Islam, la mezza luna... crescente

 

Jaume Flaquer *

 

Adista Documenti n° 12 del 26/03/2016

Tratto da  il quaderno (n. 197 di gennaio) che Cristianisme y Justicia ha dedicato all'islam, vi proponiamo in una nostra traduzione dallo spagnolo, ampi stralci dell'intervento di Flaquer. 

 

 (…). Contrariamente a quanto si possa pensare, l'islam non è immerso in una guerra contro l'Occidente bensì in un dibattito circa il modo in cui devono vivere gli individui e le società a maggioranza musulmane nel XXI secolo. (…). Per sintetizzare, la questione principale è: cosa fare oggi con la legge islamica medievale nel quadro di società sempre più plurali e interrelazionate in virtù della globalizzazione? (…).

CHE FARE OGGI CON LA LEGGE ISLAMICA?

Il problema principale dell'islam oggi risiede esattamente in ciò che contribuì al suo splendore nel Medio Evo: la legge islamica. La stessa che garantì alla civiltà musulmana quella stabilità giuridica imprescindibile per ogni sviluppo economico, sociale e culturale.

Una legge come “cammino” di salvezza

Ma cos'è la legge islamica? (...). In un certo senso, la legge islamica non esiste, è un concetto teorico. Come ha sottolineato il riformista pakistano Fazlur Rahman, è bene distinguere tra legge islamica (sharia) e codici giuridici (fiqh). Ciò che in realtà possiamo tenere tra le mani sono i codici del IX-X secolo che tentarono di fissare concretamente questa legge divina rivelata. Ma questi codici sono di per sé un'interpretazione giuridica e non la legge rivelata! Ne discende l'appello del riformismo islamico a una revisione dell'interpretazione giuridica per tornare al Corano ed elaborare una legislazione adatta al presente. In altre parole: ciò che è immutabile è la legge rivelata, ma in nessun modo la sua applicazione giuridica. (…).

Questo ci pone nella prospettiva di una legge islamica concepita come un insieme di principi che i giuristi devono discernere per darvi applicazione in ogni tempo e in ogni luogo. Etimologicamente la parola sharia significa “cammino che conduce a una fonte d'acqua”. In questo senso, sharia, più che una legge, è l'insieme di tutti quei principi che il credente deve seguire per raggiungere l'acqua del paradiso. Le fonti principali che descrivono questo cammino si trovano primariamente nel Corano e in secondo luogo nella Sunna, la Tradizione del Profeta Maometto; vale a dire tutto ciò che del comportamento del Messaggero di Dio è stato considerato normativo per il musulmano ed è stato messo per iscritto in forma di hadith o piccoli racconti.

Questa distinzione tra legge islamica e applicazione giuridica è uno dei punti chiave delle correnti riformiste, perché libera l'islam dai codici giuridici medievali incompatibili con non pochi diritti umani.

Un altro metodo interpretativo utilizzato dai riformisti consiste nell'analizzare l'intenzione del testo coranico per “seguire la freccia”, la direzione, di ciò che vorrebbe dire ai giorni nostri. Il tunisino Mohammed Talbi è uno dei sostenitori di questa metodologia. Se l'islam, come dicono molti musulmani, diede maggiori libertà alle donne rispetto al contesto politeista, riconoscendo la loro dignità di persone, significa che bisogna proseguire in questo cammino di liberazione.

Una legge definitiva che sintetizza cristianesimo ed ebraismo

I tentativi del riformismo di legittimare un islam diverso sono encomiabili, ma la corrente fondamentalista ha altrettante frecce al suo arco. La teologia della rivelazione della maggioranza sunnita dei musulmani afferma che Maometto è colui che mette la parola fine alla rivelazione legislativa, e perfeziona, completa, sintetizza e universalizza le rivelazioni precedenti. (…).

Se Maometto venne a portare la legge definitiva, che autorità ha l'essere umano per “inventare” una nuova legge adattata al XXI secolo? Se è necessaria una nuova legge, significa che Maometto non è in realtà l'ultimo dei profeti né il Corano il libro definitivo. Di fronte a questo argomento, come vincere la partita contro il fondamentalismo?

