Per un’ecologia mentale

di Ariel Álvarez Valdés*
 

ADISTA n° 12 del 30/3/2013

LO SCHIAFFO DEL FILOSOFO

2.300 anni fa, un filosofo greco chiamato Epicuro passeggiava per le strade di Atene ponendo agli ateniesi un inquietante e irrisolvibile dilemma, che ancora oggi continua a turbare le persone. Epicuro affermava: «Di fronte al male nel mondo, vi sono solo due possibili risposte: o Dio non può evitarlo o Dio non vuole evitarlo. Se non può, allora non è onnipotente, e non ci è utile come Dio. Se non vuole, allora è malvagio, e non ci conviene come Dio». Entrambe le risposte facevano a pezzi l’immagine della divinità.

Attualmente, di fronte alle disgrazie che scuotono permanentemente la nostra società, specialmente quelle vincolate alla natura - tsunami, terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche - che distruggono intere città e provocano la perdita di migliaia di vite, il dilemma di Epicuro continua a risuonare come uno schiaffo alla fede di milioni di credenti, i quali continuano a chiedersi come sia possibile che un Dio amorevole e provvido possa permettere tali avversità nella vita degli esseri umani, senza decidersi a intervenire né ad aiutare.

Epicuro, con il suo dilemma, non pretendeva negare l’esistenza della divinità. Richiamava solo l’attenzione sulla misteriosa presenza del male nel mondo, come cane feroce che fa la posta acquattato nelle curve del percorso della vita umana. Tuttavia, le sue parole hanno condotto molte persone all’ateismo. E in effetti avrebbero dovuto far perdere la fede a tutti, dal momento che risulta inammissibile che Dio, potendo evitare le calamità che avvengono, non riesca a farlo o non voglia farlo.

 

UN DIO MALEFICO

È possibile risolvere il bimillenario dilemma di Epicuro? Chiaro che sì. A tal fine, dobbiamo evitare la tentazione di attribuire a Dio il male che ci circonda. Qualcosa di assai difficile per i cristiani, dal momento che, quando guardiamo all’Antico Testamento per quanto riguarda l’origine del male, la risposta che otteniamo è sorprendente e persino terribile: è Dio che provoca tutti i mali che esistono. Sono innumerevoli, infatti, gli episodi in cui Yahvé, il Dio di Israele, appare nell’atto di punire gli esseri umani, terrorizzandoli, mandando loro catastrofi, peste, siccità e persino spingendoli a farsi la guerra.

Così, per esempio, egli ordina il diluvio universale che annienta quasi tutta l’umanità (Gn 6,7); distrugge la città di Sodoma, facendo piovere fuoco e zolfo (Gn 19,24); trasforma in statua di sale la moglie di Lot, colpevole solo di essersi guardata indietro (Gn 19,26); rende sterile Rachele, la seconda moglie di Giacobbe (Gn 30, 1-2); fa nascere balbuziente Mosè (Es 4,10-12); uccide i figli delle famiglie egizie (Es 12,13); provoca le sconfitte militari degli israeliti (Gs 7,2-15; Gc 2,14-15); fa morire il figlio del re David, perché suo padre aveva peccato (2 Sam 12,15); determina la dolorosa divisione politica del Regno di Israele, che tante conseguenze funeste avrebbe avuto per gli ebrei (1 Re 11,9-11); condanna alla cecità l’esercito degli aramei, quando attaccano la città di Dotan (2 Re 6,18-20).

 

MALI CHE PROVENGONO DAL CIELO

Dio, nella Bibbia, è il responsabile delle malattie e delle morti, come pure dei disastri della natura, che appaiono direttamente provocati dal suo potere infinito. Così, è Yahvé che invia i serpenti velenosi che mordono gli israeliti nel deserto (Nm 21,6); che provoca un terremoto perché muoiano tutti coloro che si erano sollevati contro Mosè (Nm 16,31-32); che punisce con la lebbra la sorella di Mosè (Dt 24,9); che manda la peste a Israele, a causa della quale muoiono 70.000 persone (2 Sam 24,15); che produce la siccità per tre anni in tutto il Paese (1 Re 17,1).

