Islam, la mezza luna... crescente
Adista Documenti
n° 12 del 26/03/2016
(…).
Contrariamente a quanto si possa pensare, l'islam non è immerso in una guerra
contro l'Occidente bensì in un dibattito circa il modo in cui devono vivere gli
individui e le società a maggioranza musulmane nel XXI secolo. (…). Per
sintetizzare, la questione principale è: cosa fare oggi con la legge islamica
medievale nel quadro di società sempre più plurali e interrelazionate in virtù
della globalizzazione? (…).
CHE FARE OGGI CON LA LEGGE ISLAMICA?
Il problema principale dell'islam oggi risiede esattamente in ciò che contribuì
al suo splendore nel Medio Evo: la legge islamica. La stessa che garantì alla
civiltà musulmana quella stabilità giuridica imprescindibile per ogni sviluppo
economico, sociale e culturale.
Una legge come “cammino” di salvezza
Ma cos'è la legge islamica? (...). In un certo senso, la legge islamica non
esiste, è un concetto teorico. Come ha sottolineato il riformista pakistano
Fazlur Rahman, è bene distinguere tra legge islamica (sharia) e codici giuridici
(fiqh). Ciò che in realtà possiamo tenere tra le mani sono i codici del IX-X
secolo che tentarono di fissare concretamente questa legge divina rivelata. Ma
questi codici sono di per sé un'interpretazione giuridica e non la legge
rivelata! Ne discende l'appello del riformismo islamico a una revisione
dell'interpretazione giuridica per tornare al Corano ed elaborare una
legislazione adatta al presente. In altre parole: ciò che è immutabile è la
legge rivelata, ma in nessun modo la sua applicazione giuridica. (…).
Questo ci pone nella prospettiva di una legge islamica concepita come un insieme
di principi che i giuristi devono discernere per darvi applicazione in ogni
tempo e in ogni luogo. Etimologicamente la parola sharia significa “cammino che
conduce a una fonte d'acqua”. In questo senso, sharia, più che una legge, è
l'insieme di tutti quei principi che il credente deve seguire per raggiungere
l'acqua del paradiso. Le fonti principali che descrivono questo cammino si
trovano primariamente nel Corano e in secondo luogo nella Sunna, la Tradizione
del Profeta Maometto; vale a dire tutto ciò che del comportamento del Messaggero
di Dio è stato considerato normativo per il musulmano ed è stato messo per
iscritto in forma di hadith o piccoli racconti.
Questa distinzione tra legge islamica e applicazione giuridica è uno dei punti
chiave delle correnti riformiste, perché libera l'islam dai codici giuridici
medievali incompatibili con non pochi diritti umani.
Un altro metodo interpretativo utilizzato dai riformisti consiste
nell'analizzare l'intenzione del testo coranico per “seguire la freccia”, la
direzione, di ciò che vorrebbe dire ai giorni nostri. Il tunisino Mohammed Talbi
è uno dei sostenitori di questa metodologia. Se l'islam, come dicono molti
musulmani, diede maggiori libertà alle donne rispetto al contesto politeista,
riconoscendo la loro dignità di persone, significa che bisogna proseguire in
questo cammino di liberazione.
Una legge definitiva che sintetizza
cristianesimo ed ebraismo
I tentativi del riformismo di legittimare un islam diverso sono encomiabili, ma
la corrente fondamentalista ha altrettante frecce al suo arco. La teologia della
rivelazione della maggioranza sunnita dei musulmani afferma che Maometto è colui
che mette la parola fine alla rivelazione legislativa, e perfeziona, completa,
sintetizza e universalizza le rivelazioni precedenti. (…).
Se Maometto venne a portare la legge definitiva, che autorità ha l'essere umano
per “inventare” una nuova legge adattata al XXI secolo? Se è necessaria una
nuova legge, significa che Maometto non è in realtà l'ultimo dei profeti né il
Corano il libro definitivo. Di fronte a questo argomento, come vincere la
partita contro il fondamentalismo?
(…). Se la legge di Maometto è quella definitiva, se Dio non rivelerà nessuna
nuova legge e se ogni novità giuridica (bida’) è condannata, non resta altro
cammino che l'intepretazione giuridica. (…).
