreto: la fecondazione naturale (in vivo) funziona al 20%, mentre alla fecondazione in vitro (Fiv) si accredita un’efficienza del 10%: in entrambi i casi la selezione è quindi pesante. Ma se si identificano gli embrioni difettosi e non si impiantano si fa scandalo e si è fuorilegge. Perché, viene da chiedersi, si piangono solo gli embrioni che si perdono con la fecondazione in vitro e non quelli che si perdono in vivo? Accettiamo la strage di embrioni che accompagna la fecondazione naturale, ma condanniamo il mancato impianto di embrioni Fiv. Poiché almeno il 60% degli embrioni umani non raggiunge mai lo stadio di gravidanza «riconosciuta», come si può pretendere che la riproduzione assistita venga praticata senza sprecarne neanche uno? (si veda la rivista Darwin, n. 4/2004). Che cosa vogliamo fare? Correggere la natura o imitarla? Anche la selezione naturale è per il miglioramento della specie!

I fondamentalismi insistono poi sulla coincidenza tra fecondazione e «animazione», ma la natura è più possibilista e sottolinea la gradualità dello sviluppo delle caratteristiche umanizzanti. La procreazione inizia con l’incontro dello spermatozoo con l’ovocita; ma l’inizio della nostra esistenza non deve per forza coincidere con l’acquisizione dei nostri diritti-doveri di persona umana, che andrebbe invece vista come un processo graduale, dal concepimento alla morte. Infatti se la natura è un divenire, anche la persona è un divenire.

La disputa si svolge intorno all’embrione e la domanda che più interessa l’eugenetica è: l’embrione deve essere considerato un progetto di vita o una persona? Su questi temi va apprezzato lo sforzo di inquadramento e problematizzazione da parte della Fcei con lo strumento del libro collettivo uscito per la Settimana della libertà L’inizio e la fine della vita. Le sfide della bioetica, ed. Claudiana. La modernità ha insistito sull’emancipazione dell’essere umano attraverso il dominio della scienza sulla natura, ma oggi il pensiero che scaturisce dalle nuove scoperte scientifiche del Novecento rifiuta di applicare il metodo scientifico riduzionista (considerare la parte invece del tutto: vale a dire l’essere umano che è parte della natura al di sopra della natura) ed è a favore dell’approccio al problema ambientale nella sua globalità. Ora, con l’avvento delle nuove tecniche mediche e biologiche i biologi riduzionisti, in accordo coi fondamentalismi religiosi, pensano di poter elevare l’embrione al di sopra dell’organismo e ridurre quest’ultimo al grado di mero meccanismo (a questo si riduce, in questa visione, il corpo della donna nel caso della procreazione medicalmente assistita). Proprio come agli albori del meccanicismo l’essere umano si ergeva al di sopra della natura, ora l’embrione si erge al di sopra dell’essere umano. L’embrione non può avere uno statuto morale separato dall’organismo di cui fa parte. Di conseguenza le decisioni che si prendono sull’embrione devono tener conto della relazione che esso ha con l’organismo al quale appartiene e con l’ambiente a cui appartiene l’organismo.

Giovanna Pons (da Riforma del 10 febbraio 2005)