(…). Se la legge di Maometto è quella definitiva, se Dio non rivelerà nessuna nuova legge e se ogni novità giuridica (bida’) è condannata, non resta altro cammino che l'intepretazione giuridica. (…).

ISLAM, UN MONDO PLURALE

Il salafismo fondamentalista

Nonostante le interpretazioni letterali e decontestualizzate siano sempre esistite, il fondamentalismo islamico attuale ha radici moderne. Si basa, certo, su autori medievali come Ibn Hanbal o Ibn Taymiyya (...). Ma il salafismo moderno fa la sua apparizione di fronte alla constatazione della deplorevole situazione di soggiogamento dei Paesi islamici alle potenze occidentali e alla presa di coscienza della distanza tra islam attuale e islam delle origini.

“Salaf” significa ancestrale o passato, in arabo. I fondamentalisti musulmani sono quelli che interpretano negativamente l'evoluzione dell'islam, pensando che si sia allontanato illecitamente dalle origini e che sia necessario tornare alla religione della comunità contemporanea a Maometto. (…). Salafismo non è sinonimo di terrorismo (…). Nella maggior parte dei casi i salafiti sono semplicemente devoti ultraconservatori che predicano la necessità di mantenersi lontani da ogni occidentalizzazione. (…). 

In alcuni casi, nel momento in cui persegue il potere, il salafismo si converte in “salafismo politico” (…). È il caso del partito salafita che si è presentato alle elezioni in Egitto dopo la caduta di Mubarak.

Esiste poi la corrente del salafismo jihadista, quella che decide di intervenire nell'agone politico con un sentimento di urgenza che legittima la violenza per conseguire i suoi obiettivi. (…). 

Il riformismo

La corrente riformista (islâh) nasce in Egitto alla fine del XIX secolo sulla base della constatazione che l'islam ha perso il dominio del mondo ed è stato colonizzato dall'Occidente. La risposta di Muhammad ‘Abduh fu: l'islam ha perso la scienza e la ragione e l'Occidente, assumendole e sviluppandole a partire dalla modernità, si fa erede dell'islam e lo supera. (…). 

Questo ritorno alla scienza e alla ragione si è concretizzato nei secoli XX e XXI nell'apertura incondizionata alla tecnologia, combinata con una cultura che guarda al passato. La schizofrenia dei Paesi del Golfo ne è l'esempio più evidente. 

(...). Probabilmente la corrente più significativa del riformismo è costituita dai Fratelli musulmani fondati in Egitto da Hassan al-Banna, anche se nei fatti questi sono molto più conservatori rispetto allo spirito che guidò Muhammad ‘Abduh (…), il quale -- come Lutero voleva tornare alla sola Scrittura rifiutando della Tradizione della Chiesa tutto ciò che non era esplicitamente fondato sulla Bibbia -- mirava a mantenere esclusivamente il Corano come Libro normativo. (…). Considerando che gran parte della normativa non si basa sul Corano ma sugli hadith, esprimere dubbi su di essi significa mettere in discussione gran parte della legge islamica. 

Il riformismo fa appello a una riapertura dell’interpretazione giuridica che produca nuove leggi per il mondo di oggi, basandosi sulla distinzione tra sharia (legge islamica), cioè i principi rivelati, e fiqh (codici giuridici), cioè la creazione interpretativa umana. Questa distinzione è la sua carta da giocare nella lotta contro il salafismo. (…). 

