Curia, amato e odiato: il bastone di Bertone e la carota di Bagnasco

 

di Marco Politi

 

il Fatto Quotidiano” del 23 maggio 2013

 

Se, come dice papa Francesco, il prete-pastore deve avere l’odore delle sue pecore, Andrea Gallo l’odore ce lo aveva. E forte. In questo senso ha prefigurato il tipo di prete quale dovrebbero essere nell’era del pontefice argentino. Tutt’uno con la massa dei fedeli, impregnato dell’esistenza dei più marginali, intriso di quel sano ottimismo che viene dal Vangelo. Non un castrato angelicato, ma un consolatore che conosce carne, sangue e ossa dei suoi parrocchiani. Sigaro in bocca, col bacchetto in testa, tra pugni chiusi e bandiere rosse, Gallo è sempre stato molto croce e poco delizia per i suoi superiori. Diciamo che è stato sempre un tollerato nella Chiesa italiana.

 

Con il cardinale Siri, arcivescovo di Genova fino al 1987, i rapporti erano pessimi. Il cardinale, critico del Concilio che secondo lui faceva “deragliarela Chiesa, mandava spioni alle prediche del giovane prete e lo punì con un paio di trasferimenti. Anche il cardinale Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova dal 2002 e al 2006, fresco di Sant’Uffizio, non nascose la sua viva antipatia per quel prete di strada. Quando nel 2003 don Gallo presentò con don Vitaliano Sala le storie deiPreti contro” di Corrado Zunino, Bertone lo bollò come appartenente ai “sacerdoti delegittimati da tempo per i loro atteggiamenti anti-evangelici e anti-ecclesiali”. Nel 2005, quando Gallò critiil sabotaggio della Chiesa contro il referendum sulla procreazione assistita, rivendicando con mille preti e laici cattolici la libertà di voto, Bertone lo fece minacciare dal suo vicario generale. Se non avesse smentito e “rettificato pubblicamente”, sarebbero stato colpito da sanzioni ecclesiastiche.

Non se ne fece nulla. E il “prete del porto” ha continuato il suo cammino. Perché al fondo la Chiesa italiana ha sempre avuto bisogno di questi preti, battitori liberi del Vangelo, proprio per non perdere il contatto con la gran massa dei fedeli. Credenti, che da tempo sono oltre le sclerosi dottrinarie e non a caso hanno respirato di sollievo quando con il nuovo pontefice, si sono sentite risuonare le parole misericordia” e tenerezza”. Si spiega co linsofferenza più controllata manifestata nei suoi confronti da Tettamanzi e Bagnasco (venuti prima e dopo Bertone) e anche l’accettazione di sue critiche taglienti alla gerarchia. Al di là di qualche scappellotto a mezza bocca, i due porporati si sono arresi alla sua “fantasia del bene” (copyright Bagnasco). Persino quando assisteva prostitute o immigrate, costrette ad abortire. Solo Gasparri, pio credente in santa Ruby nipote di Mubarak, pretese un dì la scomunica contro quel prete fomentatore di illegalità e agitatore di folle”.

 

La gerarchia ecclesiastica per fortuna è stata più saggia. A parte frecciate velenose di Avvenire sul prete vanitoso”, banditore di idee squinternate e faziose”. Per molti nella Chiesa il ribelle di Genova è stato come una valvola di sicurezza. Parlasse dei funerali negati a Welby, di Englaro e del fine vita o del miracolo di un futuro papa gay, parlasse del matrimonio dei preti o delle donne sacerdote, Gallo si è mosso liberatorio, aprendo spazi di dibattito nellingessata Chiesa italiana. Spazi indispensabili per mantenere la fede vitale e ancorata al flusso della società contemporanea coi suoi nuovi problemi. Tanti parroci e più di un vescovo dietro le quinte sono stati contenti per anni che vi fosse qualcuno a dire ciò che a loro non era permesso e che ancora oggi si inibiscono di esprimere in pubblico.