Come ti nego i diritti di cittadinanza

di Domenico Gallo

in “Liberazione” del 16 settembre 2009

Unicuique suum: a ciascuno il suo. E' questo il motto che potrebbe essere applicato al c.d.

"pacchetto sicurezza", approvato con la legge n. 94/2009 , entrata in vigore l'8 agosto.

Questa legge è un coacervo di misure discriminatorie e persecutorie nei confronti dei gruppi sociali

più deboli. Se hanno suscitato qualche protesta le misure persecutorie più assurde nei confronti

degli immigrati irregolari (come il reato di clandestinità, il divieto di matrimonio ed il divieto per le

madri di riconoscere i propri figli), poca attenzione è stata rivolta alle norme discriminatorie

riservate ad altri gruppi sociali. In realtà, per quanto possano apparire disomogenee le materie

trattate, c'è un filo conduttore che organizza le disposizioni in materia di sicurezza pubblica. C'è una

logica in questa follia: tutto gravita intorno al principio della discriminazione dei soggetti deboli. Se

gli immigrati (regolari o irregolari) sono particolarmente vessati, non per questo il legislatore

leghista si è dimenticato dei Rom, dei senza casa, e dei poveri in genere, ed ha dato a ciascuno il

suo.

Per quanto riguarda il popolo Rom, a parte le misure penali di aggravamento dei reati connessi alla

povertà, nel pacchetto sicurezza vi è una specifica disposizione discriminatoria, passata quasi

inosservata. Si tratta della norma relativa alle iscrizioni anagrafiche (art. 1, comma 18).

Questa norma, nella sua versione originaria, in pratica, impediva ai poveri di ottenere l'iscrizione

nei registri dell'anagrafe, subordinando l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica alla

verifica, da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in

cui il richiedente intendeva fissare la propria residenza. In questo modo decine di migliaia di

famiglie povere avrebbero perso - automaticamente - il diritto alla residenza. Si pensi, per es. alle

migliaia di famiglie che ancora vivono nei "bassi" in una città come Napoli.

Ciò avrebbe comportato qualche problema con l'opinione pubblica, specie in quelle fasce sociali,

più umili, che vivono ancora nel mito del berlusconismo.

Per questo la norma è stata cambiata alla Camera, con l'emendamento sul quale il Governo ha posto

la fiducia.

Nella nuova versione i comuni non devono più accertare la sussistenza del requisito igienico

sanitario dell'immobile, tuttavia "l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar

luogo alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico sanitarie

dell'immobile".

Insomma ogni comune è libero - a sua discrezione - di non iscrivere nei registri anagrafici quelle

persone che abitano in alloggi inadeguati. Quindi ogni comune è libero di scegliere quali poveri

tenersi e quali buttare via.

In questo modo si è realizzata la quadratura del cerchio. Il requisito igienico sanitario dell'alloggio

diventerà un ottimo strumento politico per selezionare le minoranze indesiderabili ed escluderle dal

circuito della cittadinanza, senza mettere a rischio il consenso politico di cui gode l'attuale

maggioranza.

Ci vuol poco a capire che queste minoranze indesiderabili per i cittadini del Bel Paese sono

soprattutto, se non esclusivamente, i Rom. Chi vive in un campo nomadi è difficile che disponga di

un alloggio dotato dei requisiti igienico-sanitari richiesti dalla norme vigenti. Conseguentemente

costoro - a discrezione dei sindaci - possono perdere il diritto ad essere iscritti nell'anagrafe delle

persone residenti.

Senonché l'iscrizione nell'anagrafe delle persone residenti è presupposto indispensabile per

l'esercizio dei diritti di cittadinanza. A partire dall'esercizio del diritto di voto, per finire

all'iscrizione al Servizio Sanitario nazionale, alla scelta del medico di base ed all'iscrizione dei

propri figli alla scuola dell'obbligo.

In conclusione, invece di rimuoverli, come impone l'art. 3 della Costituzione, la legge utilizza gli

ostacoli di ordine economico e sociale come pretesto per limitare - di diritto - la libertà e

l'eguaglianza delle persone ed escludere dalla cittadinanza quelle minoranze destinate ad essere

discriminate.