"Chi dice la gente che io sia?"

 

 

di Franco Barbero

 

In “cdb informa” n° 34 marzo 2006

 

 

Relazione di Franco Barbero alla giornata di festa per i 30 anni della comunità cristiana di base di Chieri l'11.6.2005 - (sbobinatura non rivista dall'autore)

 

"Chi dice la gente che io sia?"  vorrei partire da questa immagine affascinante di Mc. 8,27. E' durante il viaggio, dice il testo greco marciano, che Gesù interpella i discepoli e le discepole: "la gente che cosa dice?". Le domande belle della vita avvengono nel viaggio della vita. Non a caso nella scrittura saranno chiamati "i discepoli della strada". Il dono di Dio è di essere discepoli e discepole nella strada e della strada. E' lungo la strada della nostra vita che si rinnovano le domande, che nasce il desiderio di lasciarci interpellare, ed è lungo la strada della vita, lungo la vita come strada, che noi ci scambiamo, come quel giorno verso Cesarea di Filippo, gli interrogativi, le timide risposte, i dubbi, le incertezze. Una delle cose che riempie il cuore di gratitudine è essere uomini e donne che vivono nella strada, perché una delle amare possibilità della nostra esistenza è di rifugiarci in qualche sacrestia. Invece vivere nella strada vuol dire sentire le voci, non abitare il palazzo, cercare come uomini e donne appiedati, come persone che hanno però deciso, scelto di affidarsi radicalmente alla realtà di Dio, con tutte le nostre contraddizioni, ma con il desiderio di fare affidamento sulla realtà di Dio.

 Questa mattina vi devo dire che, parlando di cristologia, mi sono subito trovato di fronte alla tentazione di  chiamare un tir e portarvi qui questi ultimi 42 anni di studi, da che sono prete. La mia casa è piena del nome di Gesù di Nazareth, di migliaia di libri che parlano di lui, dalle prime ricerche giovanili, fino a quelle più appassionate della mia età attuale. Il tir l'ho lasciato a casa, costa troppo, non entrerebbe nel circolo Sandro Pertini! Allora mi sono preso due libri che ho letto questa settimana e ve li presento come sono.

Il primo è di quello che io considero un grande studioso italiano di cristologia, un prete di cui sono molto amico: Luciano Scaccaglia, parroco a Parma, un prete emarginato, un biblista straordinario. Ogni suo libro è per me un dono. Quest' inverno, che era molto freddo, aprì la chiesa ai barboni e disse "questi sono l'icona di Gesù"; la curia l'ha rimproverato. Per questo libro è stato messo sotto processo. Il titolo del libro è "Gesù di Nazareth perfetta icona di Dio nel vangelo di Marco". Mi raccomando mandiamo a prendere un po' di copie di questo libro, bisogna richiederlo alla comunità parrocchiale di Santa Cristina (di cui Scaccaglia è ancora parroco) - Borgo Santa Chiara 5 - 43100 Parma (tel 0521238953) E' un libro straordinario, è il commento al vangelo di Marco.

Il secondo libro è appena uscito dalla Claudiana, è un libro impegnativo, molto bello: Stephen Patterson "Il Dio di Gesù - Il Gesù storico e la ricerca del significato" Claudiana. L'ho preso proprio per questa occasione e l'ho studiato con molta attenzione. Ho deciso di scegliere questi due volumi, ma mi capite, non potrò dimenticare neanche per un momento gli studi giovanili di Kung, quelli di Schillebeeckx, di Barbaglio, di Ortensio da Spinetoli, di Collins. C'è un panorama cristologico che è una meraviglia negli studi che purtroppo non sono molto divulgati! Ho fatto questa scelta per dirvi brevemente tre linee di riflessione: la prima rispetto alla persona di Gesù: da che punto partiamo o siamo partiti/partite?; la seconda riflessione è su "Gesù e la storia"; il terzo momento riguarda "il panorama cristologico", cioè il panorama degli studi. E poi alcune conclusioni per non concludere.