ISLAM, UN MONDO PLURALE
Il salafismo fondamentalista
Nonostante le interpretazioni letterali e decontestualizzate siano sempre
esistite, il fondamentalismo islamico attuale ha radici moderne. Si basa, certo,
su autori medievali come Ibn Hanbal o Ibn Taymiyya (...). Ma il salafismo
moderno fa la sua apparizione di fronte alla constatazione della deplorevole
situazione di soggiogamento dei Paesi islamici alle potenze occidentali e alla
presa di coscienza della distanza tra islam attuale e islam delle origini.
“Salaf” significa ancestrale o passato, in arabo. I fondamentalisti musulmani
sono quelli che interpretano negativamente l'evoluzione dell'islam, pensando che
si sia allontanato illecitamente dalle origini e che sia necessario tornare alla
religione della comunità contemporanea a Maometto. (…). Salafismo non è sinonimo
di terrorismo (…). Nella maggior parte dei casi i salafiti sono semplicemente
devoti ultraconservatori che predicano la necessità di mantenersi lontani da
ogni occidentalizzazione. (…).
In alcuni casi, nel momento in cui persegue il potere, il salafismo si converte
in “salafismo politico” (…). È il caso del partito salafita che si è presentato
alle elezioni in Egitto dopo la caduta di Mubarak.
Esiste poi la corrente del salafismo jihadista, quella che decide di intervenire
nell'agone politico con un sentimento di urgenza che legittima la violenza per
conseguire i suoi obiettivi. (…).
Il riformismo
La corrente riformista (islâh) nasce in Egitto alla fine del XIX secolo sulla
base della constatazione che l'islam ha perso il dominio del mondo ed è stato
colonizzato dall'Occidente. La risposta di Muhammad ‘Abduh fu: l'islam ha perso
la scienza e la ragione e l'Occidente, assumendole e sviluppandole a partire
dalla modernità, si fa erede dell'islam e lo supera. (…).
Questo ritorno alla scienza e alla ragione si è concretizzato nei secoli XX e
XXI nell'apertura incondizionata alla tecnologia, combinata con una cultura che
guarda al passato. La schizofrenia dei Paesi del Golfo ne è l'esempio più
evidente.
(...). Probabilmente la corrente più significativa del riformismo è costituita
dai Fratelli musulmani fondati in Egitto da Hassan al-Banna, anche se nei fatti
questi sono molto più conservatori rispetto allo spirito che guidò Muhammad
‘Abduh (…), il quale -- come Lutero voleva tornare alla sola Scrittura
rifiutando della Tradizione della Chiesa tutto ciò che non era esplicitamente
fondato sulla Bibbia -- mirava a mantenere esclusivamente il Corano come Libro
normativo. (…). Considerando che gran parte della normativa non si basa sul
Corano ma sugli hadith, esprimere dubbi su di essi significa mettere in
discussione gran parte della legge islamica.
Il riformismo fa appello a una riapertura dell’interpretazione giuridica che
produca nuove leggi per il mondo di oggi, basandosi sulla distinzione tra sharia
(legge islamica), cioè i principi rivelati, e fiqh (codici giuridici), cioè la
creazione interpretativa umana. Questa distinzione è la sua carta da giocare
nella lotta contro il salafismo. (…).
Facciamo un esempio. Nel caso di adulterio, la legge islamica classica
stabilisce la lapidazione per l'uomo e la donna che hanno relazioni
extra-coniugali e la flagellazione nel caso non siano sposati. Per applicare una
sentenza tanto dura, c'è bisogno di quattro testimoni oculari, condizione
estremamente difficile da conseguire. In alcuni Paesi, però, si è finito per
lapidare solo le donne, considerate colpevoli anche quando violentate (…). Un
salafita può reagire esigendo l'uguaglianza che il diritto impone, vale a dire
la lapidazione di entrambi. Il riformista invece analizza i seguenti elementi.
La lapidazione non appare nel Corano, Maometto ordinò di lapidare sia uomini che
donne, ma non lo fece, secondo gli hadith, che in cinque occasioni. Inoltre, in
alcuni di questi casi non fece altro che applicare agli adulteri giudei la pena
imposta dalla loro legge. Pertanto il riformista conclude, data la scarsità di
casi e la difficoltà di trovare quattro testimoni, che la pena della lapidazione
è formulata da Dio per denunciare la sua gravità e non affinché sia applicata.
