SPINGERE LA BARCA


A DIECI ANNI DALL’USCITA DEL LIBRO INCRIMINATO DEL TEOLOGO GESUITA ROGER HAIGHT, UN SUO DISCEPOLO NE ILLUSTRA L’APPROCCIO TEOLOGICO
 di Jeremy Kirk


da ADISTA n° 50 del 9.5.2009

 

Jason von Wachenfeldt è l’autore di questa intervista a Jeremy Kirk, discepolo del teologo gesuita punito dal Vaticano Roger Haight. Titolo originale dell’articolo, pubblicato sul sito “Ihu online” (18/4/2009), è “‘Não existe un Jesus zumbi’. O Vaticano e o p. Roger Haight”

 

Nel 1999, la casa editrice Orbis Books ha pubblicato il libro Jesus Symbol of God (pubblicato in portoghese dalle Paoline con il titolo Jesus, Símbolo de Deus) del teologo sistematico Roger Haight, sj. Prima che terminasse l’anno, Haight è stato raggiunto dall’avviso che lui e il suo libro erano sotto inchiesta da parte del Vaticano, e che, finché fosse durata l’indagine, non avrebbe potuto insegnare né nell’Università gesuita dove stava impartendo lezioni né in nessun’altra università cattolica. L’indagine è durata più di cinque anni, durante i quali il Vaticano ha inviato obiezioni a punti specifici contenuti negli scritti di Haight, e lui, a sua volta, ha difeso le sue posizioni. Ci sono stati due passaggi di questo tipo, ed ogni volta le sue risposte sono state giudicate insoddisfacenti.

Risultato, questo, in un certo modo inevitabile: il Vaticano insisteva su una ripetizione del linguaggio teologico antico, e il progetto di Haight era pensato per un contesto intellettuale attuale. Nel marzo del 2005, è stato dichiarato che egli non poteva più essere un teologo cattolico e gli si proibiva di insegnare teologia cattolica, e cioè gli era proibito di insegnare in una istituzione cattolica fino a che non avesse fatto uso del linguaggio prescrittogli.

 Da quel momento, per un anno, è rimasto nell’Union Theological Seminary, un’istituzione ecumenica, ma Roma ha mantenuto la pressione su Haight. La misura più recente, annunciata l’anno passato, ha decretato che egli non può più insegnare in nessun luogo né pubblicare, anche se gli è stato concesso di portare a termine il suo contratto con il Seminario per l’anno accademico 2008-2009. Gli è stato anche permesso di pubblicare testi nel campo della spiritualità, un campo emergente al di fuori della teologia accademica. I suoi superiori gesuiti gli hanno consentito di tornare all’Union Theological Seminary come professore residente, un ruolo di non docenza.

 

Roger Haight non concede interviste che si riferiscano direttamente alla sua attuale relazione con la gerarchia cattolica romana dopo la censura ricevuta. Ma conversiamo con Jeremy Kirk, un alunno di Haigth all’Union Theological Seminary. Sotto la direzione di Haight, Kirk ha studiato approfonditamente, per la sua dissertazione di dottorato, due lavori cristologici dello stesso Haight. Kirk, ora prossimo al dottorato in Etica sociale cristiana, ha fondato un gruppo di lettura focalizzato sulla cristologia di Haight, che incontrerà a New York a maggio.

La seguente intervista cerca di approfondire questioni relative al caso e al suo significato per la teologia cattolica nel suo insieme.

Ecco l’intervista.

  Innanzitutto, quali sono in sintesi le questioni centrali nella controversia sul lavoro di Haight?

 

Questo dipende dalla persona cui lei rivolge la domanda. Se lo chiede a papa Benedetto, che, in quanto cardinale Joseph Ratzinger ha svolto un ruolo centrale nella censura ad Haight, egli indicherà diversi “gravi errori dottrinali” riscontrati in Jesus, Símbolo de Deus, quali la mancanza dell’affermazione che Gesù è il logos, cioè la parola pre-esistente di Dio. In base a questa critica fondamentale, Haight è stato accusato di aver sminuito la divinità e la funzione soteriologica di Gesù. Ma questa critica minimizza e stravolge la discussione di Haight. Roma ha realmente rigettato qualsiasi affermazione che sostiene, dentro o al di fuori del cattolicesimo, che il pluralismo religioso è valido e, per questo, merita attenzione teologica ed ecclesiastica.

