«Don Gallo indimenticabile uomo di pace»

 

intervista a Dario Fo, a cura di Toni Jop

 

l'Unità” del 24 maggio 2013

 

«Abbiamo perduto un compagno di strada. Era bello camminare con lui accanto, era un contagio di cose buone». Dario Fo, quarant’anni dopo il primo incontro con Don Gallo, quel prete magnifico che in moltissimi ora piangono.

Hai detto “contagio”?

«Esatto: lasciava tracce, segni. Spiazzava con la bonomia, con la sua apertura totale, era lincontro, lui era lincontro...»

Quando l’ha incrociato la prima volta?

«Se ricordo bene, stava lavorando ad un programma di protezione delle donne che si prostituivano. Anche Franca si occupava di questo, per Soccorso Rosso. I papponi di Genova volevano farlo fuori, gli rovinava il mercato quel prete strano».

Strano?

«Strano. Perché standogli accanto avevi la sensazione di avere vicino a te un essere che certamente non poteva essere un prete. Era uomo di pace, eccome, ma stava nel conflitto, lo animava, era di parte, non aveva paura ad essere di parte, invitava gli altri a parteggiare. Eppure, c’era sempre un momento in cui rovesciava il tavolo della dialettica e alla fine ti dava ragione, ti abbracciava, ti diceva che forse magari stava sbagliando lui, e non mentiva».

Giocava il suo ruolo e anche quello di chi magari lo stava contestando?

«Proprio così. Mi parlava spesso dei suoi rapporti con le gerarchie. Mi raccontava che prima di sedersi di fronte a loro – che spesso lo amavano poco – provava a invertire la scena. Si metteva nei panni di chi aveva il potere su di lui, immaginava cosa avrebbe potuto dire, cosa avrebbe provato a difendere, e alla fine si commuoveva, nei panni del vescovo. Pensa che uom

Uno come don Gallo ci sta bene nel calderone degli apocrifi di Mistero Buffo?

«Non solo negli apocrifi, ma anche nei Vangeli distillati e ripuliti dalla Chiesa. Degli apocrifi sapeva tutto. Io immaginavo fossero cose che si sapeva, allora, in pochissimi, studiosi. Invece, eccolo che mi recita a memoria brandelli di quelle scritture. Per esempio, quel passo in cui i seguaci di Gesù Cristo dibattono sul ruolo delle donne che pure, prima di Nicea, avevano un grande ruolo nelle comunità cristiane. Poi, sapeva il significato profondo dei Vangeli, di ciò che si nasconde o è stato nascosto dal potere sotto molte parole. Sapeva che i poveri di spirito non sono banalmente individui senza strumenti, ma sono esattamente gli uomini ai quali spetta il diritto di essere considerati umani. Qui sta la rivoluzione del Vangelo, della parola di Cristo e don Gallo ci stava dentro fino al collo. Infatti, era un uomo di azioni, molto più che di parole, sapeva agire, cambiare, spostare».

E non refrattario allideologia...

«Era intelligente come pochi, impossibile per lui cadere nella trappola insulsa che è stata sistemata contro le intelligenze del mondo da chi governa il mondo: quante volte ci hanno intimato che lideologia è morta, che era malevola, dannosa, pericolosa. Balle, tutte balle: il potere è il primo a cibarsi di ideologia, sempre, e ne produce incessantemente. Ma gli altri devono pensare che non va bene, che è sbagliato alimentare una ideologia. Temono, in realtà, quel pensiero lungo che tende ad opporsi al potere, a contestarlo, a sottrargli autorevolezza. Don Gallo sapeva, e operava, con coscienza di classe, devo dire».

Ecco un’altra dimensione sgradita al potere quanto la coscienza di classe: quella del fare sapendo quel che si fa...

«Due aneddoti, a proposito. Avevo un nipote che si era perso per strada, droga. Chiamo Don Gallo, gli chiedo aiuto. Lui si prende per mano questo nipote e lo porta in montagna, in una comunità dove si lavora, si impara, si convive, si impara a capirsi accanto agli altri. Quattro mesi dopo, mio nipote era “guarito” ed era diventato un tecnico delle viti, del vino. Sta bene. Secondo: vado a Vicenza per protestare contro linvadenza della base militare americana che sta stringendo la città. Arrivo, cammino, vado a sbattere contro un prete, è lui; è lì per lo stesso motivo; finiamo a cantare assieme, a far teatro come due ragazzi in vacanza. E come fai a dimenticarlo?»