Alcuni riformisti (Mohammed Diakho, per esempio) vanno oltre, concludendo che,
poiché la lapidazione non appare nel Corano e ciononostante Maometto ordina la
lapidazione in alcune occasioni, è probabile che il Profeta abbia applicato la
legge giudaica fino al momento in cui il Corano non gli sia stato rivelato. In
questo modo, la lapidazione sarebbe stata abrogata dal Corano e dovrebbe essere
proibita nell'islam (…).
Il riformismo modernista
(…). Esiste un'altra corrente di pensiero che mira alla riforma dell'islam, ma
da un altro punto di vista: quello della modernità, della democrazia e dei
diritti umani. Per questo si può definire tale corrente come “modernismo
islamico”.
Il punto centrale del riformismo è la fedeltà alla rivelazione. Cosicché il
riformismo si mantiene perfettamente dentro l'“ortodossia”. (…). Il punto
centrale del riformismo modernista è invece la necessità di vivere la religione
sotto l'imperativo dei diritti umani. In molti punti i due riformismi coincidono
ma in altri il modernismo è accusato di “forzare” i testi antichi per renderli
compatibili con il mondo moderno occidentale. All’interno di questo islam
troviamo un vero movimento femminista e anche un riconoscimento
dell'omosessualità. (…). Logicamente il modernismo (…) necessita di
un'ermeneutica che concepisca l'interpretazione come “fusione di orizzonti”
dell'autore del testo e del lettore, i quali, distanziati da secoli di storia,
si incontrano proiettandosi mutuamente l'uno nell'altro. (…).
Il sufismo
(...). Il sufismo è una spiritualità esoterica che nasce dall'incontro dei mondi
islamico, persiano, cristiano ed ellenico neoplatonico. (…). Il sufismo vuole
essere il “cuore dell'islam”. Come un corpo che senza cuore non può vivere, il
sufismo vuore infondere vita e spirito nell'islam superficiale, ritualista e
prigioniero della lettera.
(…). Al di là degli eccessi (...), la letteratura mistica sufi è un vero
patrimonio spirituale dell'umanità per la sua bellezza, la sua profondità e la
pace che produce nell'anima. Qui, la professione di fede “Non hai altro dio al
di fuori di Dio” si converte in “Non hai altro al di fuori di Dio”. (…). Più che
un panteismo, il sufismo è un pan-en-teismo: tutto è in Dio. Per il sufi, il Dio
invisibile e occulto si dispiega, appare e si “teofanizza” nelle creature. (…).
Possiamo comprendere il perché dei sospetti di molti musulmani di fronte al
sufismo: fare dell'essere umano la manifestazione di Dio non contraddice la
trascendenza di Dio?
Nonostante tutto, il sufismo si definisce totalmente islamico. (…). Per il
sufismo la creatura manifesta Dio perché si “riveste” dei suoi attributi. (…).
Senza questo vestito l'essere umano non apparirebbe, perché l'essere umano in sé
è puro nulla. È qualcosa solo in quanto è Dio. (…).
IL GRANDE SCISMA
(…). Il conflitto per il leader
politico-religioso
(…). L'islam, come il cristianesimo, presenta (...) divisioni dottrinali
sufficientemente importanti da “scinderlo” in confessioni distinte. Tre
confessioni principali definiscono il mondo islamico: il sunnismo, lo sciismo e
l'ibadismo. Secondo la tradizione, la disputa che fratturò la comunità cominciò
appena dopo la morte di Maometto (632) per divergenze circa chi dovesse guidare
la comunità ed esplose dopo l'assassinio del quarto Califfo.
I kharigiti sostenevano che il Califfo avrebbe dovuto essere uno dei più santi e
virtuosi della comunità, mentre gli sciiti sostenevano che avrebbe dovuto
appartenere alla famiglia del Profeta. Alì reclamava per sé questa dignità per
il fatto di essere suo cugino, per essersi sposato con sua figlia e perché,
secondo gli sciiti, Maometto lo aveva designato come successore. I sunniti,
invece, sostenevano la maniera tradizionale araba pre-islamica per nominare il
leader della comunità, vale a dire attraverso la ricerca di un consenso tra i
leader della tribù. (…).
