LENTEZZA: TEMPO PERSO O GUADAGNATO?

Gerd B. ACHENBACH
Gerd B. Achenbach, ll libro della quiete interiore, Feltrinelli, Milano 2015, pp. 184, euro 8,50.

fonte: http://donfrancobarbero.blogspot.it/ - luglio 2016


"Più tempo risparmiamo, meno ne abbiamo".
Il tempo é pensato come qualcosa che si può avere e che si può suddividere, viene immaginato come qualcosa che l'individuo può "utilizzare". Diciamo del tempo che lo "abbiamo" così come abbiamo una cosa, eppure esso diminuisce, si "perde", e viene continuamente perso, cosa che rende plausibile la conclusione: se tanto lo perdiamo, allora dovremmo usarlo in modo che ci possa almeno "fruttare" qualcosa. E, quindi, si pensa il tempo come corrente alternata che a volte passa e a volte no.
E questa é la comprensione (un grandioso equivoco) che oggi é corrente. E questo é anche ciò che ci stimola alla velocità e che però ci porta via la lentezza e la calma. "La lentezza ho bisogno di tempo", ho scritto Elisabeth Lenk. Ed ecco che abbiamo di nuovo l'errore popolare solo espresso in forma più bella. Ma il clou è, che è vero proprio il contrario: "È la lentezza che ci procura, ci concede e ci dona il tempo, mentre la velocità ce lo ruba". Il tempo, infatti, non é assolutamente un qualcosa che abbiamo, ma esiste per noi nel momento in cui ce lo prendiamo e nel momento in cui ce lo lasciamo. Chi "ha bisogno" di tempo non lo "consuma", mo piuttosto, al contrario, lo ottiene! solo in questo modo. Cioè:
 é proprio chi non si prende mai tempo che non ha mai tempo. Chi trascura di prendersi tempo resta a mani vuote e, alla fine, non ha avuto tempo. Questa é la tesi.
E ora, lentamente e con calma, riportiamo un esempio per chiarire. Due persone sono andate a Gummersboch. La prima in auto e la seconda a piedi. Quale delle due ha guadagnato tempo? Quale delle due ho avuto tempo nel senso che se l'è preso e se ne é dato? Quale dei due ha invece perso tempo? Nel senso che ha cercato di risparmiarlo e non se l'é quindi goduto? Quello "lento" o quello "veloce"? La domanda, per come l'abbiamo posta, si risponde da sola. Ma é necessario ancora un commento: «Il Moderno trasforma il tempo in merce e prestazione. Lo blocca come "fattore di produzione" e lo costringe quindi a scomparire come "tempo dell'esistenza", come il tempo in cui si é qui, in questo mondo». (Michael Ende).
Il tempo viene trasformato e per questo "trasforma", muta, il suo flusso si inaridisce nella corrente delle cose. II tempo che troviamo presso le merci e le cose é tempo trasformato e modificato.
Cosa succede ora ai nostri due viaggiatori che sono andati o Gummersbach? Certamente il primo "in quei due giorni" avrà letto e concluso di più, avrà firmato dei contratti, avrà portato a termine i suoi compiti e, conseguentemente, avrà guadagnato più denaro del nostro secondo viaggiatore. Può insomma aver guadagnato di tutto, ma ciò che ha perso é proprio il tempo.
Al contrario quello "lento", quello dal passo lungo e continuo - e "lentezza" significa proprio: procedere a lungo durevolmente - si é sì escluso lo chance di produrre cose e di concludere affari, di fare soldi, ma ha guadagnato il tempo: tempo di vita, tempo esistenziale, e quindi tempo prezioso.   Capiremmo che quanto più ci é concesso vivere, tonto più ci possiamo concedere lo lentezza, non abbiamo infatti forse già vissuto quasi tutto? Che cosa succederebbe allora? Che la vita aumenterebbe così tanto in massa, in profitto e in pienezza che ci sembrerebbe assurdo lasciarci sbattere fuori strada da ogni soffio di vento che arriva e ci sentiremmo ridicoli, se dovessimo saltare ogni volta che ci venisse fischiata una nuova parola d'ordine.
Sarebbe finito il tempo di quella compiacenza, che divertiti, dovevamo vedere nei contemporanei, di quella disponibilità a sottometterci tutti i giorni alla tirannia, perché finalmente avremmo tempo. E più invecchieremo, tanto più tempo avremo e tanto più tempo ci sarà regalato. Saremmo coscienti di questo e ne saremmo grati.
 
Saremmo arrivati alla quiete in noi stessi.