 

v    Gesù: da che punto partiamo o siamo partiti/partite? Iniziamo dalla dogmatizzazione catechistica, perché sarebbe inesatto dire che partiamo dai dogmi di Nicea (325 d.C.) e dal dogma di Calcedonia (451 d.C.). Sarebbe inesatto, perché i dogmi di Calcedonia e Nicea erano molto più aperti nel loro linguaggio. La rottura, nel senso di strangolamento, rimpicciolimento interpretativo, è avvenuta nella rappresentazione catechistica di questi dogmi. I dogmi, che già travisavano l'aspetto narrativo delle scritture, perché nel dogma prevaleva l'aspetto dottrinario, erano però dei modi di dire che non avevano alcuna perentorietà. Erano ancora reduci dell'etimo greco dochei: pensare, opinare. Quando dall'etimo verbale si passò all'etimo sostantivale, dal verbo al sostantivo, la parola "dogma" comparve subito con una pregnanza assertiva, circoscrittiva, fotografica, totalmente diversa. Mentre dochei voleva esprimere, come necessario nella contingenza itinerante della storia, una opinione, la parola “dogma” intendeva fotografare la verità, intendeva soprattutto  circoscrivere la verità, tagliarla, come si fa con il formaggio, dall'errore. Ecco il grande passaggio! La teologia narrativa era una teologia che enunciava un percorso, disegnava un orizzonte. La teologia dogmatica divenne invece definitoria. Nacque l'ossessione delle definizioni. Mentre all'inizio il vero problema è: come bisogna dire che nella persona storica di Gesù di Nazareth si è fatto vivo e attivo Dio?, successivamente si spostò la questione e l'interrogativo divenne: qual è la natura di Gesù? Mi permetto di rimandarvi al mio libro "L'olio nella lampada",  in cui ho cercato di esprimere il meglio dei miei studi sulla cristologia. Al capitolo "Gesù sempre da scoprire" ho inteso dire che il linguaggio si è fatto "mono-linguaggio", e quando "i linguaggi" diventano "un linguaggio", diventano una prigione.  Le origini cristiane partono  con 4 vangeli, anzi oggi dobbiamo asserire con 5 vangeli, dopo gli ultimi studi. Il vangelo di Tommaso oggi viene riconosciuto parallelo agli altri vangeli, non c'è più nessun dubbio su questo. Si discute se è imparentato col mondo gnostico come nella maggioranza degli scritti di Nag Hammadi, ma la storicità e antichità del vangelo di Tommaso ora è concordemente annunciata. La grande discussione è se si tratti di una fonte successiva o contemporanea ai sinottici, perché nel vangelo di Tommaso almeno 60 dei 114 passi sono sinottici. E' quindi una fonte autonoma, certamente autorevole, diversa. Mentre le altri fonti sono di tutt'altra epoca, successive almeno di 80, 90, 100, 150 anni, qui siamo alle origini cristiane. Il "mono-linguaggio" invece sopprime la storia plurale; è quello che ho cercato di documentare negli ultimi anni. Gesù, da evento aperto, diventa un mausoleo, diventa un evento chiuso. Questa teologia, pur avendo delle elaborazioni precedenti, da Nicea e Calcedonia dice "Vero Dio e vero uomo" in un linguaggio ellenistico, che ha ben altra valenza dal linguaggio con cui poi è stato interpretato. A Calcedonia si elabora la dottrina delle due nature, la natura umana e la natura divina, perché si diceva Gesù è omoioùsios "è simile". A Nicea si diceva[1] omooùsios "consustanziale". Guardate una i come cambia le cose nel greco! Il catechismo,  dopo, non ha semplicemente riportato, ha dogmatizzato, fotografato. Si perde che cosa? L'opera, la parola, il gesto. Non si parla più di una persona, ma si parla di un oggetto: Gesù diventa un oggetto, riprendendo nella filosofia aristotelica quel concetto di verità "Ex adeguatio intelletto et rei…",  che è l'adeguamento dell'intelletto alla cosa. Ma, attenti, se nell'esperimento di Newton cade una mela, tu vedi la mela e la vedi cadere, allora l'adeguamento è la convergenza tra ciò che vedi e ciò che è ha un suo significato. Ma quando io devo fare un processo storico, collocare all'indietro di 2000 anni, l'adeguamento è altra cosa dal concetto aristotelico. Oggi gli studiosi della storia ci dicono che il concetto di verità non può essere tutto controllato, né dalla vista, né dalle mani; l'esempio della mela è un evento che controllo, ma ci sono degli eventi storici su cui non posso mettere le mani. Che cosa abbiamo perso noi in questo concetto, volendo dire che invece lo possediamo? Abbiamo perso il fatto che Gesù non è più una persona viva, con un messaggio e una vita, ma un oggetto in nostro possesso. Non è più il significato di Gesù che diventa importante, ma la questione è la sua ontologia, la sua natura, peraltro con una concezione della natura immobile, ontologica, anzi fissista. La stessa identità della natura sta nella sua fissità, anzi nella ideologia del fissismo. Il rischio è quello di mettere l'assoluto sul contingente, nel senso di fare di un evento storico un assoluto, di una scelta storica un fatto di fede. Gesù nella sua vita è stato totalmente teocentrico, ha messo Dio al centro; progressivamente è avvenuto una slittamento, tutto diventa cristocentrico.  