LA PROBABILITÀ DEI MONDI/1: SCOVATO DOPO 50 ANNI IL BOSONE DI HIGGS
 

La particella di Dio
 

   Mauro Pedrazzoli

 

"il foglio - mensile di alcuni cristiani torinesi" n° 394 - 9/2012

 

«Io sono atea, ma dato che il bosone di Higgs è ciò che sta alla base di tutto quel che esiste, lo chiamerei direttamente Dio», ha scritto Margherita Hack («Donna Moderna» 25 luglio, p. 111). Ha destato scalpore il 4 Luglio scorso la presentazione in mondovisione dal CERN di Ginevra dei dati che sembrano confermare l’avvenuto avvistamento del bosone di Higgs, più conosciuto come «particella di Dio»: così denominata al fine d’enfatizzarne l’importanza cruciale nella Teoria-standard per l’esistenza stessa del mondo con le sue masse, ossia per l’origine della materia che ci circonda.

 

Il tassello mancante per esistere

 

I bosoni sono dei «veicoli» di tele-trasporto (l’unico esistente per ora): dal fisico indiano Bose, sono particelle che trasferiscono le forze a distanza o le convogliano, come il fotone-onda della luce che trasmette sia i raggi del Sole che i segnali-radio, anche inter-stellari. Relativamente alle due sonde Voyager, sta per essere reciso il cordone ombelicale della grande antenna parabolica di 3,7 m. di diametro perennemente orientata verso la madre terra in un ultimo abbraccio radio-bosonico di congedo cosmico, per intraprendere la siderale cavalcata nell’infinitamente grande che li porterà, grazie alla massa sia inerziale che gravitazionale conferitagli proprio dalla particella di Dio, nei pressi delle due stelle più vicine al Sole: una navicella su Proxima Centauri e l’altra su Sirio, rispettivamente fra circa 60.000 e 100.000 anni! (la bosonica luce solare ce ne mette appena 4,3 e 8).

Ma «sedendo» sull’amata terra e «mirando» oltre la siepe del mondo macroscopico dei tavoli e delle sedie, che «il guardo esclude» sull’infinitamente piccolo, i bosoni sono contraddistinti in particolare dallo spin intero: 1 per il fotone e il gluone, 2 per l’ipotetico gravitone (cfr più sotto), la cui rotazione specifica a mo’ di trottola mantiene le loro caratteristiche dinamiche. Essi sono sempre in moto a trasportare energia, a convogliarla o a trattenerla, liberal, perennemente al lavoro per trasmettere, mediare ed aggregare: la fonte del mutamento e del divenire. Sono radiazioni, non materia.

Invece le particelle che costituiscono i corpi, quelle della struttura materiale, vengono chiamate fermioni in onore di Enrico Fermi: sono stabili e conservatrici, non irradiano e non tele-trasportano alcuna forza a distanza, se non se stesse, ma spinte in tal caso da una fonte di energia esterna. Infatti la forza del Sole, oltre ai raggi bosonici, spara dalla sua corona il «vento solare» (costituito da fermioni carichi come protoni ed elettroni) in tutta la sfera d’influenza della nostra stella, a cominciare dai disturbi alle telecomunicazioni terrestri. Tale eliosfera si estende ben 4 volte oltre Nettuno-Plutone sino a circa 18 miliardi di km di raggio, ove adesso, in punti quasi diametralmente opposti, i due Voyager stanno valicando tali confini radiali dell’eliopausa (le colonne d’Ercole dove cessa il vento solare) nei leopardiani «interminati spazi e sovrumani silenzi» parzialmente alleviati solo da una trasmittente di 20 watt (la potenza di una lampadina!) che li collega ancora (per poco) con noi. Quale garanzia di persistenza e continuità, i fermioni sono contraddistinti dallo spin semintero (1/2, 3/2, 5/2), la cui specifica rotazione magnetica (da + ½ a – ½) lascia il sistema fisico invariato nelle sue proprietà. Stiamo parlando di protoni, quark ed elettroni, che grazie a (la particella di) Dio non spariscono né decadono frantumandosi, mentre invece i «precari» bosoni (ad es. il fotone-onda della luce), quando esauriscono il combustibile energetico (o si stacca la spina), svaniscono di brutto azzerandosi di colpo: la luce si spegne e sparisce ma non la fermionica lampadina!

