La primavera delle parole

 

di Ilvo Diamanti

 

la Repubblica” del 2011

 

È cambiato profondamente il linguaggio degli italiani. Anche se a uno sguardo distratto la mappa che raffigura il nostro Lessico potrebbe suscitare un senso di "dejà vu". Il successo attribuito a Internet, ma soprattutto al Bene comune, alla Solidarietà, all'Energia pulita, alla Partecipazione… Il trionfo dei buoni sentimenti.

Che tutti dichiarano e pochi praticano. Una reazione comprensibile di fronte alla graduatoria delle parole elaborata da Demos-Coop in base alle opinioni di un campione rappresentativo della popolazione. Tuttavia, i "buoni sentimenti" non hanno goduto di grande popolarità, fino a poco tempo fa. Al contrario. Basti pensare, per primo, al "bene comune", divenuto il manifesto del cambiamento sociale, annunciato dai referendum (anzitutto, sull'acqua pubblica). Ieri: era una formula indicibile per chi volesse avere successo. Il "bene" lo si faceva senza, però, dichiararlo. Tanto più se "comune". Attinente, cioè, alla sfera pubblica e comunitaria. Perché prevalevano altri riferimenti: l'individualismo, la furbizia, il cesarismo, il localismo. L'amorale pubblica e il cinismo, d'altra parte, sovrastavano largamente la morale e il civismo, tra i valori della società. Dove l'anestetica - l'indifferenza - occupava un posto più importante dell'etica. Parola, quest'ultima, anch'essa impopolare.

Il Lessico degli italiani compilato nell'estate 2011 rivela che questo clima culturale è cambiato. Insieme al linguaggio. E che il Bene comune, oggi, non occorre più farlo di nascosto. Come la Solidarietà. Pratiche diffuse, da tempo, nel nostro Paese, come dimostra la fitta rete di associazioni volontarie e la crescente propensione al consumo critico e consapevole. Oggi, invece, sono divenute parole di successo. Che "conviene" pronunciare - e vengono pronunciate - in pubblico e nella vita quotidiana. Come, peraltro, Unità nazionale. Anch'essa elusa, fino all'anno scorso. Lasciando spazio alla retorica della "divisione". Simboleggiata dalla Padania. Ebbene, oggi l'Unità nazionale - trascinata dalle celebrazioni del 150enario - è fra i termini In. Mentre la Padania sta nel gruppo delle parole marginali. Considerate, dagli intervistati, scarsamente attraenti e, ancor più, senza futuro. Come i Partiti (una costante di lungo periodo, in Italia), le Veline. E Berlusconi. Naturalmente, anche in questo caso occorre prudenza, nel valutare l'importanza delle Parole. È, infatti, probabile che molti italiani continuino a seguire le Veline - su Striscia e in altre trasmissioni televisive. Che continuino a guardare Berlusconi con indulgenza - e un po' di invidia. Sotto sotto. Senza confessarlo. Appunto. Mentre prima lo facevano apertamente. Senza vergogna né timidezza. Nell'ultimo anno, dunque, è cambiata, la gerarchia delle "parole da dire" nel discorso pubblico e nei rapporti con gli altri. Berlusconi, in particolare, è sceso in fondo, ai margini del linguaggio. Ultima anche fra le parole "impopolari". Che conviene non pronunciare se non in contesti amici. Sorte comune ad altri termini di largo uso, fino a poco tempo fa. L'Apparire, l'Individualismo, la Furbizia. Perfino il Federalismo: l'anno scorso parola "emergente" e con un grande futuro davanti.

Consumato in pochi mesi. Mentre il "Leader forte", simbolo della "democrazia del pubblico" (per citare Bernard Manin) è finito nel mucchio delle "parole comuni". Condivise e contese. Che non caratterizzano la nostra epoca.

Insomma, sta declinando il linguaggio dominante al tempo del berlusconismo e del leghismo. Con una sola "parola" (coniata da Edmondo Berselli, un virtuoso della disciplina): del forza-leghismo. Al contempo, si assiste alla diffusione di un lessico "mite", punteggiato di termini che evocano la qualità della vita e dell'ambiente, l'impegno per gli altri. Il riconoscimento delle competenze piuttosto che delle appartenenze di casta (Merito). Un lessico che rende palese la "domanda di cambiamento", espressa attraverso le generazioni (Giovani) e il genere (Quote rosa).

È interessante, peraltro, osservare come il linguaggio riproduca fedelmente le tendenze in atto nella comunicazione sociale. Per prima, l'ascesa irresistibile della Rete e il parallelo declino della Televisione. Ma il lessico degli italiani rende esplicita anche l'ambivalenza di alcuni sentimenti.

 

L'atteggiamento verso l'economia, ad esempio, fa coesistere la Crescita e la Decrescita. Cioè, il sostegno allo sviluppo economico e finanziario. Ma anche la sobrietà nei consumi, il risparmio energetico e delle risorse (ambientali e territoriali). La domanda, cioè, di allargare il PIL insieme al BIL (dove il Benessere sostituisce il Prodotto). Anche l'alternativa fra Pubblico e Privato resta confusa. Perché il Privato ha deluso, ma il Pubblico continua a non soddisfare. E l'Immigrazione resta sospesa. A metà fra l'oggettiva necessità di integrazione e le paure suscitate dai flussi che premono ai confini. Spinti da emergenze economiche e, ancor più, dalle rivolte e dalle guerre.

Tra gli attori istituzionali, spicca la posizione periferica della Chiesa. Soprattutto in rapporto al futuro. Segno di una certa perdita di rilievo, tra le bussole etiche e sociali della società. D'altro canto, si conferma l'importanza assunta dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Riferimento unitario e trasversale. Simmetrico rispetto alla posizione di Berlusconi. Marginale e di frattura.

Sono, peraltro, evidenti, alcune divisioni, marcate, soprattutto, dall'orientamento politico. Riguardano, in particolare, le parole e i temi della bioetica. Il Testamento biologico, ad esempio, suscita un atteggiamento positivo in larghi settori della popolazione. Ma specialmente fra gli elettori centrosinistra. I Matrimoni gay, invece, provocano un disagio "mediamente" ampio, ma ottengono un'adesione molto convinta nei settori di sinistra radicale.

Nel complesso, le principali parole in declino (Padania, Berlusconi, Veline…) si posizionano nello spazio politico di destra. Mentre quelle che hanno conquistato popolarità (Partecipazione, Bene comune, Partecipazione…) sono proiettate a sinistra e a centro-sinistra.

Ciò, tuttavia, non significa che gli attori politici di centrosinistra siano "destinati" ad affermarsi, "trainati" dal linguaggio e dai valori diffusi fra i loro elettori. Lo abbiamo detto altre volte e lo ripetiamo. Le parole hanno bisogno di attori capaci di "dirle", di tradurle in scelte e comportamenti. Coerenti e credibili. In modo nuovo e diverso dal passato.

Le parole, prive di contenuto, rischiano, altrimenti, di perdere significato. E di perdersi, a loro volta. Lasciandoci sperduti.

Senza parole.