E' tragico come è avvenuta questa cosa! Vi porto delle testimonianze impressionanti. Nel suo libro Patterson, ma le trovate in vari libri, riporta un elemento che è veramente significativo: Lutero, a cui dobbiamo gratitudine, ma che è anche una delle matrici dell'antigiudaismo, ha talmente separato Gesù dall'ebraismo che ad un certo punto, nella realtà teologica che lui ha ricevuto,  ha visto negli ebrei non solo i concorrenti, non solo i deicidi, non solo gli avversari, ma ha visto il nemico. Con la dottrina patristica del II secolo, per cui gli ebrei sono i deicidi, si devia totalmente dalla storia. Occorre ricordare che la sentenza contro Gesù non è stata emessa dagli ebrei, ma è stata emessa dal potere romano. Gli ebrei hanno fatto la denuncia, o meglio, l'hanno fatta le autorità giudaiche del tempo. Per dirvi quanto è andata lontana la spezzatura delle radici ebraiche voglio leggervi il passo di Lutero riportato da Patterson:  "Che cosa ora vogliamo fare noi cristiani con questo spregevole, maledetto popolo degli ebrei, dato che essi vivono presso di noi e noi conosciamo tali bugie, bestemmie, maledizioni? Noi non dobbiamo tollerarlo per non essere corresponsabili di tutte le loro bugie, maledizioni, imprecazioni. In primo luogo, che si incendino le loro sinagoghe e scuole e ciò che non vuole consumarsi nel fuoco lo si ricopra con la terra o lo si seppellisca in modo che per l'eternità nessuno ne possa vedere una pietra o un resto. In secondo luogo, siano demolite e ridotte in polvere anche le loro case, perché in esse praticano la stessa cosa che fanno nelle loro sinagoghe, perciò li si può mettere, per esempio, in soffitta o nella stalla con gli zingari, e così sapranno che nel nostro paese non sono i signori  che si vantano di essere, ma sono in esilio e in prigionia. In terzo luogo,  che si sequestrino tutti i loro beni di le preghiere e gli scritti talmudici dove vengono insegnate tali idolatrie, menzogne, imprecazioni e bestemmie. In quarto luogo, sia proibito ai loro rabbini sotto pena di morte di continuare a insegnare. In quinto luogo, si abolisca del tutto il salvacondotto per le strade agli ebrei, in quanto non hanno affari da sbrigare nel paese, dato che non sono signori, né funzionari né mercanti o persone di questo tipo. Devono rimanere nella loro città. In sesto luogo, che si proibisca loro l'usura e si confischino loro tutti i denari contanti e i gioielli in argento e oro, conservandoli in deposito. La ragion di ciò e che tutto quello che possiedono, come è detto sopra,  ce l'hanno rubato o rapinato  grazie alla loro usura, perché in caso contrario non hanno altro mezzo di sostentamento . In settimo luogo, che si diano nelle mani degli ebrei e delle ebree forti  e giovani il correggiato, l'ascia, la vanga, la rocca, il fuso, li si faccia guadagnare il pane con il sudore della fronte come imposto ai figli di Adamo. Insomma tali principi e  signori se avete come sudditi dei giudei e non vi è gradito tale mio consiglio trovatene uno migliore, affinchè voi e noi tutti ci libereremo dal peso insopportabile  e diabolico degli ebrei". Questi passi furono usati da Hitler. Dobbiamo essere consapevoli della nostra storia. Il testo è "Sugli ebrei e la loro menzogna" curato dal prof. Agnoletto (le due edizioni sono uscite e tradotte in italiano), grande studioso degli anni '50, l'unico a studiare questi passi, anche quando fra i protestanti era difficile conoscerli. Leggo questo con immenso dolore, ma la nostra storia è anche fatta di queste cose, bisogna che noi ce lo diciamo. Io non volevo elencare questo per dire “cattivo Lutero”. Se uno come Lutero, con l'animo sicuramente evangelico, conoscitore come pochi a quel tempo dell'ebraico, ha portato un messaggio di questo genere, c'è una motivazione storica che non voglio tacere.  Lutero pensava che ribellandosi a Roma, gli ebrei capissero che la loro casa era il protestantesimo. Gli ebrei  gli risposero:  ma la nostra disputa non  è tra protestanti e cattolici, non ci interessa; noi abbiamo una bella tradizione, voi protestanti non esercitate per noi nessuna attrattiva. Lutero rimase fortemente deluso. Vi dirò ora cosa pensava Bonhoeffer,  che non è stato certamente antisemita ed è un martire della resistenza. Pensava delle cose per noi oggi inimmaginabili: "nella chiesa di Cristo non si è mai perduta l'idea che il popolo eletto che crocifisse il Signore del mondo debba portare la maledizione di ciò che ha fatto in una lunga storia di dolore. Gli ebrei sono il più misero di tutti i popoli della terra, sono dispersi qua e là per il mondo, non hanno un posto sicuro dove potersi fermare e sono sempre costretti a preoccuparsi dell'eventualità che li si scacci. Ma la storia di dolore di questo popolo, amato e punito da Dio, è sotto il segno del ritorno finale del popolo d'Israele al suo Dio, e questo ritorno avviene nella conversione di Israele a Cristo, che sarà la fine del periodo di dolore di questo popolo". Dovevano farsi cristiani! Vi ho fatto queste citazioni paradossali per far vedere come il taglio delle radici ebraiche, cosa che Gesù non ha mai pensato e non avrebbe mai voluto, ha creato prima l'estraneità, poi il conflitto, la tensione, l'odio, la persecuzione. Questa è la nostra storia, ma non è tutta la nostra storia. Se animi squisitamente vivi e desiderosi di compiere la volontà di Dio sono arrivati a questo punto, dobbiamo domandarci il perché; le conseguenze dell'imprigionamento ideologico sono qualche volta imprevedibili.

