Migranti a quota sette per cento Ora la priorità è l'integrazione

di Jolanda Bufalini

in “l'Unità” del 29 ottobre 2009

Quattro milioni e mezzo di persone giovani, fra i 18 e i 44 anni, che rappresentano il 7,2 per cento

della popolazione italiana e che producono il 10% del PIL. Nella fotografia 2009 del rapporto

Caritas Migrantes al centro è quel macroscopico dato demografico del 7,2 per cento di presenze

straniere regolari o in corso di regolarizzazione, dato che colloca l’Italia fra i paesi a pieno titolo

multietnici, appena dietro la Spagna che ha cinque milioni di immigrati e non distanti dalla

Germania (sette milioni), davanti la Gran Bretagna dove il tasso di immigrati si è attestato al 6,3 per

cento anche se bisogna considerare che in Gran Bretagna e in Francia sono molti i cittadini di

origine straniera per il più facile accesso alla cittadinanza. Mentre la media dell’Unione Europea è

del 6,2%.

Domandare cosa fanno queste persone nel nostro paese sarebbe pleonastico, se l’attenzione

dell’opinione pubblica non fosse stata concentrata, soprattutto nell’ultimo triennio, sulla sicurezza e

sugli sbarchi a Lampedusa (che incidono meno dell’uno % sul numero complessivo degli arrivi). Le

donne e gli uomini migranti lavorano: «I lavoratori nati all’estero - dice il rapporto - sono il 15,5%

del totale». Si iscrivono ai sindacati (un milione), e soffrono dei rischi del lavoro: 143.651 gli

incidenti nel 2008 di cui 176 mortali.

Ossessione sicurezza

L’ossessiva ansia di sicurezza che ha portato al varo del celebre “pacchetto” e all’introduzione del

reato di clandestinità ha fatto da specchio deformante su questa realtà. Ed è contro il martellante

battage sulla delinquenza «degli stranieri» che si è concentrato l’intervento di monsignor Bruno

Schettino, responsabile della Cei per i migrantes, ieri al suo esordio pubblico: senza politiche per

l’integrazione – ha sottolineato il - «non c’è politica migratoria». Nonostante i pregiudizi contro gli

immigrati «parlando di immigrazione prevalgono di gran lunga i benefici sugli inconvenienti».

Il rapporto Caritas 2009 è andato a guardare dentro i dati statistici che hanno alimentato l’allarme

criminalità legato all’immigrazione. Ha utilizzato un studio della Banca d’Italia del 2008 sul

periodo 1990-2003 e ha elaborato insieme a «Redattore sociale» una propria ricerca. Iniziamo dal

dato soggettivo: 6 italiani su 10 pensano che la presenza degli immigrati ha determinato un aumento

della criminalità. Un sentire in sintonia con le conclusioni di alcuni studiosi, secondo Marzio

Barbagli, che ha curato il rapporto sulla criminalità del ministero dell’Interno 2008 «gli stranieri

commettono una quantità di reati sproporzionata alla loro presenza» «Erano nel 1990 1,4% e nel

2007 il 5% ma contribuivano alle denunce in una percentuale dal 25 al 68%».

Il rapporto Caritas disaggrega e contesta queste conclusioni: a) il forte aumento di spaccio, rapine e

omicidi si è avuto dagli anni Settanta ai Novanta e dopo di allora è rimasto costante. b) gli stranieri

sono protagonisti di reati legati alla loro condizione di irregolari: fuga, falsi documenti e false

generalità, resistenza e oltraggio. E la percentuale di denunce diminuisce se si considerano solo gli

immigrati regolari. c) L’affollamento delle carceri dà una falsa prospettiva: la metà degli italiani è in

cella per una condanna definitiva mentre gli stranieri in attesa di giudizio sono il 63%. d) È il dato

più importante: la maggior parte dei reati si compie in età giovane. Il tasso di criminalità fra gli

italiani dai 18 ai 44 anni è dell’1,50%. Quello degli stranieri per le stesse classi d’età è dell’1, 89

(compresi i reati legati alla “clandestinità”). Dicono gli estensori del rapporto: considerate le

sfavorevoli condizioni, si può estendere ai migranti quel che una volta si diceva dei poveri: «È

sorprendente quanti poveri non diventino delinquenti piuttosto di quanti lo diventino».