Facciamo un esempio. Nel caso di adulterio, la legge islamica classica stabilisce la lapidazione per l'uomo e la donna che hanno relazioni extra-coniugali e la flagellazione nel caso non siano sposati. Per applicare una sentenza tanto dura, c'è bisogno di quattro testimoni oculari, condizione estremamente difficile da conseguire. In alcuni Paesi, però, si è finito per lapidare solo le donne, considerate colpevoli anche quando violentate (…). Un salafita può reagire esigendo l'uguaglianza che il diritto impone, vale a dire la lapidazione di entrambi. Il riformista invece analizza i seguenti elementi. La lapidazione non appare nel Corano, Maometto ordinò di lapidare sia uomini che donne, ma non lo fece, secondo gli hadith, che in cinque occasioni. Inoltre, in alcuni di questi casi non fece altro che applicare agli adulteri giudei la pena imposta dalla loro legge. Pertanto il riformista conclude, data la scarsità di casi e la difficoltà di trovare quattro testimoni, che la pena della lapidazione è formulata da Dio per denunciare la sua gravità e non affinché sia applicata. Alcuni riformisti (Mohammed Diakho, per esempio) vanno oltre, concludendo che, poiché la lapidazione non appare nel Corano e ciononostante Maometto ordina la lapidazione in alcune occasioni, è probabile che il Profeta abbia applicato la legge giudaica fino al momento in cui il Corano non gli sia stato rivelato. In questo modo, la lapidazione sarebbe stata abrogata dal Corano e dovrebbe essere proibita nell'islam (…).

Il riformismo modernista

(…). Esiste un'altra corrente di pensiero che mira alla riforma dell'islam, ma da un altro punto di vista: quello della modernità, della democrazia e dei diritti umani. Per questo si può definire tale corrente come “modernismo islamico”.

Il punto centrale del riformismo è la fedeltà alla rivelazione. Cosicché il riformismo si mantiene perfettamente dentro l'“ortodossia”. (…). Il punto centrale del riformismo modernista è invece la necessità di vivere la religione sotto l'imperativo dei diritti umani. In molti punti i due riformismi coincidono ma in altri il modernismo è accusato di “forzare” i testi antichi per renderli compatibili con il mondo moderno occidentale. All’interno di questo islam troviamo un vero movimento femminista e anche un riconoscimento dell'omosessualità. (…). Logicamente il modernismo (…) necessita di un'ermeneutica che concepisca l'interpretazione come “fusione di orizzonti” dell'autore del testo e del lettore, i quali, distanziati da secoli di storia, si incontrano proiettandosi mutuamente l'uno nell'altro. (…). 

Il sufismo

(...). Il sufismo è una spiritualità esoterica che nasce dall'incontro dei mondi islamico, persiano, cristiano ed ellenico neoplatonico. (…). Il sufismo vuole essere il “cuore dell'islam”. Come un corpo che senza cuore non può vivere, il sufismo vuore infondere vita e spirito nell'islam superficiale, ritualista e prigioniero della lettera.

(…). Al di là degli eccessi (...), la letteratura mistica sufi è un vero patrimonio spirituale dell'umanità per la sua bellezza, la sua profondità e la pace che produce nell'anima. Qui, la professione di fede “Non hai altro dio al di fuori di Dio” si converte in “Non hai altro al di fuori di Dio”. (…). Più che un panteismo, il sufismo è un pan-en-teismo: tutto è in Dio. Per il sufi, il Dio invisibile e occulto si dispiega, appare e si “teofanizza” nelle creature. (…). Possiamo comprendere il perché dei sospetti di molti musulmani di fronte al sufismo: fare dell'essere umano la manifestazione di Dio non contraddice la trascendenza di Dio? 

Nonostante tutto, il sufismo si definisce totalmente islamico. (…). Per il sufismo la creatura manifesta Dio perché si “riveste” dei suoi attributi. (…). Senza questo vestito l'essere umano non apparirebbe, perché l'essere umano in sé è puro nulla. È qualcosa solo in quanto è Dio. (…). 

IL GRANDE SCISMA

(…). Il conflitto per il leader politico-religioso

(…). L'islam, come il cristianesimo, presenta (...) divisioni dottrinali sufficientemente importanti da “scinderlo” in confessioni distinte. Tre confessioni principali definiscono il mondo islamico: il sunnismo, lo sciismo e l'ibadismo. Secondo la tradizione, la disputa che fratturò la comunità cominciò appena dopo la morte di Maometto (632) per divergenze circa chi dovesse guidare la comunità ed esplose dopo l'assassinio del quarto Califfo.

I kharigiti sostenevano che il Califfo avrebbe dovuto essere uno dei più santi e virtuosi della comunità, mentre gli sciiti sostenevano che avrebbe dovuto appartenere alla famiglia del Profeta. Alì reclamava per sé questa dignità per il fatto di essere suo cugino, per essersi sposato con sua figlia e perché, secondo gli sciiti, Maometto lo aveva designato come successore. I sunniti, invece, sostenevano la maniera tradizionale araba pre-islamica per nominare il leader della comunità, vale a dire attraverso la ricerca di un consenso tra i leader della tribù. (…). 