Clericalismo sciita e secolarismo
sunnita
Non ha senso chiedersi se lo sciismo sia più aperto e tollerante del sunnismo,
così come non ha senso una domanda analoga in relazione al binomio
cattolicesimo-protestantesimo. Però, semplificando, è lecito dire che lo sciismo
è più “cattolico” e il sunnismo più “protestante”. Quest'ultimo ha leader
religiosi però non ha clero. L'imam sunnita, colui che guida le preghiere nella
moschea, è semplicemente una persona che conosce meglio i fondamenti dell'islam
perché ha avuto una formazione specifica e, in alcuni casi, si è laureato in
Diritto islamico. Però non è riconosciuta sacralità alla sua persona né questa
partecipa della divinità. Esercita semplicemente una funzione. (…).
L'islam sunnita rappresenta l'85-90% del mondo islamico. L'ibadismo è
significativo solo in Oman. Il resto è rappresentato dagli sciiti, che sono
maggioritari in Iran, Iraq e Libano (Hezbollah). C'è poi un gran numero di
gruppi scissi dal tronco principale: ismaeliti dell’Aga Khan, zayditi dello
Yemen, alawiti di Siria, aleviti di Turchia e drusi del Libano. (…).
LA GUERRA CIVILE ARABA
Siria: un dramma, molti attori
Le cause dell'attuale situazione sono molteplici: ideologiche, religiose,
economiche, politiche... Senza dubbio l'invasione dell'Iraq è stata la causa
scatenante del caos che vivono attualmente lo stesso Iraq e la Siria, ma tutto
ciò è stato possibile solo in un contesto di fondamentalismo religioso, di
settarismo politico e di corruzione generalizzata.
Nella nascita dello Stato islamico hanno giocato un ruolo il settarismo sciita
del governo iracheno nato dall'invasione statunitense e il contagio della
primavera araba in Siria. Francia e Turchia hanno pensato che Bashar al-Assad
sarebbe caduto rapidamente, come avvenuto con Ben Ali in Tunisia, Mubarak in
Egitto, Ali Abdullah Saleh in Yemen e Gheddafi in Libia. (…).
La Turchia ha reso permeabili le sue frontiere per il passaggio di islamisti,
armi e petrolio. Inizialmente ha appoggiato i ribelli moderati (Esercito Libero
siriano), i quali presto si sono visti superati dall'entrata in scena di altri
due attori: i diversi gruppi armati legati ad al-Qaeda e ai Fratelli musulmani
e, più recentemente, lo Stato islamico. La resistenza del regime, la disastrosa
situazione della Libia post-Gheddafi e il crescente potere di al-Qaeda prima e
dello Stato islamico poi, hanno frenato la decisione degli Usa e della Francia
di lanciare un attacco per rovesciare Bashar al-Assad (…).
Il regime si è sforzato di presentarsi come difensore delle minoranze del Paese
e come male minore di fronte alla barbarie dello Stato islamico. Forse per
questo, inizialmente, Bashar al-Assad ha concentrato la lotta contro i ribelli
moderati. Sapeva che la crescita dell'islamismo gli avrebbe dato,
paradossalmente, più chance di mantenere il potere. (…). A sua volta lo Stato
islamico ha mostrato una maggiore ferocia nei confronti dell'Esercito Libero
siriano, non proponendosi un attacco frontale per la conquista di Damasco. (…).
Quel che è certo è che attualmente in Siria ci sono sette eserciti in lotta, in
una specie di partita in cui si avvicendano alleanze allo scopo di rovesciare un
terzo contendente. (…).
Da dove verrà la speranza?
Il panorama dei restanti Paesi della Lega araba è altrettanto desolante. La
Libia è uno Stato allo sbando. Ci sono due governi e quello riconosciuto dalla
comunità internazionale non ha sede nella capitale. Inoltre, lo Stato islamico e
altri gruppi terroristici controllano alcune zone del Paese.
L'Egitto, con il presidente al-Sisi, vive una repressione politica più dura di
quella subita durante l'epoca di Mubarak. (…). Nel Sinai egiziano è inoltre
presente un gruppo dello Stato islamico.
