L’annus horribilis del cardinal Bertone

 

di Marco Politi

 

Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2012
 

Non è una buona stagione per il Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone. Alla ripresa autunnale una manina fece pervenire alla stampa una lettera minacciosa contro il più stretto collaboratore di Benedetto XVI. Il “corvo” lanciava maledizioni di morte, citando cripticamente le profezie malauguranti di don Bosco contro casa Savoia. Cinque mesi dopo Bertone è trascinato di peso nello scandalo della rimozione del segretario generale del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, Carlo Maria Viganò, spedito d’urgenza a Washington come nunzio l’ottobre scorso.

Il giornalista Gian Luigi Nuzzi ha portato alla luce una serie di drammatici messaggi a papa Ratzinger in cui il prelato denuncia la
corruzione imperante negli appalti del Governatorato. Sono lettere impressionanti per la crudezza con cui Viganò esprime al pontefice la sua denuncia. Quando già il prelato sente montare intorno a sé l’atmosfera di ostilità nei confronti delle sue azioni di bonifica – arrivato al Governatorato trova un deficit di otto milioni di euro, un anno dopo il bilancio è in attivo di trentaquattro milioni di euro – egli scrive allarmato a Benedetto XVI: “Un mio trasferimento provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione…”. La sua battaglia, com’è noto, si conclude con una sconfitta e il suo allontanamento da Roma.

Ma rispetto alla documentazione esibita da Nuzzi l’attenzione ora si rivolge verso il Segretario di Stato.
Perché ha cacciato il prelato anti-corruzione? A scavare, torna alla memoria il fatto che la goffa lettera del “corvo”, fatta circolare a fine agosto, denunciasse seppur rozzamente proprio l’imminente trasferimento di Viganò e accusasse Bertone di non sapere gestire la macchina curiale e di fare le sue scelte solamente in base alle sue simpatie personali.

Nel frattempo si è srotolata sotto gli occhi di tutti la storia miserevole del
San Raffaele. È stato Bertone a volere precipitosamente l’ingresso dello Ior nel progetto di “salvataggio” dell’ospedale di don Verzè con l’intento di creare addirittura un polo ospedaliero cattolico, che avrebbe dovuto riunire il San Raffaele, il Gemelli e l’ospedale di padre Pio. Il sogno avventato si è sbriciolato poi giorno per giorno dinanzi alla scoperta non solo della situazione catastrofica dei bilanci del San Raffaele, ma degli affari opachi di Verzè, del sistema di tangenti messo in piedi da lui, delle maniere gangsteristiche con cui il prete-manager procedeva contro i suoi avversari.

Mai morte è caduta al momento più opportuno. La scomparsa di Verzè ha salvato Bertone dall’assistere – una volta coinvolto nella cordata per acquisire il San Raffaele – alle scoperte penose di un pozzo nero senza fondo. Ma già prima che Verzè fosse colpito da infarto, da più parti erano venute pressioni su Benedetto XVI perché lo
Ior uscisse il più presto possibile dall’avventura in cui Bertone lo aveva cacciato. D’altronde anche per quanto riguarda la bonifica dei conti correnti dell’Istituto per le opere di religione, per decenni concessi a persone che non avrebbero avuto diritto, molti si chiedono in Vaticano se Bertone appoggi veramente sino in fondo il presidente Gotti Tedeschi, che vorrebbe portare la banca vaticana totalmente a stardard di normalità internazionali.

No, non è un periodo felice per il Segretario di Stato giunto al massimo del suo potere. Al punto da avere emanato una circolare che costringe qualsiasi organismo curiale a rivolgersi a lui, quando si vuole comunicare con il pontefice. Al massimo di potere corrisponde un crescente disagio nei ranghi della Curia. Il Segretario di Stato è responsabile delle ultime
nomine cardinalizie, segnate da un’impressionante infornata di nomi italiani e curiali che ha provocato proteste in tutto il mondo cattolico. E ancora: secondo la Procura dell’Aquila, dietro una onlus sponsorizzata dalla Curia del capoluogo e dal vescovo ausiliare Giovanni D’Ercole (indagato per favoreggiamento) c’era una truffa. Una truffa per mettere le mani su una parte dei 12 milioni di euro di fondi pubblici destinati ai danni del sisma. Coinvolto l’allora sottosegretario Carlo Giovanardi (Pdl).