Nell’Antico Testamento, insomma, tutte le disgrazie, gli incidenti, le malattie e la stessa morte appaiono opera di Dio.

Tale convinzione si trova chiaramente espressa nel libro di Isaia, laddove Dio afferma: «Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo» (Is 45,7). E nel libro di Osea, laddove il profeta esclama: «Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà» (Os 6,1). Per questo il povero salmista recrimina amaramente: «Sono infelice e morente dall'infanzia, sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori. Sopra di me è passata la tua ira, i tuoi spaventi mi hanno annientato» (Sal 88,16-17).

 

NULLA CHE LUI NON VOGLIA

In questo modo, in quasi tutte le pagine dell’Antico Testamento si sente parlare dell’ira di Dio contro il suo popolo. Come Israele può aver concepito un’immagine così spaventosa del suo Dio? È facile comprenderlo. Quando è stato scritto l’Antico Testamento, le scienze non si erano ancora sviluppate. Non si conoscevano le leggi della natura, né le cause delle malattie, né l’origine dei fenomeni naturali. La psicologia era piuttosto elementare, e i concetti di libertà e di responsabilità umane erano molto poco elaborati.

Così, molti dei fenomeni che oggi definiamo naturali e che in quell’epoca non trovavano spiegazione venivano considerati soprannaturali e pertanto provenienti direttamente da Dio. Per questo, qualunque cosa avvenisse, buona o cattiva, bella o brutta, felice o drammatica, era opera di Dio. Un israelita non avrebbe mai potuto immaginare che in questo mondo potesse succedere qualcosa senza che Dio lo volesse o lo provocasse.  Egli era il signore di tutto e pertanto l’autore di tutto.

 

CHE NESSUNO RESTI INFERMO!

Quando Gesù di Nazareth iniziò la sua predicazione, la situazione non era cambiata molto. Le scienze erano ancora in una fase primitiva e si continuava ad ignorare le cause naturali dei fenomeni che accadevano. Ma Gesù comunicò un’idea mai sentita fino a quel momento, insegnando che Dio non provoca il male di nessuno, né dei giusti né dei peccatori. Che vuole solo il bene.

Per dimostrarlo, adottò una metodologia sommamente efficace. Iniziò a curare, nel nome di Dio, tutti gli infermi che gli venivano portati, annunciando in tal modo la buona notizia che le malattie non erano opera di Dio e che, se qualcuno si ammalava, non era con il suo permesso. Stesso atteggiamento assunse di fronte alla morte. Quando venivano a parlargli di qualcuno che stava morendo, non diceva mai di lasciarlo morire perché quella era la volontà di Dio. Al contrario, lo rianimava immediatamente, per mostrare come Dio non mandasse né volesse la morte.

Nei suoi insegnamenti trasmetteva questo stesso messaggio ai suoi ascoltatori. Un giorno i suoi discepoli videro un cieco dalla nascita e chiesero a Gesù: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?» (Gv 9,1-3). E Gesù spiegò loro che le malattie non sono mai un castigo per i peccati, né sono inviate da Dio. In un’altra occasione, a proposito delle 18 persone rimaste schiacciate dal crollo della torre di Siloe, chiarì che l’incidente non era stato voluto da Dio, né rappresentava un castigo per la presunta malvagità di queste persone, ma che tutti siamo esposti agli incidenti e che per questo dobbiamo essere pronti (Lc 13,4-5).

 

IL PASSERO CHE CADE

Gesù, pertanto, insegnò chiaramente che Dio non vuole né permette le malattie. E neppure provoca la morte, né gli incidenti, né causa direttamente i fenomeni della natura in cui tanti esseri umani perdono la vita. Che da Dio procede solo il bene che c’è nella vita, non il male, perché Dio ama profondamente l’essere umano e non può mandargli nulla che lo faccia soffrire (Gv 3,16-17).

