AL FORUM DI ALBANO, IL TEOLOGO MANCUSO SVELA LE “RADICI” DEL PREGIUDIZIO CRISTIANO SUI GAY

 

Valerio Gigante
 

ADISTA n° 14 del 14 aprile

 

36621. ALBANO LAZIALE (RM)-ADISTA(dall’inviato) Concretamente, i lavori del Forum di Albano (v. notizia precedente) si sono articolati attraverso due laboratori interpersonali per uomini e donne (il venerdì), due workshop di discussione tematici (il sabato), momenti di preghiera comunitaria, uno stand librario e un incontro-dibattito, svoltosi il sabato mattina, che è stato senz’altro il momento clou della tre giorni. A tenere un’ampia e appassionata relazione, come ampio ed appassionato è stato il dibattito che è seguito, era infatti Vito Mancuso, teologo, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, editorialista del quotidiano la Repubblica, autore di numerosi libri, tra cui Io e Dio, una guida dei perplessi (Garzanti, 2011). Era la prima volta che Mancuso si confrontava sul complesso tema dell’omosessualità. Ha confessato di aver inizialmente fatto alcune resistenze ad accettare l’invito degli organizzatori del Forum. Non per mancanza di attenzione verso l’argomento, ma per “difetto di competenza”. Poi, spinto dal desiderio di incontrare una realtà così vivace ed in fermento, ha deciso di accettare. E la sua è stata una relazione appassionata, non tanto e non solo per i contenuti, quanto per l’atteggiamento di disponibilità e di ascolto, di apertura e di condivisione che Mancuso ha mostrato, intrattenendosi a lungo a discutere i passaggi del suo intervento e rispondere alle domande ed alle sollecitazioni poste dall’assemblea. Ad ascoltarlo, anche padre Michele Grieco, superiore provinciale dei padri somaschi e responsabile della casa di Albano, che per la seconda volta hanno ospitato il Forum.

Mancuso è partito dall’analisi delle due obiezioni che spesso vengono mosse contro l’omosessualità dalla Chiesa cattolica: quella in nome della “natura” e quella  in nome della Bibbia. «La prima è preminente in ambito cattolico. La seconda in ambito protestante».

Alla prima il teologo ha risposto partendo dal significato profondo del termine primavera e dalla sua connessione con il termine verità: «In latino primavera si dice ver, genitivo veris, ver/veris; è la medesima radice da cui viene l’aggettivo verus-vera-verum, da cui viene l’avverbio vere e il sostantivo veritas/veritatis. Questa stretta connessione primordiale tra verità e primavera fa comprendere che verità è ciò che fa fiorire la vita, ciò che consente alla vita di passare dal gelo dell’inverno al tepore primaverile da cui sorge la vita. Verità=vita, verità=logica della vita, verità=primavera». Per questa ragione, «la “legge naturale” non è tale nel senso di quella che i greci chiamavano nomos (norma), piuttosto nel senso di logos (logica). Perché il nomos è una legge che ti imprigiona, che ti incatena alla necessità naturale, il logos è una legge dinamica, che ti pone all’interno della processualità della vita e che ti trasforma, che fa scoppiare dentro di te la primavera, facendo cioè fiorire i legami, che sono la dimensione costitutiva dell’essere». Perché in definitiva, spiega Mancuso, «la vita non è solo bios, vita biologica; è soprattutto noùs, intelletto e spirito; e quindi libertà»: infatti, «se è vero che siamo “determinati” dalla nostra biologia, non lo siamo al punto tale da esserne anche “necessitati”». E poi, ha aggiunto «l’omosessualità c’è sempre stata e sempre ci sarà negli esseri viventi». «Esiste una fisiologia, ma esiste anche una variante rispetto a tale fisiologia». E non si può non tenerne conto.

Diverso il discorso per le basi bibliche della condanna dell’omosessualità. Mancuso cita diversi passi che condannano esplicitamente, e senza appello, la pratica omosessuale. Ne cita però anche altri che consentono la schiavitù (Lv 25,44), vietano di toccare una donna con le mestruazioni (Lv 15,19-24), considerano un abominio mangiare crostacei (Lv 11,10), dettano regole vincolanti per il taglio dei capelli (Lv 19,27), impediscono di piantare più specie di ortaggi nello stesso campo (Lv 19,19). Ma se per quelle contenute nell’Antico Testamento si può agevolmente concludere che si tratti di disposizioni superate dalla predicazione di Gesù, cosa dire – si chiede Mancuso – dei passi del Nuovo Testamento, specie quelli di s. Paolo, in cui inequivocabile resta la condanna della pratica omosessuale? «Il punto – spiega – è che occorre superare la lettera della Scrittura. È lo stesso San Paolo che dice: “La lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” (2Cor 3,6) – e che questa lettera biblica abbia ucciso e purtroppo continui ad uccidere a volte non solo moralmente ma anche fisicamente è un dato di fatto. La Bibbia non “è” la parola di Dio, la Bibbia “contiene” la parola di Dio». Così, «nella misura in cui tu ti poni di fronte alla Scrittura e fai scaturire da questa Scrittura, da alcuni passi – non da tutti perché alcuni sono irrecuperabili – ma da alcuni passi fai fiorire questa logica/logos della vita che fiorisce e che vuole relazioni armoniose, che vuole l’amore, allora tu fai sì che dalla Scrittura scaturisca la parola di Dio, da intendersi come relazione, relazione armoniosa».