In Yemen continua la guerra civile tra i seguaci sunniti del presidente e
un’importante minoranza sciita, appoggiata dall'Iran. L'Arabia Saudita dal canto
suo ha cominciato ad appoggiare militarmente il governo.
L'Algeria si mantiene tranquilla anche se nel suo territorio ci sono stati
scontri tra lo Stato islamico e al-Qaeda. (…).
Il Marocco è riuscito a sedare le proteste della primavera araba aprendosi ad
alcune riforme. (…).
La Tunisia sta affrontando ammirevolmente i gravi problemi che si trova di
fronte. Le sue ridotte dimensioni, la sua tradizione laica, il suo maggiore
livello di formazione le hanno fatto evitare gli errori dell'Egitto. (…). Però,
con gli ultimi attentati, il turismo (settore chiave della sua economia) è
sparito. Inoltre vi sono gruppi terroristi insediati al confine con l'Algeria e
la Libia e migliaia di jihadisti partiti per unirsi allo Stato islamico. Il loro
ritorno è estremamente pericoloso.
Se proseguiamo nella lettura della mappa dell'Africa vediamo che la situazione
non migliora. (…).
MOLTO DA FARE
Di fronte a questo quadro, quali soluzioni possiamo porre in essere – o sognare
– per il futuro?
Una conferenza internazionale di pace
Il conflitto in Siria continuerà probabilmente ancora a lungo. (…). Senza una
conferenza di pace tra i Paesi interessati, è molto difficile che si possa
trovare una soluzione. Bisogna prima di tutto prendere atto che le frontiere
disegnate da Francia e Gran Bretagna dopo la Prima Guerra Mondiale presentano
gravi problemi. (…). E se, come dicevamo, tra le cause del conflitto vi sono le
rivolte arabe contro la povertà, la corruzione, la dittatura, il solo intervento
militare non risolverà il problema a lungo termine. (…).
I doveri dell'Europa
L'Europa vive un'ondata di immigrazione senza precedenti. Nuovi conflitti si
scatenano senza che quelli già aperti siano stati risolti. Per giustizia e
umanità non si può rimanere con le mani in mano.
Dall'altro lato, gli attentati terroristici sul suolo europeo hanno come
obiettivo la stigmatizzazione dei musulmani, in modo che l'Europa li consideri
un pericolo ponendo limiti alla libertà religiosa e così spingendo a schierarsi
a favore dell'Europa o a favore dell'islam. (…). Abbiamo bisogno di politici e
di cittadini intelligenti per smascherare il gioco di queste false dicotomie.
(…).
Rifondare la storia
C'è una questione rimasta in sospeso che neppure il riformismo ha cominciato ad
affrontare. Si tratta dello studio rigoroso delle origini dell'islam e della
storia della composizione del Corano, utilizzando tutti i metodi moderni di cui
disponiamo a partire dal XX secolo: analisi esegetica, filologica, retorica,
ecc. Capisco perfettamente i timori rispetto all'ipotesi di utilizzare questo
approccio, perché, per esempio, fino al XIX secolo neanche il cattolicesimo lo
ha fatto. I libri della tradizione sulla vita di Maometto e le interpretazioni
del Corano sono infiniti ma tutti sembrano fondarsi sulle stesse fonti
canonizzate tre secoli dopo la morte del Profeta. È necessaria una critica delle
fonti.
(…). Non si tratta di fare nessuna apologetica anti-islamica ma di progredire in
una conoscenza che smonti le basi del salafismo, di coloro che credono di
conoscere a menadito ogni gesto del Profeta, di coloro che hanno dimenticato la
distanza (a volte insuperabile) che ci separa dalle origini. L'umiltà
intellettuale non può che trasformare la certezza intransigente del
fondamentalista nella dedizione fiduciosa del credente a un Dio che è oltre.
Se si porta a termine questo compito,
lo scenario futuro dell'islam potrà essere completamente differente (…). Se il
cristianesimo è sopravvissuto alla critica storica ed esegetica, altrettanto
farà l'islam
Jaume Flaquer – docente alla Facoltà di Teologia della Catalogna e specializzato in studi islamici