Jesus, Símbolo de Deus parla delle critiche post-moderne al cristianesimo, che sono preoccupanti per il cattolicesimo nordamericano. Haight vi afferma la continua rilevanza del cristianesimo nel contesto sociale e filosofico contemporaneo che presenta sfide di questo tipo alla legittimità di certe rivendicazioni cristiane tradizionali. La mancanza di risposte adeguate a questa sfida è evidente nell’abbandono della Chiesa da parte di molte persone. Haight dà a una critica ragionevole una risposta ragionevole, facendo quello che si suppone debba fare come sacerdote e come teologo.

 

  Secondo Haight, Gesù è Dio?

 

Haigth rifiuta questa questione. La dottrina di Gesù è: “Dio e l’essere umano”, entrambi “umani e divini”. Solo la cristologia, che è dialettica, può essere in modo vero e adeguato fedele alla tradizione, come è stato affermato al Concilio di Calcedonia. La dottrina sostiene questi due aspetti uniti, in tensione dialettica, e questa tensione non può essere risolta; in questo riposa il profondo mistero. Per Haight, la dottrina corrisponde al e si esprime dove il cristiano si trova esistenzialmente, cioè in una relazione con Dio per mezzo di Gesù e non per mezzo di Buddha né per mezzo di Mosè o di altro simbolo. I cristiani sono quelli che, tramite la fede, fanno sì che Gesù sia il loro accesso a Dio. Questo eleva implicitamente Gesù ad una mediazione privilegiata di Dio per il cristiano, anche se possono essercene altre.

 

  Cosa dice Haight della risurrezione di Gesù?

 

Haight dice che la risurrezione si può intendere da un punto di vista personale. Comincia con le nostre speranze rispetto alla nostra morte e alla morte delle persone a noi care. La speranza comune è che noi non moriamo, ma continuiamo ad esistere nella sfera di Dio. La comprensione della risurrezione di Gesù può iniziare solo a partire dalla speranza. E partendo da questo, Haight afferma che la risurrezione non è stato un evento storico che è successo fisicamente ed empiricamente nel continuum spazio-tempo. Quando i cristiani seppelliscono una persona cara, pongono il corpo nella terra con la fede-speranza che la persona risusciti in un modo che non nega la storicità della tumulazione. Haight afferma che il corpo di Gesù non è andato da nessuna parte. Non è la risurrezione di un cadavere. Non esiste un Gesù zombi.

Haight mette l’accento sul fatto che la risurrezione è un’idea difficile da capire perché non abbiamo un referente sensoriale. Finché parliamo di cose di questo mondo, abbiamo una immaginazione che lavora in nostro aiuto. Ma nel caso della risurrezione, l’immaginazione manca e addirittura comincia a lavorare contro di noi. Allora uno, mentre l’immagina, ne fa qualcosa di incredibile, un tipo di evento di questo mondo. Dà sostanza visuale e tangibile alla risurrezione. Allora dire che essa non è stata un evento storico è per assicurare che la risurrezione è una realtà trascendente, una questione di fede e di speranza.

 

  Haight come ha risposto alla censura iniziale?

È rimasto sorpreso. Certamente non si aspettava da Roma una simile risposta. Haight ha un grande rispetto per gli argomenti razionali e il libro Jesus, Símbolo de Deus è un argomento chiaro, ragionevole. La Congregazione per la Dottrina della Fede (CdF) ha pubblicato un documento ufficiale condannando il libro, ma non è una critica sostanziale. Lo stesso documento non riceverebbe una valutazione positiva come tesi di laurea in teologia. Esso ed altre critiche sul libro in genere non sono convincenti perché si basano su supposizioni diverse da quelle sulle quali il libro si basa: i critici non sembrano credere che il fatto di rispondere alle critiche post-moderne al cristianesimo sia un’impresa teologica degna.

 

  Lei dice che Haight è rimasto sorpreso, ma egli certamente deve aver avuto qualche idea che il suo progetto cristologico avrebbe corso il rischio di ricevere risposte punitive da parte di Roma. Potremmo dire che il libro non era consonante con le rivendicazioni cristologiche fatte dalla CdF in quel momento.