Tutta la materia conosciuta, noi compresi (che per fortuna non rischiamo di svanire nel nulla), è fatta in ultima analisi di «immortali» quark ed elettroni, poiché i protoni e neutroni non sono particelle elementari, bensì composte ciascuna da tre quark. Esse tuttavia, prima di interagire con l’Higgs, sono solo virtuali, prive di massa, non ancora realmente esistenti. A questo punto entra in gioco il campo di Higgs generato dall’omonimo bosone, dalla sbalorditiva massa-energia di 125,3 giga-elettronvolt, stanato solo dai recentissimi acceleratori (era l’ultimo ma decisivo tassello mancante per spiegare come si è formato il mondo). Rispondendo alla classica obiezione se valga la pena spendere tutti quei soldi, facciamo notare che certe tecniche di restauro dei beni artistici, l’Adroterapia (contro i tumori), la MEG (Magnetoencefalografia), la PET (che non spara più i normali raggi come la vecchia e gloriosa TAC, bensì «positroni» non esistenti in natura) e la Risonanza Magnetica (che sfrutta la risonanza degli spin, in inglese «giro vorticoso») sono il frutto diretto e la ricaduta salutifera dei vecchi acceleratori, mentre dai nuovi sta per nascere un incrocio fra la PET e la Risonanza Magnetica con i vantaggi e benefici di entrambe. Quanto vale poi il fatto che il WEB sia stato inventato proprio al CERN?

 

Il mago con la sfera di cristallo

 

Con una doppia immagine, come due fotogrammi sovrapposti o allineati (1° esempio in termini più corpuscolari), possiamo paragonare il bosone di Higgs ad un mago (sit venia verbo) sulla spiaggia, con un discreto numero di bambini che in ordine sparso si stanno divertendo in acqua sui pedalò, unitamente a dei vetrini infinitamente piccoli dispersi ovunque sulla sabbia. Attratti dai giochi di prestigio, i bambini si precipitano a riva su ondate convergenti e si accalcano attorno al mago coagulandosi in un unico agglomerato massivo; analogamente è come se i vetrioli si compattassero tra le mani del mago in una massiccia palla-biglia-sferetta di cristallo, l’equivalente di una nostra particella fermionica ormai stabilizzata e raccolta nella sua massa. È l’azione coagulante dell’Higgs.

Ma nell’universo iniziale le particelle erano puramente virtuali poiché ancor prive di massa. Ora il campo di Higgs (2° esempio in termini più ondulatori) è come un fluido viscoso che pervade l’universo: se la misera potenza di una lampadina è in grado di inviarci dei segnali-radio che hanno la forza di durare e viaggiare imperterriti per circa 17 ore [il tempo impiegato per raggiungerci; in 35 lunghi anni le due sonde Voyager hanno percorso il tragitto che fa la luce in sole 17 ore!], figuriamoci l’estensione dell’elevata energia dell’Higgs. Tale fluido oppone resistenza, frena e coagula le particelle, le quali così acquistano massa e peso. È l’azione frenante dell’Higgs. Infatti i bosonici fotoni (ma anche i gluoni e gravitoni: cfr il paragrafo seguente) hanno massa 0 proprio perché non incontrano nessun freno e resistenza in tale campo: la luce è energia, radiazione pura, senza massa materiale e con una velocità stratosferica rispetto alle nostre sonde-lumache (che comunque viaggiano a circa 70.000 km all’ora), perché l’Higgs la lascia libera di volare senza freni di massa zavorrante.

Sono bosoni anche i gluoni (dall’inglese glue, colla), i quali mediano l’interazione nucleare forte a corto raggio che tiene uniti protoni, neutroni e quark nei nuclei atomici (non li schiodano neanche le cannonate): costituiscono appunto la colla della materia. Essi si legano poi a due a due formando l’ipotizzato «gravitone», un altro bosone «veicolo» di tele-trasporto che dovrebbe trasmettere a lungo raggio la forza di gravità espandendosi nello spazio tramite le onde gravitazionali (il solito complementare dualismo onda-corpuscolo, molto indigesto per il senso comune). Tali onde incresperebbero lo spazio-tempo creando così i campi a curvatura variabile della gravitazione universale: dalla colla nucleare alla colla planetaria e galattica, senza le quali non esisterebbero i corpi, dagli atomi ai super-ammassi di galassie.

