LE BANCHE ARMATE, LE PIÙ “AMATE” DALLA CHIESA ITALIANA



da ADISTA n° 48 del 12.6.2010

 

35639. ROMA-ADISTA. Non si spezza il legame fra Chiesa italiana e “banche armate”, gli istituti di credito che offrono servizi di appoggio e di intermediazione alle aziende armiere che esportano all’estero. I principali organismi istituzionali ecclesiastici scelgono ancora, infatti, di affidarsi alle “banche armate”, cui strappano condizioni particolarmente favorevoli.

L’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero dispone di otto conti bancari – fino allo scorso anno erano circa 30 (v. Adista n. 5/08) – dove i fedeli possono versare le offerte per il clero (all’interno delle cosiddette “erogazioni liberali”), e sette di questi sono aperti presso le principali “banche armate”, in base ai dati dell’ultima Relazione del ministero dell’Economia (v. Adista n. 41/10): Bnl, Intesa-San Paolo e Unicredit – con i marchi Unicredit Private Banking, Banca di Roma e Banco di Sicilia, tutte dello stesso gruppo –, Banca Popolare di Milano e Banco di Sardegna. Solo il Monte dei Paschi di Siena è fuori dalla lista delle “banche armate”.

La Conferenza episcopale italiana, poi, ha scelto Banca Prossima, del gruppo Intesa San Paolo, per depositare i 30 milioni di euro del fondo di garanzia del “Prestito della speranza”, un’iniziativa di sostegno economico alle famiglie in difficoltà in collaborazione con l’Abi (v. Adista n. 84/09). E anche la Caritas italiana, impegnata in iniziative di solidarietà in diversi Paesi del Sud del Mondo e nella promozione dei corpi civili di pace, per i suoi tre conti correnti ha optato, oltre che per Banca Etica – che ovviamente non sostiene l’export di armi – anche per due “banche armate”: ancora Intesa-San Paolo e Unicredit.

Eppure è proprio dal mondo cattolico che dieci anni fa, lanciata dalle riviste Nigrizia e Missione Oggi e dal mensile promosso da Pax Christi, Mosaico di Pace, partì la campagna di pressione alle “banche armate” che, pur riuscendo ad ottenere qualche significativo risultato in ordine ai comportamenti degli istituti di credito, è riuscita a scalfire poco le istituzione ecclesiastiche che, per qualche frazione di punto percentuale in più sugli interessi, chiudono gli occhi, scegliendo poi il silenzio: ad una recente inchiesta del mensile dei comboniani Nigrizia su Chiesa italiana e “banche armate” su 255 curie diocesane interpellate hanno risposto solo in quattro (v. Adista n. 5/10).

“Il denaro è lo sterco del diavolo”, recita l’adagio caro a molti ecclesiastici. Evidentemente, però, non puzza. (l. k.)