 

In primo luogo, farei una distinzione fra quello che Haight dice in Jesus, Símbolo de Deus e come questo può essere usato per altri studi. Il libro è una discussione su come la fede cristiana può rispondere a certe critiche contemporanee della fede e della tradizione cristiana. Non è una discussione sulla relativizzazione di tutte le credenze religiose. La cristologia di Haight non è radicalmente esterna al contesto della drammatica risposta della CdF. Egli guarda a certe critiche al cristianesimo (principalmente a quelle che si riferiscono al pluralismo) da fedele teologo cristiano radicato nella tradizione cristiana. È un monoteista e crede che, per la tradizione e per la Chiesa cristiana, non ci sia un mezzo più grande, per fare esperienza del Dio ineffabile, che la persona di Cristo, compreso e comunicato dalle Scritture, dalla tradizione e dalla Chiesa cristiana. Il potere istituzionale che sta dietro le censure della CdF sembra oscurare questi fatti. Ma per rispondere direttamente alla sua domanda, io suppongo che Haight non pensi in termini di rischio. Pensa in termini di dire quello che deve esser detto alla luce della condizione della Chiesa contemporanea. Haight vede che le persone lasciano la Chiesa semplicemente perché nessuno sta rispondendo alle loro domande. Le sue considerazioni sono dirette a queste persone, non ai rischi. Inoltre, è stata l’editrice Orbis a chiedergli di scrivere questo libro. Ha risposto a quella che ha percepito come una necessità dei fedeli, e la sua percezione ha trovato eco in una grande compagnia editoriale che lo ha sollecitato ufficialmente a rispondere. Se i teologi pensassero prima di tutto in termini di rischio, rimarrebbero paralizzati.

 

  Perché Haight è rimasto tanto quieto dopo la censura? Perché non si è difeso pubblicamente?

Difendersi in situazioni del genere sarebbe stato interpretato come egocentrismo, e così è in certa misura. Credo che Haight abbia percepito che la sua difesa fosse responsabilità di altri. Non è un “teologo rinnegato”, malgrado a questo faccia impropriamente pensare la censura ricevuta. Inoltre, cosa poteva dire che non avesse già detto nei due volumi di cristologia?

  Ho letto che Haight era scocciato per non aver avuto l’opportunità di rivolgersi personalmente alla CdF in merito alle accuse, un’opportunità nella quale sperava. Perché gli sarebbe piaciuto essere chiamato a Roma?

Penso che gli sarebbe piaciuto solo dare un volto al testo. Penso che avrebbe voluto che la CdF vedesse che lui è un essere umano di fede, un cristiano e un cattolico che stava causando queste discussioni in nome dei fedeli e della Chiesa istituzionale. Continuo anche a chiedermi se Haight abbia percepito che non c’era vantaggio nel prolungare il processo di censura. In quel momento, tutti hanno pensato che l’avvento di un nuovo papa sarebbe stato certamente un vantaggio per il suo caso. Chiaro, ora sappiamo che non è stato così, perché è stato Ratzinger, l’avvocato dell’accusa nel caso contro Haight, a diventare il nuovo papa.

Come vive Haight la gerarchia cattolica romana?

Beh, innanzitutto direi che pensa che sia qualcosa di buono. Haight vuole che la Chiesa abbia un’autorità morale per il suo impegno sociale e politico nel mondo. La gerarchia è necessaria per una grande istituzione come la Chiesa. Se lei si riferisce alle persone che oggi occupano particolari posizioni nella gerarchia, penso che egli esprimerebbe una delusione estrema. Haight ribadisce il sostegno agli obiettivi del Vaticano II, che hanno accentuato l’ecumenismo e affermato l’importanza dei laici nella Chiesa. Il papato attuale e quello precedente sono restauratori. Hanno sminuito i documenti del Concilio e stanno cercando di tornare a prima del Vaticano II.

