La lettera pastorale del vescovo: Adottiamo una famiglia rom

 

di Maria Teresa Martinengo

 

 La Stampa” del 25 ottobre 2012

 

È una Lettera pastorale coraggiosa, la prima del genere per i vescovi italiani, quella che monsignor Cesare Nosiglia ha dedicato «ai Rom e ai Sinti che vivono con noi», ma anche ai rappresentanti delle istituzioni politiche e civili, alle comunità cristiane della diocesi. Un documento nel solco della «Camminare Insieme» del cardinale Pellegrino per coraggio e aderenza al Vangelo. «Non

stranieri ma concittadini e familiari di Dio», presentata ieri al Seminario Metropolitano, arriva dopo due anni di impegno da parte dell’arcivescovo con visite nei campi, di incontri con operatori e volontari, dopo l’avvio in Diocesi di un gruppo di lavoro. La Lettera chiede impegno per «dare pari diritti a un piccolo popolo con molti bambini» e per «superare la vergogna di campi più o meno autorizzati che sono al di sotto della soglia di vivibilità, in cui cresce la violenza e la delinquenza». Un impegno che l’arcivescovo rende concreto, a beneficio dei cristiani e in generale dei cittadini, con la parola «adozione»: adottare una famiglia rom o sinta «per accompagnarla nel cercare una casa, lavoro, sostenere la scuola dei bambini, curare la salute, condividere gioie e dolori».

Una sofferenza antica

«Conosco tanti di voi, vi ho visitato nei campi dove vivete. Ho nel cuore - scrive Nosiglia - gli occhi di tanti uomini, donne, bambini, ragazzi e nella mia preghiera trovate tutti posto. Conosco le vostre sofferenze, le umiliazioni, le difficoltà, ma anche i vostri sogni, le speranze, la fatica di raggiungere una vita migliore. So che sperate un futuro più bello per i vostri figli. Vorrei dirvi: abbiate fiducia! Abbiate fiducia nella possibilità di dare un’istruzione, una casa, un lavoro ai vostri figli! Abbiate fiducia di poter essere amici di noi non rom e non sinti, ma tutti figli dello stesso Dio. Siamo fratelli e sorelle».

Dignità e onestà

«Avere fiducia significa - prosegue l’Arcivescovo - non credere di risolvere i problemi della vita con la violenza o con la delinquenza e lillegalità», ma piuttosto affermare «la dignità dei vostri popoli con l’onore di una vita buona, rispettosa di voi stessi e degli altri. Il nostro futuro è vivere insieme, come una grande famiglia. In una famiglia si vive insieme ma nessuno è uguale ad un altro».

Per i poveri è sempre crisi «Comprendo le fatiche delle vostre responsabilità - dice poi Nosiglia rivolto ai rappresentanti delle istituzioni -, in particolare in questo tempo di crisi. Non dite che sono tempi difficili per tutti e non ci sono risorse, perché se oggi tanti sono più poveri per la crisi, in un certo senso i Rom e i Sinti sono in crisi da sempre: ultimi della catena, capro espiatorio da secoli».

Invito e richiamo

L’esortazione di monsignor Nosiglia è «ad offrire parità di diritti. Sento la vergogna - dice - di campi più o meno autorizzati che sono al di sotto della soglia di vivibilità, in cui cresce la violenza e la delinquenza. La ridotta aspettativa di vita dei Rom in un Paese longevo come il nostro la dice lunga sulla loro povertà». Ancora: «È doveroso assicurare alla giustizia coloro che delinquono, ma non possiamo accettare la generalizzazione che si compie ai danni di tutto un popolo, costituito prevalentemente da minori».

«Vivere insiem

Con la Lettera pastorale, Daniela Sirò (Comunità di SantEgidio) e don Fredo Olivero (Pastorale Migranti) hanno presentato un documento elaborato dal gruppo di lavoro su Rom e Sinti promosso dalla Diocesi con la partecipazione di Aizo, Gruppo Abele, Terra del Fuoco, che il vescovo ha inviato al prefetto, al sindaco, al Miur, alle Asl: un programma di lavoro concreto, che dovrebbe essere coordinato da una cabina di regia, in cui coinvolgere istituzioni e forze sociali che ha i suoi cardini in proposte per l’abitare, listruzione, l’accompagnamento al lavoro, la salute, la cultura.