Clericalismo sciita e secolarismo sunnita

Non ha senso chiedersi se lo sciismo sia più aperto e tollerante del sunnismo, così come non ha senso una domanda analoga in relazione al binomio cattolicesimo-protestantesimo. Però, semplificando, è lecito dire che lo sciismo è più “cattolico” e il sunnismo più “protestante”. Quest'ultimo ha leader religiosi però non ha clero. L'imam sunnita, colui che guida le preghiere nella moschea, è semplicemente una persona che conosce meglio i fondamenti dell'islam perché ha avuto una formazione specifica e, in alcuni casi, si è laureato in Diritto islamico. Però non è riconosciuta sacralità alla sua persona né questa partecipa della divinità. Esercita semplicemente una funzione. (…). 

L'islam sunnita rappresenta l'85-90% del mondo islamico. L'ibadismo è significativo solo in Oman. Il resto è rappresentato dagli sciiti, che sono maggioritari in Iran, Iraq e Libano (Hezbollah). C'è poi un gran numero di gruppi scissi dal tronco principale: ismaeliti dell’Aga Khan, zayditi dello Yemen, alawiti di Siria, aleviti di Turchia e drusi del Libano. (…). 

LA GUERRA CIVILE ARABA

Siria: un dramma, molti attori

Le cause dell'attuale situazione sono molteplici: ideologiche, religiose, economiche, politiche... Senza dubbio l'invasione dell'Iraq è stata la causa scatenante del caos che vivono attualmente lo stesso Iraq e la Siria, ma tutto ciò è stato possibile solo in un contesto di fondamentalismo religioso, di settarismo politico e di corruzione generalizzata. 

Nella nascita dello Stato islamico hanno giocato un ruolo il settarismo sciita del governo iracheno nato dall'invasione statunitense e il contagio della primavera araba in Siria. Francia e Turchia hanno pensato che Bashar al-Assad sarebbe caduto rapidamente, come avvenuto con Ben Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto, Ali Abdullah Saleh in Yemen e Gheddafi in Libia. (…). 

La Turchia ha reso permeabili le sue frontiere per il passaggio di islamisti, armi e petrolio. Inizialmente ha appoggiato i ribelli moderati (Esercito Libero siriano), i quali presto si sono visti superati dall'entrata in scena di altri due attori: i diversi gruppi armati legati ad al-Qaeda e ai Fratelli musulmani e, più recentemente, lo Stato islamico. La resistenza del regime, la disastrosa situazione della Libia post-Gheddafi e il crescente potere di al-Qaeda prima e dello Stato islamico poi, hanno frenato la decisione degli Usa e della Francia di lanciare un attacco per rovesciare Bashar al-Assad (…). 

Il regime si è sforzato di presentarsi come difensore delle minoranze del Paese e come male minore di fronte alla barbarie dello Stato islamico. Forse per questo, inizialmente, Bashar al-Assad ha concentrato la lotta contro i ribelli moderati. Sapeva che la crescita dell'islamismo gli avrebbe dato, paradossalmente, più chance di mantenere il potere. (…). A sua volta lo Stato islamico ha mostrato una maggiore ferocia nei confronti dell'Esercito Libero siriano, non proponendosi un attacco frontale per la conquista di Damasco. (…). 

Quel che è certo è che attualmente in Siria ci sono sette eserciti in lotta, in una specie di partita in cui si avvicendano alleanze allo scopo di rovesciare un terzo contendente. (…). 

Da dove verrà la speranza?

Il panorama dei restanti Paesi della Lega araba è altrettanto desolante. La Libia è uno Stato allo sbando. Ci sono due governi e quello riconosciuto dalla comunità internazionale non ha sede nella capitale. Inoltre, lo Stato islamico e altri gruppi terroristici controllano alcune zone del Paese.