Noi scopriamo che Gesù non ha mai pensato di essere il messia: nulla di più bello che il libro di Barbaglio al riguardo! Non ha mai pensato di dover morire per l'espiazione dei peccati del mondo. Bonhoeffer dice " Il Signore del mondo". Il Signore del mondo è Dio non è Gesù. Questo è l'imprigionamento. Noi conserviamo amore per le persone anche se lottiamo contro queste idee.  Dobbiamo lottare contro le ideologie imprigionanti.

Gesù è poi diventato quell'essere con due nature, un Dio che passeggia sulla terra vestito dei panni e dalle sembianze umane, ma che è Dio. La forza di questa mitizzazione! Il libro di Patterson, un teologo americano, è scritto per dimostrare che Gesù non è Dio, che Gesù è il testimone. I teologi cattolici sono su questo molto più coraggiosi dei protestanti e Patterson è un teologo protestante dal coraggio straordinario, anche se su alcune cose non sono d'accordo, ma questo è naturale. I teologi USA credono che il mondo finisca ai confini degli USA. Lui ha una bibliografia che fa pena, ma questo appartiene ai teologi e teologhe americani. Schüssler Fiorenza è una eccezione, cita anche gli europei. Cosa dice questo teologo, che del resto scrive molto bene? Dice che quando va nelle chiese e fa una predica, arrivano le botte. Il protestantesimo americano è al 90% fondamentalista, e quando va nelle chiese e predica parlando del Gesù storico, uno se ne va, l'altro si alza e il terzo lo insulta. Non c'è la minima conoscenza, si idolatra la Bibbia, si ignora la storia. Il fondamentalismo è la cultura del nostro popolo, dice Patterson, l'abbiamo portato dappertutto. Ma io non faccio fatica a pensare che è la cultura anche della nostra chiesa cattolica, guardiamo la realtà. Nelle pagine 287 - 291 di questo volume, la cui lettura è affascinante, dice che il mito di questo Gesù-Dio, a cui tutto riusciva, è talmente affascinante ed è talmente proiettato senza ombre, senza dubbi, senza lati oscuri, che a nessuno viene in mente che il Gesù della storia è scandaloso: se l'avessero sentito, dice, correrebbero via dalle chiese; chi è dentro andrebbe fuori, chi è fuori entrerebbe. Ricercare la storia sembra oggi un peccato, sembra una eresia, dice Kung e soggiunge: "quando mi sono messo da giovane, erano gli anni 60, a produrre gli studi di cristologia, le due cose che mi sono sentito dire sono state: - sei un eretico - e la seconda: - tu vuoi rovinare la fede -". Kung in parecchie sue interviste ribadisce: "io avevo due obbiettivi : di allargare la ricerca, e di stimolare la fede; sono stato accusato di eresia e di distruttività; i miei orizzonti erano totalmente diversi". Noi veniamo da questa storia. Che cosa ha fatto questa storia? Ha innalzato un monumento alla presunta verità e ha cancellato tutti i dissensi, o meglio tutte le differenze, quelle che si ponevano  spesso non con la presunzione di essere chissà che. Ma ci sono sempre state delle donne e degli uomini, dei teologi, delle teologhe, delle comunità, dei gruppi che hanno riflettuto in modo diverso e tutto questo veniva annotato, definendoli eretici!