 

Un probabilistico Intelligent Design

 

Se la creazione biblica, oltre ad essere un’offerta di senso (dato sul quale tutti concordiamo), ha a che fare anche con «la predisposizione dell’architettura originaria» (come io ritengo), allora Dio c’entra col bosone di Higgs; ma non vi entra «a mezza strada» perché nella natura a noi più vicina si manifesterebbe il divino (i cieli non cantano più la gloria di Dio), bensì c’entra poiché ha a che fare con l’originario, che è molto di più del semplice inizio: è di un’importanza epocale che, fra le tante particelle che compongono l’universo, ce ne sia una capace di tenere insieme le altre! C’entra perché a nostro parere Dio ha deciso l’ontologia primaria e le sue leggi tipiche, di cui l’Higgs fa parte; la particella di Dio fa pervenire all’esistenza le particelle materiali, un compito creativo tipicamente divino, che ne giustifica il mantenimento del nome. Il modello standard aveva bisogno dell’Higgs per definire come si crea tutto quel che vediamo: le implicazioni filosofiche-teologiche sono evidenti, poiché si tratta di spiegare com’è nato il mondo.

Dio avrebbe quindi optato per una specifica ontologia primitiva, con le sue colle e «trottole» diversificate: ci ha donato uno spazio-tempo al cui interno si sviluppa l’azione coagulante e frenante dell’Higgs, con uno stato iniziale a bassa entropia (la quale, sulla base del 2° principio, può solo aumentare e mai diminuire nel suo «disordine»), cioè ordinato, informatizzato, basato sui principi di conservazione e regolato dalle invarianze e costanti universali. Solo una super-intelligenza poteva ideare la super-particella regina (non precaria) che da una parte desse origine alle particelle della stabilità-continuità (fermi-oni anche in questo senso), e dall’altra regolasse quelle dei mutamenti e trasferimenti (i funambolici ma precari bosoni).

Un lettore-abbonato di Roma ci ha scritto dicendo d’esser molto interessato alla prosecuzione dei temi sull’evoluzione (teodicea, darwinismo, creazione…). Stiamo appunto riprendendo tali tematiche, ma è necessario cominciare ad usare nozioni probabilistiche; sulla base di una rappresentazione probabilistica di un mondo in fieri Dio ci ha pensato, desiderato ed amato. Non poteva prevedere il quando e il dove l’uomo sarebbe comparso (come noi alle prese coi terremoti), ma solo la probabilità/tipicità del suo accadere, donique ad extremum crescendi perfica finem / omnia perduxit Rerum Natura creatrix (Lucrezio, Libro II, v. 1116s); fino a quando la natura creatrice non avesse condotto ogni cosa, perfezionandola, all’estremo confine del crescere.

Certo Dio ha corso dei rischi, fortemente limitati tuttavia dalle leggi fisiche, dalle regolarità chimiche e dalle tipicità delle storie biologiche. Dio avrebbe calibrato l’informazione primigenia e predisposto l’architettura dei substrati (come l’Higgs) in modo da avere dei prodotti e delle storie possibili, intorno al 50% almeno. Esse sono sì contingenti ed a volte aleatorie ma, grazie a composti sempre più complessi e informatizzati, risultano nondimeno «tipiche»; non causalmente deterministiche e quindi non predicibili, ma probabili e prevedibili in senso statistico. La probabilità non lascia le possibilità nel vago, ma dà loro un peso in percentuale.

Concludendo, Dio nella sua somma intelligenza avrebbe scelto 1) l’ontologia primaria (fra cui le due categorie differenziate di particelle-trottole: bosoni e fermioni, radiazione e materia), 2) le leggi fisiche e biochimiche sulla cui base ha previsto e desiderato 3) la tipicità delle storie, in particolare quelle animali e umane.

(continua)