QUELLA VOGLIA DI CENTRO

Moni Ovadia

Scrittore

 Il risultato delle elezioni primarie del centro-sinistra a Milano permette di trarre indicazioni preziose per il futuro dell’opposizione riformista, nella città, ma anche nell’intero paese. I giochini autoreferenziali non pagano e al proposito non ci possono essere più dubbi. Il grande sconfitto di questa tornata è stato il capo della segreteria politica di Bersani, Penati. Penati era già riuscito nel doppio capolavoro di farsi sconfiggere alle provinciali contro lo sconosciuto Podestà, e di farsi fare cappotto, alle regionali, contro Formigoni. Come? Spostandosi sempre più al centro fino a sconfinare nei territori della destra e nel paraleghismo, persino nell’uso dei colori dei manifesti elettorali. Ora, l’elettore moderato avrà anche i suoi difetti ma non è necessariamente scemo e non si fida delle imitazioni. Malgrado questa e altre severe lezioni permane tuttavia in una parte del PD una fascinazione centrista e passionale, oserei dire erotica. Detta fascinazione è altro rispetto ad una ragionata politica di alleanza con i partiti del centro. Le alleanze serie si tessono con chi è diverso da te ma con cui puoi condividere prospettive e progetti sulla base di un mutuo riconoscimento. Lo sbavare per il centro è patologia politica che si cura andando con decisione al centro. Abbiamo assistito con soddisfazione a due esemplari guarigioni: quella di Paola Binetti che non attrae più la morbosa attenzione dei media e quella di Francesco Rutelli che finalmente potrà svolgere il ruolo di mediazione che gli compete. Il centrismo ossessivo, ancorché democratico, non è cultura politica, è ideologia, come lo sono in politica tutte le vocazioni fideistiche. Non serve l’ideologia per conquistare l’elettore centrista, bisogna dimostrargli che una sinistra seria e moderna può rappresentare anche lui, meglio della destra.