Andrò a trovare in questi giorni il vecchio vescovo di Pinerolo che è ammalato. Mi ricordo che quando pubblicai le prime opere, mi chiamò e mi disse una frase che mi restò impressa, perché mi aiutò a capire. Mi disse " Ah! don Franco, le vostre piccole cose non fanno la storia, è la grande tradizione che fa la storia! Voi siete dei rigagnoli che si perdono!" io gli dissi: "non ho mai pensato di fare la storia. Ho pensato di stare nella storia" , che sono due cose un po’ diverse. Mi ricordo il suo secondo gesto 30 anni fa, quando gli dissi che stavamo organizzando il primo convegno nazionale su: "Fede cristiana e omosessualità", andai da lui per parlargliene, che lo dicesse ai parroci. Mi disse: "ma anche con questi vai a metterti!"

Un'indicazione del vangelo è che il mondo bisogna leggerlo alla rovescia. La storia è stata un grande plurale e quando nel 144 d.C. Marcione tentò a Roma di limitare gli scritti del canone cristiano al vangelo di Luca e ad alcune lettere di Paolo, o quando nel 200 Taziano tentò di fare il Diatessaron, sostenendo che 4 vangeli sconvolgono, per cui era opportuno fonderli in uno solo, questi tentativi non passarono. Il Diatessaron non passò, l'idea di normalizzare in uno solo i 4 vangeli non passò.

Bisogna difendere questo spazio plurale. Occorre leggere le scritture non con l'intenzione di ridurle alla ricerca della totale verità, ma andare cercandola con l'atteggiamento secondo il quale il mosaico della verità e della verità evangelica è diffuso. Se qualcuno ricorda il mio vecchio libro "La bestia che seduce" io parlai in un capitolo su "come liquidare Gesù" e dissi allora che c'erano 3 maniere: una  prima di tutto, nella vita di ogni giorno, è quella di annacquare  il vangelo. Le altre 2 teologiche sono quella di sacerdotalizzare Gesù, di farne il sommo sacerdote che poi autorizza la casta, oppure quella di divinizzarlo. Perché se lo divinizzo, lo metto lassù e divinizzandolo lo liquido, perché  lo sottraggo alla storia, ma soprattutto lo sottraggo alla sequela.

