SANTO O REPRESSORE? "APPELLO ALLA CHIAREZZA" SULLA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
33124. ROMA-ADISTA. L'emarginazione di teologi, vescovi e
religiosi, in particolare i ''teologi della liberazione''; le posizioni
conservatrici in tema di morale sessuale, di celibato ecclesiastico, sul ruolo
della donna e dei laici nella vita della Chiesa; la tolleranza verso i regimi
dittatoriali in America latina o le oscure vicende che hanno coinvolto lo Ior.
Tutti elementi che dovrebbero essere attentamente valutati prima di elevare agli
altari la figura di papa Giovanni Paolo II. Tanto più in un periodo in cui -
come ha sottolineato Giovanni Franzoni - le beatificazioni di Pio XII e Giovanni
XXIII evidenziano come sia divenuta prassi sin troppo comune nella Chiesa che un
papa santifichi i suoi immediati predecessori.
Adesso però la causa di beatificazione di Wojtyla, la cui fase diocesana è
ufficialmente iniziata in giugno, ha un nutrito gruppo di autorevoli oppositori,
il cui parere dovrà essere tenuto nella giusta considerazione. Un ''appello
alla chiarezza'' sulla beatificazione di Giovanni Paolo II è stato infatti
presentato il 5 dicembre, presso i locali della nostra agenzia, dallo stesso
Giovanni Franzoni, ex abate benedettino di S. Paolo Fuori le Mura, per anni tra
gli animatori della Comunità di Base di San Paolo, e dal filosofo e teologo
della Liberazione Giulio Girardi. A firmarlo, oltre a loro, teologi e storici
della Chiesa come Jaume Botey, Casimir Martí, Ramon Maria Nogues, José Maria
Castillo, Rosa Cursach, Casiano Floristan, Filippo Gentiloni, José Ramos
Regidor, Martha Heizer, Juan José Tamayo.
"Non è un documento di contestazione", ha voluto sottolineare durante
la presentazione Franzoni, "anche se è indubbiamente una voce fuori dal
coro, pur tuttavia nasce da un'esperienza sofferta di persone che hanno vissuto
per anni una vita ecclesiale intensa che ha attraversato diverse fasi,
entusiasmi e delusioni". Per questo, dice Franzoni, le nostre
considerazioni sono state elaborate "con spirito ecclesiale, come afferma
appunto la parte finale del documento". Inoltre, ha aggiunto l'ex abate
benedettino, "noi non apparteniamo a quella pattuglia di credenti che messi
ai margini o messi alla porta gioiscono del fatto che la Chiesa si comporti in
modo antievangelico. Noi abbiamo sempre pianto delle miserie della Chiesa in cui
siamo nati e cresciuti". Entrando nel merito delle critiche alla figura di
papa Wojtyla, Franzoni ha detto che "un pontefice ha tutto il diritto di
essere conservatore". Ciò che però diviene grave, quasi
"peccaminoso", è il fatto di "esercitare il potere delle due
spade. Esprimere cioè legittimamente la propria opinione ma impedire nel
contempo, attraverso il potere di cui si è investiti, ad altri - teologi,
vescovi, consacrati e laici - di affermare cose diverse".
Un modello di Chiesa polacca, opposta a quella del Concilio
Nel suo intervento, Giulio Girardi ha sottolineato che la canonizzazione di
Wojtyla "troverebbe certo un largo consenso in una parte ampia della
Chiesa, rappresentata da quelle folle che scandirono insistentemente ‘santo
subito!'". Ma provocherebbe un profondo turbamento in altri settori della
Chiesa, esaltando la figura di un papa che non ha compreso il loro impegno, che
li ha repressi ed emarginati, che ha soffocato la loro libertà di ricerca e di
pensiero". Un papa, Giovanni Paolo II, fortemente legato - secondo Girardi
- al modello conservatore ed anticomunista caratteristico della Chiesa polacca.
Un modello che Wojtyla, in senso opposto al modello ecclesiale uscito dal
Concilio Vaticano II, voleva imporre come "paradigma della Chiesa
universale". Tra gli aspetti più controversi del pontificato di Wojtyla,
Girardi si sofferma in particolare sul "dramma vissuto dai teologi della
liberazione, schierati nel pensiero e nell'azione dalla parte dei poveri":
essi "vennero condannati, rimossi dall'insegnamento, ridotti al silenzio,
emarginati perché accusati, ingiustamente, del ‘peccato' di marxismo".
Così, come avvenne per la rivoluzione nicaraguense, "Giovanni Paolo II e
la gerarchia locale da lui sostenuta, si schierarono dalla parte della
borghesia; dalla parte della controrivoluzione armata, dalla parte dell'impero
statunitense, cui in nome dell'anticomunismo venivano condonati tutti i
delitti".
Reazioni al documento dei 12 teologi e studiosi contro la canonizzazione di
Giovanni Paolo II non si sono fatte attendere. Scontata l'indignazione di mons.
Stanislaw Dziwisz (che fu segretario di Wojtyla fin dai tempi in cui il futuro
papa era arcivescovo di Cracovia), per il quale la beatificazione del pontefice
polacco non corre alcun pericolo. Anzi, ha detto all'agenzia polacca Pap,
"manifestazioni di questo tipo otterranno il solo obiettivo di fare in modo
che la beatificazione si realizzi in tempi più rapidi e con maggiore
convinzione".