Ma per quanto Haight probabilmente potrebbe dirsi pessimista per i danni causati dai due ultimi papi, credo che manifesterebbe ottimismo per quanto riguarda i laici. Se si guarda al cattolicesimo romano dall’inizio, si vede oggi un nuovo laicato colto. In pochi anni l’intero corpo dei teologi negli Stati Uniti sarà formato soprattutto da laici, per l’80-90%, e il 65% di questo corpo sarà composto da donne, e sarà un’esperienza completamente nuova per la Chiesa cattolica. I laici guidano oggi alcune parrocchie con un sacerdote che svolge alcune funzioni specializzate. C’è un’energia dinamica totalmente nuova nella Chiesa cattolica romana, se la si guarda dal basso. Se la si guarda dall’alto, si vedono segnali di declino. Se consideriamo il numero di persone nei seminari, la qualità di queste persone e le loro inclinazioni, non vediamo nulla di promettente. Quando si guarda all’episcopato e all’offerta di possibili candidati, la situazione sembra catastrofica. Penso che Haight riconoscerebbe la dialettica esistente fra quello che gli uomini di Chiesa potenti e conservatori in particolare vogliono raggiungere e la forza irrefrenabile dei laici che costituiscono innanzitutto quello che definiamo “la Chiesa”.

 

  Perché Haight rimane cattolico?

 

Quando questa domanda è stata rivolta alla teologa femminista Ivone Gebara, la sua risposta è stata: “Perché le donne che stanno morendo intorno a me sono cattoliche”. Penso che per Haight la risposta possa essere la stessa, ma in un contesto meno drammatico. Continua ad essere cattolico perché è cattolico. Se ne assume la responsabilità per i bisogni di quelli che sono intorno a lui e trae la sua identità dalla relazione con loro. Haight ha scritto Jesus, Símbolo de Deus come una risposta alle necessità dei cattolici. Perché dovrebbe abbandonarli, e dopo aver ricevuto una critica di basso livello?

Anche Haight stima la comunione dei cattolici come Chiesa. In questo senso, lui e Benedetto XVI sono simili. Hanno solo prescrizioni opposte su come mantenere unita questa comunione. Il papa nega l’esistenza del pluralismo, mentre Haigt vede l’adozione del pluralismo (una realtà indiscutibile) come un modo per tornare a un cristianesimo ancor più efficace nella comprensione di quello che significa essere umani in questo momento particolare della storia. Haight incoraggia qualsiasi persona che si senta ingannata dal suo cattolicesimo ad andare dove ritiene necessario per alimentasi spiritualmente. Allo stesso tempo, per lui, assumere la responsabilità della sua comunità è una maniera di scoprire valore ed identità all’interno della stessa Chiesa, che è esattamente quello che alcune persone stanno cercando abbandonando il cattolicesimo.

 

  Qual è, secondo lei, la posta in gioco nella controversia sul lavoro di Roger Haight?

 

Ho 31 anni. Penso che la mia generazione e le generazioni che verrano stanno crescendo con un senso innato delle sfide post-moderne e storiche che vengono poste alle teologie cristiane moderne e premoderne. Diversamente da Haight che, dal punto di vista moderno, ha cercato di affrontare le sfide della coscienza post-moderna, le persone della mia generazione devono fare una scelta differente. Dobbiamo o affrontare una coscienza post-moderna del pluralismo dall’inizio o dobbiamo negare quello che la società vieppiù considera come realtà in modo generale, così come fa il cristianesimo fondamentalista.

La necessità di riconoscere il pluralismo non diminuirà in un mondo sempre più globalizzato e interdipendente che affronta crisi sempre più complesse e collettive. Se il cristianesimo può ancora operare come una fonte per la riflessione etica alla luce delle crisi storiche (cosa che io confido profondamente che gli riesca), deve essere onesto e affidabile per questo contesto globalizzato e pluralista contemporaneo.

Il lavoro di teologi come Haight sta facendo sì che il cattolicesimo resti rilevante in particolare nei contesti contemporanei, ma nel far questo pagano il costo della disapprovazione e del rifiuto da parte delle stesse Chiese che essi cercano di servire. Un collega all’Union Theological Seminary, Sarosh Koshy, ha descritto la Chiesa come una barca e il teologo come qualcuno che, periodicamente, deve uscire dalla barca e spingerla fuori da un banco di sabbia. A volte, nel far questo, il teologo resta indietro. È il caso, in questo momento, di Haight. Ma, considerando l’impatto del suo lavoro, non credo che sia solo in questo banco di sabbia. Non lo è, con tanti di noi che stanno cercando di unirsi a lui.