v    Nel 2° momento vorrei dire qualcosa che riguarda Gesù e la storia. Innanzitutto noi dobbiamo cercare, perché noi di Gesù non abbiamo la fotografia della vita, ma abbiamo una interpretazione confessante. Che cosa abbiamo noi nella testimonianza della scrittura? Abbiamo la restituzione linguistica di ciò che Gesù, a livello d'esperienza, ha rappresentato per i discepoli e le discepole. Il tutto nella cultura del tempo; se non ne teniamo conto facciamo del populismo. Ciò che abbiamo è stato scritto da una persona, perché allora la scrittura collettiva non esisteva, purtroppo. Esisteva l'interprete comunitario, prevalentemente maschile, che narrava un'esperienza comunitaria. Noi abbiamo così delle interpretazioni confessanti. Noi non possiamo permetterci quella che, nel suo libro a pag. 321,  Patterson chiama “l'idolatria della Bibbia”; è quello che noi oggi definiamo come fondamentalismo. La Bibbia non è Dio, Dio non è un oggetto. Dio non si sottopone in questo modo ai nostri desideri; la fede in Dio non può essere sostituita dalla fede nella Bibbia. Se tu sei onesto, trovi che su certe questioni la Bibbia ti dà 10 risposte e allora ci sarebbero 10 verità, sono invece 10 ricerche della verità. La Bibbia ti dà l'interpretazione confessante, ma la fede in Dio conserverà sempre anche il bisogno della ricerca. Dire che Gesù è figlio di Dio non significa niente, a meno che ovviamente non si sappia qualche cosa di questo Gesù. Figlio di Dio, Profeta , Salvatore, Messia erano i termini con cui in tutte le tradizioni del tempo si designava  una persona che svelava molto di Dio. Ci sono, dice Patterson, delle persone che nella loro vita appassionata e affidata alla fiducia, parlano ai nostri cuori di Dio. Queste persone, in tutte le tradizioni antiche, vengono chiamati Figli di Dio. Così per il titolo di Salvatore: la cultura greco-romana è piena di salvatori: sono le persone che portano soccorso, che aiutano a vivere, che danno un senso, che proteggono dai pericoli. La Bibbia è piena di questi esempi. Il vero problema è semmai domandarci se, dalle scritture, noi possiamo ricavare quale era la fede di Gesù, come lui credeva in Dio. Il nostro autore, nella pag. 137, riprende un'opera antica dell'italiano Molari, che forse lui non conosce. Questi ha scritto un libro che per me è stato un testamento spirituale (anche se lui è tuttora vivissimo!) sulla fede di Gesù. Quando si parla della fede di Gesù qualcuno, riprendendo il discorso, dice: "tu vuoi dire la fede in Gesù" no, no, si tratta della "fede di Gesù!", come Gesù credeva in Dio. La prima affermazione che fa il nostro autore è: Gesù credeva in Dio, era un credente ebreo, che aveva la fede del suo popolo e credeva in questo Dio, di cui poi con le parabole e la vita ci parlerà. Egli visse una fede fedele a quel Dio. Dobbiamo ricercare chi era il Dio in cui Gesù credeva e quale era la sua teologia; Gesù infatti non ha mai fatto una cristologia, ha fatto semmai un teologia, una fede vissuta. Gesù non aveva nessuna cristologia, ma aveva una teologia nella misura in cui aveva scelto di parlare del regno di Dio, che il nostro autore traduce "l'impero di Dio". [2]"Dobbiamo presumere che effettivamente avesse una bella teologia. Le parole con cui noi diciamo "Messia", "Signore", "Salvatore", "Figlio di Dio" e altri epiteti simili, indicano come nelle parole e negli atti di Gesù la gente avesse di Dio una percezione assolutamente decisiva. Gesù infatti parlava di che cosa significhi vivere nell'ottica di Dio", ma non ha mai detto di essere Dio e non ha mai speculato su Dio in termini di possesso della verità. E probabilmente viveva in modo che incarnava ciò di cui parlava.[3] "Riassumendo: nelle parole e negli atti di Gesù molte persone facevano l'esperienza dell'Impero di Dio come di una realtà presente. Perciò, più tardi, essi poterono parlare di Gesù come di una divina epifania" della volontà di Dio. "Parlare di Gesù come del figlio di Dio non era una falsificazione  delle sue rivendicazioni, né un modo di ingigantirle deliberatamente (…). Era soltanto il modo in cui, retrospettivamente, la gente poteva dire di avere fatto l'esperienza di Gesù",cioè di aver fatto l'esperienza di Dio attraverso la vita umana di Gesù.  Avevano incontrato in qualche modo il desiderio di vivere il progetto di Dio, se possiamo dire così, nella realtà umana, storica di Gesù. "Quali sono le caratteristiche di Dio che emergono dalle parole e dagli atti di Gesù? (…) Gesù dava espressione all'idea che Dio non è lontano, ma direttamente coinvolto nella vita delle persone normali, come parte della storia dell'umanità. Quest'idea fondamentale, espressa in forma cristologica è diventata la dottrina dell'incarnazione nelle confessioni della chiesa delle origini. Gesù non avrebbe mai parlato di se stesso in quei termini: non pretendeva affatto di essere Dio incarnato. Ma affermava la presenza dell'Impero di Dio.Tale è l'origine della fondamentale convinzione cristiana secondo cui Dio è presente nella condizione umana.Questo è il significato dell'incarnazione". E c'è stata una serie di uomini e donne, in questo caso per noi Gesù, che hanno fatto vedere nella condizione umana la presenza di Dio. Questo è il significato dell'incarnazione. Questo l'ha detto Barbaglio , l'ha detto Kung 30 anni fa in una maniera straordinaria, qui l'autore lo dice bene in un linguaggio che mi appare bello: sono delle pagine che aprono un orizzonte di fede che mi pare straordinariamente fecondo. Bisogna sapere che nella persona di Gesù, che sta dietro queste interpretazioni confessanti, c'è la fede dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, che volevano parlarci non della natura di Gesù, ma del significato della vita di Gesù. Questo Gesù aveva mostrato loro un volto di Dio che li aveva interessati, che li aveva coinvolti; nella persona storica di Gesù avevano fatto l'esperienza di un Dio che è dentro quel cuore, e loro ne erano stati sedotti, erano stati travolti da questo insegnamento. Allora hanno tentato, come era nella cultura giudaica, ebraica antica, babilonese, egiziana, romana, ellenistica, con 1000 varianti, di dirlo. Le parole? Le parole sono quelle che trovi nel tuo tempo; le metafore, le immagini sono quelle. Ciò di cui la gente faceva l'esperienza in Gesù era un mondo di amore, di accoglienza, di appartenenza. Gesù parlava di Dio in questi termini, che coinvolgevano la vita. Quando perciò le persone udivano le sue parole e vedevano la sua fede, la loro esperienza non era solo quella di avere incontrato un eccellente maestro. Esse percepivano le sue parole come una parola che viene da Dio: Gesù è il porta-parola. E' la parola che giunge a noi, un pezzo di Dio, mi capite in che senso, metaforico. Questo fu l'inizio della comprensione cristiana, che attraverso Gesù portò a pensare come può essere bello Dio, come può interessarci. Cominciò così la teologia di Gesù e poi finì con la teologia su Gesù.

