La Chiesa perde fedeli. E (molti) soldi

di Andrea Gagliarducci

“il Fatto Quotidiano” del 27 aprile 2010

Da 200 a 300 abbandoni al mese nella diocesi di Bamberg, Baviera. Quando venne denunciato il caso delle molestie tra i Passerotti del Duomo, il coro di Ratisbona per anni diretto dal fratello del Papa (ma non all’epoca dei fatti incriminati) 193 cattolici della diocesi lasciarono ufficialmente la Chiesa. E si sono contati 4300 abbandoni nella diocesi di Augsburg, quella del vescovo Mixa, che la scorsa settimana ha rassegnato le dimissioni dopo uno scandalo di percosse e molestie. Sono anni che la Chiesa di Germania fa i conti con un progressivo abbandono del numero di fedeli. Ma il recente scandalo pedofilia sembra abbia accelerato la tendenza. Non ci si può sbagliare. Anche perché l’appartenenza ad una Chiesa in Germania è definita dalla Kirchenstauer, la tassa sulla religione. Una tassa che vale una scomunica.

In Germania, Stato e religione non sono separati: lo Stato dà aiuti agli studenti di religione che si preparano per il sacerdozio, dà sussidi agli asili e alle case per gli anziani gestiti dalle confessioni religiose, aiuta a riparare alcune chiese. E poi, il ministero delle finanze prende automaticamente una tassa, in genere dell’8 o 9 per cento, da ogni dichiarazione dei redditi e la trasferisce alle Chiese. Si può dare il contributo a cattolici, evangelici o ebrei. Si può anche scegliere di non darla a nessuno, ma se sei battezzato vieni comunque tassato, anche se non più praticante. È un sistema che dura dal 1827. In Germania questa imposizione fiscale è considerata moralmente obbligatoria: chi non vuole più pagarla lo può fare solamente distaccandosi dalla Chiesa. Il non adempimento ha come conseguenza una comunicazione agli organi competenti che provvedono ad annullare i sacramenti ricevuti: una sorta di "scomunica" dunque.

C’è dunque una fortissima collaborazione tra Stato e Chiesa tedesca: grazie a un controllo incrociato dei dati, in caso di non adempimento del tributo le autorità inviano una lettera che sollecita il pagamento stesso, allegando, tra l’altro la documentazione relativa e l’attestazione che certifica l’appartenenza religiosa. E’ questo che permette alla Chiesa di Germania di certificare con tale precisione il numero di abbandoni. Così, la crisi della fede si risolve per ogni confessione in una crisi economica.

Non è così in Italia. Le firme a favore dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica sono diminuite (si è passati – come aveva rivelato l’agenzia Adista - dal 89,82% del 2008 all’86% del 2009), ma questo non porta a una crisi. Merito del meccanismo dell’8 per mille. Ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può sceglierne la destinazione tra sette opzioni: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Se non si firma a favore di nessuno, l’imposta viene comunque prelevata e viene distribuita ad ogni confessione sulla base della percentuale di adesioni: l’89,81 per cento del gettito finisce dunque alla Chiesa, e quasi la metà di questi soldi è destinato alle esigenze di culto, mentre solo il 20 per cento alle opere di carità. L’unico modo di non destinare i fondi alla Chiesa cattolica è l’obiezione fiscale. Ma questa pratica è considerata tuttora illegale in Italia, anche se esistono disegni di legge tendenti a legalizzarla