In memoria di padre Claudio Guidotti

 

La notizia della morte di padre Claudio Guidotti ci addolora moltissimo. Sapevamo delle sue pessime condizioni di salute che lo avevano costretto addirittura a lasciare il chierese e tornare nella sua terra d’origine, le Marche, presso la congregazione ma anche vicino ai suoi familiari. Senz’altro a lui, uomo libero e autonomo, sarà costato molto, almeno quanto la sofferenza provocata dalla malattia, che lo aveva reso non più autosufficiente. Infatti, lasciata la sede di S. Filippo a Chieri, si era trasferito, ormai da molti anni, a Montaldo, in una casa di campagna fuori paese, dove viveva in modo sobrio, ma indipendente (anche con tutte le fatiche che tale scelta comportava!) in mezzo alla natura che tanto amava.

Claudio approdò alla nostra Comunità Cristiana di base circa vent’anni fa, dopo un incontro pubblico che avevamo organizzato presso la biblioteca di Chieri, quando ancora era rettore della chiesa dei Salvatoriani. Per strade diverse avevamo maturato opinioni, scelte e giudizi simili su molti temi teologici ed ecclesiali. Iniziammo a confrontarci con la lettura del libro di Isaia, cui Claudio era legato e sul quale la comunità in quel momento stava riflettendo; fin dall’inizio il confronto è avvenuto su un piano paritario, con lo sforzo da parte di ognuna/ognuno di ascoltare, accogliere e rispettare le idee ed i contributi di tutti.

Si rivelò subito un uomo profondamente libero e per niente clericale, cosa che lo rendeva immediatamente simpatico alla gente che si trovava ai margini della chiesa istituzione. Apprezzammo la sua capacità critica di leggere esperienze e travagli della sua vita personale e di religioso, di mettere al vaglio comportamenti e modelli residui del passato e di un’istituzione sclerotizzata. La sua sete di conoscere, la voglia di capire, di ricercare, di mettere in discussione anche certezze appartenenti alla sfera del “sacro” lo hanno mosso allora e lo hanno sempre mantenuto in cammino.  

I suoi studi sul ministero gli avevano chiarito che anche un prete dovrebbe guadagnarsi da vivere con il lavoro, questo l’aveva portato ad imparare il mestiere di corniciaio che svolgeva con abilità e che aveva incrementato andando a vivere in collina. Questa attività, così come il contatto con il quotidiano (farsi da mangiare, badare alla casa e all’orto…) gli avevano fatto vivere direttamente sulla propria pelle un pezzo dello slogan che ha caratterizzato le Comunità di base: “fede, politica e vita quotidiana”. Il problema più grande lo aveva verso la politica, dove lamentava di non possedere strumenti di analisi sufficienti, nonostante la sua notevole cultura e volentieri attingeva alle esperienze dirette degli altri amici/amiche del gruppo (operai, sindacalisti, operatori sanitari, insegnanti, ecc…).

Claudio aveva una profonda sensibilità sociale, era stato solidale con le lotte operaie tessili del chierese: in una memorabile predica aveva ripreso duramente un industriale tessile locale, sempre in prima fila in chiesa ma poco cristiano con i suoi operai. Per alcuni anni prestò servizio a Moncucco in una comunità per malati mentali dai quali, come diceva spesso, s’impara più che dai sani.

A Chieri è stata senz’altro una figura nota e nello stesso tempo scomoda, al di fuori dei tradizionali cliché di prete presenti in città.  Spesso prendeva posizioni progressiste sui temi teologici ed etici e  questo gli è costato senz’altro una certa solitudine, un isolamento, paradossalmente anche in momenti di “necessità” rispetto alle celebrazioni domenicali, per le quali ha sempre offerto la propria disponibilità, come ha fatto per anni alle Orfanelle di Chieri. Nonostante tutto ciò il suo amore per la Chiesa, a cui preferiva il concetto biblico più pregnante di “popolo di Dio”, è sempre stato cristallino. Per darsi nuove risposte Claudio aveva ampliato la sua cultura biblica e l’aveva nutrita di letture e di autori della moderna ricerca storico-critica che,  come ci raccontava, trasmetteva nelle sue omelie, con le attualizzazioni che ne conseguivano. Non si è mai sottratto ai commenti, alle richieste di chiarimenti, di discussione, anche alle contestazioni che gli arrivavano in sacrestia alla fine delle celebrazioni, anzi le considerava occasioni per parlare, approfondire, confrontarsi con le persone, senza opporre atteggiamenti di dogmatica superiorità.

Ancora negli ultimi anni, nella sua sete di capire, di andare alla fonte della Scrittura, si era messo a studiare l’ebraico. Sul tema del celibato dei preti poi aveva raccolto una serie di materiali, carezzando l’idea di farne una pubblicazione seria e documentata.

Oltre ad aver percorso con noi un pezzo di strada, Claudio ha dato vita e animato altri gruppi biblici, cosciente che il rinnovamento del cristianesimo passa attraverso le lettura della Parola e la riscoperta del Gesù storico. Siamo cresciuti assieme in questi tumultuosi anni, contaminandoci a vicenda sia nei nostri settimanali incontri biblici che nelle eucarestie, convinti che le differenze sono una ricchezza. Amava la buona tavola e il canto: fra le sue molteplici attività c’era anche un coro.

Vogliamo terminare questa testimonianza ricordandolo nei momenti conviviali della cena che segue le nostre eucarestie con quella sua rumorosa e libera allegria che comunicava amore per la vita.

 

Chi volesse recuperare i suoi contributi al nostro giornalino di comunità, può rileggere gli articoli firmati Ben Claude.

                                                                                                

Comunità cristiana di base di Chieri