Quale è stato il tema del regno di Dio che Patterson traduce "impero"? Lui traduce "impero" per un motivo, dice: c'era solo un impero, era quello di Roma, gli altri erano tramontati. Gesù ne fece esperienza, non un'esperienza diremmo politica, ma Gesù conosceva bene la condizione della Galilea e allora lui ha pensato che c'era un solo modo per sconfiggere questo impero ed era l'”impero di Dio”. Ha prefigurato questo suo modo di vedere nelle parabole. Del resto devo dire che tutti i libri belli di cristologia dicono che questo è "l'impero nuovo" e che c'è solo uno che può imperare senza dominare, ed è Dio. Gesù è venuto con le sue parabole ad aprire delle finestre perché noi ci appassionassimo a questo mondo nuovo, incominciassimo a sognarlo, a dirlo, a viverlo, senza la preoccupazione che tutto si realizzi, ma incominciando da subito a cambiare delle cose, quello che possiamo, nella microstoria, nelle nostre relazioni, nei nostri progetti, incominciando ad incarnare il regno. Che cosa sono le parabole? Sono fatte per accendere il fuoco, accendere la fiammata, e Kasemann dirà che noi sovente abbiamo predicato il vangelo senza fuoco. Ciò che si è spento è il fuoco, allora non si può parlare di Dio senza fuoco.

Gli atti e detti di Gesù, difficili da rintracciare, indicano la direzione, la realtà incipiente. Ecco l'importanza dello studio dei contesti. E' chiaro che i vangeli ci parlano di atti precisi, di detti precisi, poi bisogna sapere che nella storia della tradizione, nella storia delle forme l'evento che sta alla base è difficile da conoscere sovente, ma a noi interessa anche il significato che ha avuto. Interessante è domandarci come Gesù è vissuto concretamente; nello stesso tempo occorre domandarsi che significato ha questo per la nostra vita.

Va da sé che è sempre più evidente e marcato l'abisso che separa la ricerca dalla predicazione. Faccio un esempio che un po’ mi inquieta. Anche nelle migliori parrocchie, come quella dove sono andato a Natale a presiedere la liturgia del perdono,  ho sentito parlare di Betlemme, la capanna di Betlemme, la vergine Maria. Pensavo ad un libro di Kung che dice: i migliori teologi i quali hanno studiato anni di esegesi, di ermeneutica, poi parlano della trinità, della natura divina, del padre putativo. Prima studiano, poi quando vanno sul pulpito archiviano tutti gli studi fatti. Arriva Natale e si parla di Betlemme, quando si sa che le cose non sono andate così. Betlemme è una cifra teologica, la stirpe di Davide. Mi fa piacere che un uomo della mia comunità che insegna nella scuola media, ha detto queste cose nella sua scuola. Un suo allievo di 13 anni era molto interessato e ha voluto la documentazione, ieri gli ho dato le fotocopie del libro di Barbaglio che da pag. 111 a pag. 128 fa vedere come Gesù è nato a Nazareth e cosa rappresenta Betlemme. Per non avere delle ricerche basta censurare il desiderio della ricerca, basta non educare le persone alla ricerca, alla curiosità, ad avere una vita curiosa, che poi vuol dire prendersi cura, ma avere anche il senso dell'investigazione, non trovare tutti i prodotti confezionati. Prendere a cuore le cose  in cui noi siamo. Nel primo processo canonico del 1984 mi ricordo i 4 lunghi colloqui nella curia vescovile. Io mi ero preparato e tentai di documentare la ricerca dell'ultimo secolo. Il giudice mi disse "ma cosa sono tutti questi nomi, io voglio sapere se tu credi come il papa o no." Il vero problema è che si vuole l'accesso diretto a Dio. I metodi storico-critici e gli altri metodi della teologia della liberazione, della teologia femminista, della teologia ermeneutica hanno segnato il senso e la consapevolezza della distanza tra l'evento e le nostre interpretazioni, ma ciò non a scapito dell'evento, ma a tutela dell'evento. Questo non è demolire il Gesù della storia, è preservarlo dalle nostre facili illusioni di possesso. Dal 1750, epoca di Reimarus, ad oggi  è partita questa grande attenzione. Che cosa dicono i metodi storico-critici, i metodi delle nuove teologie?: siate consapevoli che nel passaggio tra l'evento storico Gesù di Nazareth e le vostre interpretazioni siete persone limitate, e che il metodo è  un metodo limitato, quindi continuate da investigare. Mi pare che la scienza sia una scienza amica in questo senso; queste categorie di studio ci portano a scoprire le ombre. Mi pare che sia importante. Non è un caso che ci voleva la teologia femminista per dire che la scrittura era maschilista. Lo sapevamo  ma non lo dicevamo, non lo dicevamo con quella potenza con quella forza. Ci sono voluti Reimarus ed altri per dirci "voi avete imbalsamato Gesù". Il metodo storico-critico è un metodo di grande valore, credo che non ci diremo mai abbastanza quanto questo è prezioso per la nostra vita.

