Fisichella, il supervescovo per l’occidente

di Marco Politi

“il Fatto Quotidiano” del 2 luglio 2010

Da “cappellano di Montecitorio” a quasi cardinale. E’ un bel balzo che fa mons. Rino Fisichella, nominato da Benedetto XVI a capo del nuovissimo Consiglio pontificio per la “Promozione della nuova evangelizzazione”. Ma non è una sorpresa.

Energico, battagliero, colto, politicamente abile e pronto al dibattito, Fisichella è stato uno dei prelati più attivi dell’era ruiniana. Vescovo ausiliare di Roma per la Cultura, rettore dell’università Lateranense, il cinquattottenne prelato è stato in prima fila nelle battaglie dell’ultimo decennio, in cui la gerarchia ha applicato le direttive papali sui cosiddetti “principi non negoziabili”. In parole semplici: pressione politica sui partiti italiani per sabotare il progetto di legge sulle coppie di fatto (ai tempi di Prodi), sostenere la campagna per l’astensione al referendum del 2005 sulla fecondazione assistita, favorire l’opposizione a oltranza al diritto di Beppe Englaro – sancito dai tribunali italiani – di assicurare alla figlia una morte serena, bloccare il testamento biologico. La lunga cura della “cappellania” di Montecitorio ha permesso a Fisichella di fare frequente opera di lobbying su tanti deputati e quando si è trattato di mettere in piedi il Family Day il prelato –interprete della volontà di Benedetto XVI – ne è stato uno dei promotori più decisi. Nell’estate del 2008 papa Ratzinger lo ha premiato affidandogli la presidenza dell’Accademia per la Vita. Ma a Roma tutti sapevano che sarebbe stata solo una tappa. Fisichella aspirava a un ruolo maggiore.

Mentre arriva, in Vaticano si sono prodotti altri avvicendamenti. Alla Congregazione dei Vescovi è arrivato il cardinale canadese Ouellet, al posto del cardinale Re. E al Consiglio per l’Unità dei cristiani lascia il cardinale tedesco Kasper e lo sostituisce lo svizzero Koch. Ma la novità di questo giro di nomine vaticane sta nell’incarico, inventato apposta da Benedetto XVI per Fisichella. La mossa suscita interrogativi. Che significa un dicastero vaticano incaricato di promuovere la ricristianizzazione dell’Occidente? La prima reazione, che circolava alla vigilia all’interno delle

mura vaticane, è stata che Ratzinger ha sconfessato se stesso. Per anni, da cardinale, aveva predicato contro la superfetazione di organismi e istituzioni e adesso ne crea uno per svolgere quello che dovrebbe essere il compito primario della Chiesa: rievangelizzare la società moderna secolarizzata, pluralista, spesso indifferente alla religione. Un Ministero per evangelizzare? Sullosfondo sta la preoccupazione di Benedetto XVI (come già di Giovanni Paolo II) per la decristianizzazionedell’Europa e di tutta l’area geopolitica “bianca” – è così, anche se non si può dire – dove la laicizzazione ha spodestato il ruolo centrale del cristianesimo nell’ispirazione della legislazione e nell’orientamento dei costumi: oltre al Vecchio Continente, il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia.

All’Europa – base storica del cattolicesimo, diventata sempre più svuotata di preti e di fedeli – papa Wojtyla aveva già dedicato due sinodi straordinari di vescovi. Nel primo il cardinale Martini aveva proposto invano che si affrontassero i nodi della scarsità dei sacerdoti, del celibato e del ruolo delle donne. Fu subito stoppato dagli uomini di Wojtyla. Adesso Benedetto XVI, che da sempre ha avuto a cuore il destino del cattolicesimo in Europa, riparte con il Consiglio per la “Promozione della nuova evangelizzazione”. Scrive il cardinale Segretario di Stato Bertone, in un messaggio inviato a mons. Fisichella a nome del Papa, che la situazione della fede e della vita ecclesiale in vari Paesi di antica tradizione cristiana desta “seria preoccupazione” perché si tenta di relegare la religione nel privato e “interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso della fede e non si riconoscono più come parte della Chiesa, conducendo una vita lontana da Cristo e dalla comunità ecclesiale”. Una diagnosi severa e giustificata per quanto riguarda il distacco crescente tra le masse dei credenti e l’istituzione ecclesiastica. La domanda è se la risposta efficace stia nell’istituzione di un ministero ad hoc e di una specie di Super-Vescovo con delega papale all’animazione della fede in Occidente.  Fisichella si è mosso da subito con estremo tatto e cautela. “In tempi di crisi – ha detto – bisogna tornare all’essenziale e annunciare Cristo”. Compito del nuovo Consiglio sarà di coordinarsi con gli organismi vaticani già esistenti e cercare di arrivare in collegamento con gli episcopati delle varie nazioni a un progetto comune di rievangelizzazione: “un progetto unitario, rispettoso delle diverse tradizioni culturali locali”. Il problema è che nelle nazioni, di cui si dovrà curare Fisichella, sono spesso già operanti tutti quegli istituti contro cui si è battuto in Italia: le coppie di fatto, le unioni omosessuali, a volte persino i matrimoni omosessuali, il testamento biologico (dagli Usa alla Germania), l’aborto con la pillola Ru486, la fecondazione artificiale in modi assai liberali. Il più delle volte con l’assenso dei cattolici locali.

Ma il nodo più grande è rappresentato dal ruolo stesso del nuovo Consiglio. Rievangelizzare l’Occidente può essere tema di un convegno o di un centro studi, ma il lavoro sul terreno, la “missione pastorale”, spetta ai vescovi del luogo. Se si vuole, spetta alle conferenze continentali dei vescovi europei o nordamericani. L’idea che dal Vaticano arrivino le indicazioni di un supervisore pontificio rischia di rivelarsi fragile.