Per quanto non abbia spiegato da dove vengono le disgrazie di questo mondo, Gesù ha lasciato ben chiaro da dove non vengono: da Dio. Tuttavia, c’è una frase nel Vangelo che ha creato confusione in molte persone. Parlando della fiducia in Dio, Gesù dichiara: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia» (Mt 10,29). Da qui molti hanno dedotto che, se un passero cade a terra (cioè soffre una qualche disgrazia o un incidente), è perché Dio lo ha permesso. Che se una persona vive una disgrazia è perché Dio lo ha consentito.

In realtà si tratta di una cattiva traduzione del testo biblico. Il passaggio dell’originale greco dice solo che neppure un passero cade a terra «senza il Padre», non «senza che lo permetta il Padre». Ma i traduttori della Bibbia pensarono che Matteo aveva dimenticato il verbo e decisero di aggiungerne uno loro, finendo così per attribuire a Dio le disgrazie. L’evangelista, però, dicendo che il passero non cade «senza il Padre», ha voluto dir questo: che non cade senza Dio al suo fianco, senza che Dio cada insieme a lui e lo accompagni. Ossia, che Dio è vicino a chi soffre, non che Dio abbia permesso la sua sofferenza.

 

QUANDO DIO MANDA MALATTIE E MORTE

Malgrado ciò, molti cristiani continuano a pensare come gli israeliti del passato, mantenendo radicata nel loro inconscio l’immagine di un Dio responsabile di tutti i mali della società. E per quanto Gesù ci abbia già spiegato che Dio non vuole il nostro dolore, vi sono ancora molti credenti che pensano che sia Dio a inviarci le sofferenze. È comune, per esempio, rendendo visita a un infermo, sentire gli amici dire, rispetto alla sua malattia: «Devi accettare ciò che Dio dispone», come se fosse stato Dio a disporre che si ammalasse. O, partecipando a un funerale, sentire la famosa frase di consolazione: «Bisogna accettare la volontà di Dio». Come può essere volontà di Dio che qualcuno muoia? Dio è un Dio della vita e non della morte, diceva Gesù (Mc 12,27). Dio manda la vita, in nessun caso la toglie. Già il libro della Sapienza dice espressamente: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi» (Sap 1,13). Come possiamo incolparlo della scomparsa di qualcuno quando, secondo i Vangeli, lo stesso Gesù, in nome di Dio, ha restituito la vita a persone che erano morte? Pensare che gli incidenti avvengano per la sua volontà è una mancanza di rispetto verso Dio e una grave offesa al suo amore e alla sua bontà.

 

PREME MA NON SOFFOCA?

Alcuni, per giustificare Dio, affermano che «Dio fa soffrire coloro che ama». Ma se ci ama perché ci fa soffrire? Altri spiegano devotamente: «Dio preme ma non soffoca». Ma perché Dio vuole premere, potendo fare le cose con amore e tenerezza?

Tale tortuosa mentalità ha condotto molti ad arrabbiarsi con questo Essere che, invece di rendere felici le persone, le riempie di disgrazie. E hanno ragione ad arrabbiarsi e ad allontanarsi. Chi ha voglia di pregare o di parlare a colui che gli ha mandato un terribile incidente o una malattia o che gli ha portato via una persona cara? Più che un Dio, questo è un mostro.

 

L’ORIGINE DEL MALE

Da dove vengono allora tante malattie e disgrazie impreviste? Assai spesso, dal cattivo uso della libertà umana. Siamo noi che contaminiamo l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo, gli alimenti che ingeriamo, la terra in cui viviamo, producendo in tal modo gravi scombussolamenti negli esseri umani, compresi i bambini in gestazione. Eppure la mentalità primitiva che ancora conserviamo, propria dell’Antico Testamento, ci porta ad attribuire la responsabilità a Dio.

Oggi sappiamo, per esempio, che circa 250.000 persone ogni anno muoiono a causa di malattie (come la malaria, il paludismo, la febbre tifoidea, il colera) provocate dalla contaminazione delle acque da parte dello stesso essere umano. Ma sicuramente le famiglie di molti di loro penseranno: «Dobbiamo accettare la volontà di Dio». (…).