Meno scontata la posizione dello storico cattolico Alberto Melloni, che sul
Corriere della Sera del 6/12, afferma che l'appello, suo malgrado, si
inserirebbe "in una logica ‘papista', come se il papa fosse la Chiesa, ne
interpretasse debolezze e virtù, e fosse consapevole di tutto ciò che accade
nella sua corte. L'invito a deporre contro il papa repressore, conservatore in
materia morale e indulgente verso i mascalzoni in talare, non avrà altro
effetto che eccitare chi invece trova proprio in quelle presunte linee d'azione
la prima santità di Giovanni Paolo II". Il pontificato di Wojtyla, secondo
Melloni, è complesso, e non può essere ridotto a "un momento di mera
restaurazione". Farlo diventare "il nero specchio di una reazione che
non ci fu significa aiutare coloro che ne sognano l'avvento".
Di seguito, il testo integrale "l'appello alla chiarezza" sottoscritto
dai 12 teologi. (valerio gigante)
L'apertura ufficiale, il 28 giugno 2005, della causa di beatificazione di
Giovanni Paolo II, sollecita tutti i cattolici, uomini e donne, che si sentono
partecipi e responsabili della vita della loro Chiesa, ad inviare le loro
testimonianze sulle opere del Romano pontefice scomparso il 2 aprile.
Come è stato correttamente annunziato, possono essere inviate, all'ufficio
competente del Vicariato di Roma, sia testimonianze a favore che testimonianze
contrarie alla glorificazione di Karol Wojtyla, purché tutte siano fondate su
dati obiettivi.
Tenendo peraltro conto della sovraesposizione mediatica che si è verificata,
non sempre per motivi spirituali, durante gli ultimi giorni della malattia del
papa e in occasione del suo decesso, ci sembra opportuno proporre dei
riferimenti a quelle donne e uomini cattolici che senza voler ignorare
naturalmente gli aspetti positivi del suo pontificato, come l'impegno per la
pace o il tentativo di ammettere le colpe storiche dei figli e figlie della
Chiesa nel passato; senza negare aspetti virtuosi della sua persona; e senza
volerne giudicare l'intima coscienza - danno però una valutazione per molti
aspetti negativa del suo operato come papa. Perciò, con questo appello
invitiamo tali persone a superare la ritrosia e la timidezza, e ad esprimere
formalmente, con libertà evangelica, fatti che, secondo le loro conoscenze e i
loro convincimenti, dovrebbero essere d'ostacolo alla beatificazione.
Le/i firmatari del presente appello ritengono che, rispetto al pontificato di
Giovanni Paolo II, si debbano criticamente valutare, in particolare, i seguenti
punti:
1° - La repressione e l'emarginazione esercitate su teologi, teologhe,
religiose e religiosi, mediante interventi autoritari della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
2° - La tenace opposizione a riconsiderare – alla luce dell'Evangelo, delle
scienze e della storia – alcune normative di etica sessuale che, durante un
pontificato di oltre 26 anni, hanno manifestato tutta la loro contraddittorietà,
limitatezza e insostenibilità.
3° - La dura riconferma della disciplina del celibato ecclesiastico
obbligatorio nella Chiesa latina, ignorando il diffondersi del concubinato fra
il clero di molte regioni e celando, fino a che non è esplosa pubblicamente, la
devastante piaga dell'abuso di ecclesiastici su minori.
4° - Il mancato controllo su manovre torbide compiute in campo finanziario da
istituzioni della Santa Sede, e l'impedimento a che le Autorità italiane
potessero fare piena luce sulle oscure implicazioni dell'Istituto per le opere
di Religione (Ior, la banca vaticana) con il crack del Banco Ambrosiano.
5° - La riaffermata indisponibilità del pontefice, e della Curia da lui
guidata, ad aprire un serio e reale dibattito sulla condizione della donna nella
Chiesa cattolica romana.
6° - Il rinvio continuo dell'attuazione dei princìpi di collegialità nel
governo della Chiesa romana, pur così solennemente enunciati dal Concilio
Vaticano II.
7° - L'isolamento ecclesiale e fattuale in cui la diplomazia pontificia e la
Santa Sede hanno tenuto mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador,
e l'improvvida politica di debolezza verso governi – dal Salvador
all'Argentina, dal Guatemala al Cile – che in America latina hanno
perseguitato, emarginato e fatto morire laici, uomini e donne, religiose e
religiosi, sacerdoti e vescovi che coraggiosamente denunciavano le
"strutture di peccato" dei regimi politici dominanti e dei poteri
economici loro alleati.
Con spirito ecclesiale,
Jaume Botey, teologo e storico, Barcellona; José María Castillo, teologo,
San Salvador; Rosa Cursach, teologa, Palma de Mallorca; Casiano Floristán,
teologo, Salamanca; Giovanni Franzoni, teologo, Roma; Filippo Gentiloni,
giornalista e scrittore, Roma; Giulio Girardi, teologo, Roma; Martha Heizer,
teologa, Innsbruck; Casimir Martí, teologo e storico, Barcellona; Ramon Maria
Nogués, teologo, Barcellona; José Ramos Regidor, teologo, Roma; Juan José
Tamayo, teologo, Madrid.
Roma, 5 dicembre 2005.
ADISTA n° 87 del 17.12.2005