L'Egitto, con il presidente al-Sisi, vive una repressione politica più dura di quella subita durante l'epoca di Mubarak. (…). Nel Sinai egiziano è inoltre presente un gruppo dello Stato islamico.

In Yemen continua la guerra civile tra i seguaci sunniti del presidente e un’importante minoranza sciita, appoggiata dall'Iran. L'Arabia Saudita dal canto suo ha cominciato ad appoggiare militarmente il governo. 

L'Algeria si mantiene tranquilla anche se nel suo territorio ci sono stati scontri tra lo Stato islamico e al-Qaeda. (…).

Il Marocco è riuscito a sedare le proteste della primavera araba aprendosi ad alcune riforme. (…).

La Tunisia sta affrontando ammirevolmente i gravi problemi che si trova di fronte. Le sue ridotte dimensioni, la sua tradizione laica, il suo maggiore livello di formazione le hanno fatto evitare gli errori dell'Egitto. (…). Però, con gli ultimi attentati, il turismo (settore chiave della sua economia) è sparito. Inoltre vi sono gruppi terroristi insediati al confine con l'Algeria e la Libia e migliaia di jihadisti partiti per unirsi allo Stato islamico. Il loro ritorno è estremamente pericoloso. 

Se proseguiamo nella lettura della mappa dell'Africa vediamo che la situazione non migliora. (…).

MOLTO DA FARE

Di fronte a questo quadro, quali soluzioni possiamo porre in essere – o sognare – per il futuro?

Una conferenza internazionale di pace

Il conflitto in Siria continuerà probabilmente ancora a lungo. (…). Senza una conferenza di pace tra i Paesi interessati, è molto difficile che si possa trovare una soluzione. Bisogna prima di tutto prendere atto che le frontiere disegnate da Francia e Gran Bretagna dopo la Prima Guerra Mondiale presentano gravi problemi. (…). E se, come dicevamo, tra le cause del conflitto vi sono le rivolte arabe contro la povertà, la corruzione, la dittatura, il solo intervento militare non risolverà il problema a lungo termine. (…). 

I doveri dell'Europa

L'Europa vive un'ondata di immigrazione senza precedenti. Nuovi conflitti si scatenano senza che quelli già aperti siano stati risolti. Per giustizia e umanità non si può rimanere con le mani in mano.

Dall'altro lato, gli attentati terroristici sul suolo europeo hanno come obiettivo la stigmatizzazione dei musulmani, in modo che l'Europa li consideri un pericolo ponendo limiti alla libertà religiosa e così spingendo a schierarsi a favore dell'Europa o a favore dell'islam. (…). Abbiamo bisogno di politici e di cittadini intelligenti per smascherare il gioco di queste false dicotomie. (…). 

Rifondare la storia

C'è una questione rimasta in sospeso che neppure il riformismo ha cominciato ad affrontare. Si tratta dello studio rigoroso delle origini dell'islam e della storia della composizione del Corano, utilizzando tutti i metodi moderni di cui disponiamo a partire dal XX secolo: analisi esegetica, filologica, retorica, ecc. Capisco perfettamente i timori rispetto all'ipotesi di utilizzare questo approccio, perché, per esempio, fino al XIX secolo neanche il cattolicesimo lo ha fatto. I libri della tradizione sulla vita di Maometto e le interpretazioni del Corano sono infiniti ma tutti sembrano fondarsi sulle stesse fonti canonizzate tre secoli dopo la morte del Profeta. È necessaria una critica delle fonti. 

(…). Non si tratta di fare nessuna apologetica anti-islamica ma di progredire in una conoscenza che smonti le basi del salafismo, di coloro che credono di conoscere a menadito ogni gesto del Profeta, di coloro che hanno dimenticato la distanza (a volte insuperabile) che ci separa dalle origini. L'umiltà intellettuale non può che trasformare la certezza intransigente del fondamentalista nella dedizione fiduciosa del credente a un Dio che è oltre.

Se si porta a termine questo compito, lo scenario futuro dell'islam potrà essere completamente differente (…). Se il cristianesimo è sopravvissuto alla critica storica ed esegetica, altrettanto farà l'islam 

 

Jaume Flaquer – docente alla Facoltà di Teologia della Catalogna e specializzato in studi islamici