 

STATISTICHE UMANE, COLPE DIVINE

Gli studi medici assicurano che il 75 % dei casi di cancro registrati nel mondo avrebbero potuto essere evitati in maniera semplice. E tuttavia molti moriranno chiedendosi: «Perché Dio mi ha mandato questo?». (…).

Nel mondo, migliaia di bambini nascono con malformazioni, cecità, handicap, a causa di problemi sociali come la denutrizione, l’alcolismo cronico dei genitori o la mancanza di vitamine. E migliaia di genitori si domanderanno: «Perché Dio lo ha voluto?».

La terra produce attualmente un 10% in più degli alimenti di cui ci sarebbe bisogno. Ma a causa dell’egoismo dei Paesi ricchi, della negligenza, della cattiva amministrazione e degli interessi meschini di alcuni governi, più di 500 milioni di persone soffrono di fame sul pianeta. E, naturalmente, non mancano quelli che dicono: «Come posso credere in Dio, quando tanta gente muore di fame?», come se Dio fosse responsabile dei nostri errori.

 

EDIFICI CHE FANNO AMMALARE

Ancora: recentemente un gruppo di specialisti si è occupato della cosiddetta “Sindrome dell’edificio infermo”, che colpisce milioni di persone. Perché in molti edifici si utilizzano materiali che rilasciano sostanze tossiche e cancerogene, senza avvertire la gente di questi pericoli. (…).

Le grandi inondazioni, che sembrano fenomeni capricciosi e incontrollabili, presentano anch’esse un certo grado di responsabilità umana. (…). E persino gli uragani e i cicloni, che devastano migliaia di vite, sono spesso provocati dall’irresponsabile comportamento degli esseri umani.

 

UN MONDO SENZA MALATTIE

L’umanità è riuscita a sconfiggere il vaiolo e la poliomielite. Quante altre malattie potrebbe essere eliminate o controllate se, invece di spendere denaro in armi, in bombe atomiche e in guerre, lo impiegassimo nella ricerca? (…).

Qualcuno penserà: ma Dio non ci ha creato mortali? Non è allora il responsabile della nostra morte? Siamo mortali, ma il “quando” lo fissiamo noi, con i nostri comportamenti di amore o odio, di responsabilità o di negligenza. Dio non ha fissato il giorno della nostra morte, come pensano alcuni. In essa interviene una serie di fattori tra i quali va segnalata la responsabilità umana. Per non averlo compreso, molti se la prendono con Dio, accusandolo delle proprie disgrazie, o lo bandiscono dalla propria vita. Dio vuole il bene, ama il bene e assiste quanti lavorano per il bene. E il nostro compito è collaborare con Dio perché vi sia sempre più bene intorno a noi, anziché rimproverargli l’esistenza del male. Rispondendo così a chi ci chiede se preghiamo Dio e cosa gli chiediamo: «Non chiedo nulla: poiché so che dà sempre il meglio, semplicemente gli chiedo in cosa posso aiutarlo».

*il biblista argentino Ariel Álvarez Valdés (tra l’altro membro dell’Associazione Biblica Italiana e di quella spagnola), costretto nel 2010 a lasciare il sacerdozio per potersi «dedicare alla Bibbia e insegnare senza pressioni la Parola di Dio», in seguito al divieto di parlare, scrivere, pubblicare e insegnare impostogli nel 2008 dal vescovo opusdeista di Santiago del Estero, mons. Francisco Polti Santillán (con l’“incoraggiamento” di Roma; v. Adista nn. 62 e 92/08 e 25/10): la colpa del teologo, quella, tra l’altro, di non credere che Adamo ed Eva siano realmente esistiti, che l’arcangelo Gabriele sia entrato volando in casa di Maria per parlare con lei, che i miracoli comportino la sospensione delle leggi di natura, che il parto di Maria sia avvenuto diversamente da come avvengono tutti i parti.