Penso al libro di Scaccaglia, alla storia che lui fa. Quale significato hanno i titoli di Salvatore, Figlio di Dio, nell'ebraismo antico, nel giudaismo contemporaneo. Occorre demistificare la barzelletta che da giovane anch'io ha studiato: sembrava che a dire "abba" fosse solo Gesù. Ora si scopre che "papà" lo dicevano tutti a Dio nell'antichità e quindi nemmeno quello era unico. Noi abbiamo sempre interpretato con il codice dell'unicità e della superiorità. Gesù era invece singolare, ma non superiore. Per me è la via. Ma Gesù non ha mai voluto essere possessore unico, superiore, avere il primato. Questi sono delle vesti che noi gli abbiamo dato, ma non per la verità storica, ma per onorare noi che siamo interni a questa tradizione. Non so se vi rendete conto come noi abbiamo manipolato tutto questo. Un libro come quello di Scaccaglia vi fa vedere i significati, i passaggi. E' una meraviglia. Chi di voi ha letto il libro di Elisabeth Schüssler Fiorenza "In memoria di lei" edito dalla Claudiana una quindicina di anni fa, si accorge come i personaggi, uomini e donne delle origini cristiane, sono altri da quelli che il libro degli "Atti degli apostoli" menziona; allora bisogna andare alla ricerca, ricostruire.

v    3° momento: Come ci troviamo nel panorama delle cristologie?

Nel panorama delle cristologie ci troviamo di fronte a due grandi campi, che poi sono diversificati all'interno. C'è il campo delle cristologie dogmatiche ufficiali, che vengono chiamate essenzialiste od ontologiche in termini tecnici. Sono quelle che cercano l'essenza di Gesù, la "fusis", il concetto greco di natura di Gesù. E' l'ontologia. Il vero problema è che Gesù viene categorizzato come Dio. La sua storia umana viene cancellata. Calcedonia già insorse contro questo, il docetismo, per cui Gesù sembrava solo uomo ma era solo Dio. Calcedonia sostenne tutte e due le nature, per salvare anche quella umana. Calcedonia è già una reazione. Calcedonia ravvisò nel V secolo il pericolo che, allontanandosi dalle origini e troncate le radici ebraiche, Gesù fosse sostanzialmente dipinto come puro Dio. Calcedonia reagì a questo. Nel II secolo comparve la cristologia, di cui molto ho parlato nel libro scritto con Barbaglio su "Gesù di Nazareth", che considerava Gesù "l'angelo di Dio". La figura dell'angelo fa da ponte nello sviluppo della cristologia. Gesù era considerato un angelo; ma gli angeli, si determinò nella riflessione, nella teoria, non hanno corpo e il corpo è il connotato della natura.

Al concilio di Nicea, che non fu accettato dai vescovi e fu respinto (ecco perché ce ne fu un secondo sempre a Nicea), la maggioranza era ariana, cioè diceva: Gesù è una creatura che possiamo chiamare l'ombra, un secondo, un rappresentante. Calcedonia disse: vogliono far scomparire che Gesù è stato uomo, con una madre che non genera un angelo. Calcedonia tentò di modificare questo spostamento totale sulla posizione divina, dicendo ci sono due nature. Le due nature che sono oggi decontestualizzate, dicono la teologa Tepedino e il teologo Sobrino, sono il più grande ostacolo a riscoprire Gesù. Vedete come è importante conoscere la storia. Calcedonia in realtà, citata oggi in modo fissista, sembra un indovinello: "mezzo Dio, mezzo uomo; dove c'è tutto il Dio c'è però tutto l'uomo; dove c'è l'uomo….". Calcedonia è una reazione al post-nicenismo che aveva divinizzato Gesù e dice: troviamo un equilibrio. Gesù aveva un corpo reale, incontrava il lebbroso, mangiava, la donna gli ha messo sulla testa un profumo ecc. Alcuni dicevano: potrebbe essere un angelo travestito. Per un decoroso patteggiamento si stabilì la dottrina delle due nature. Sono stati processi lenti e diversificati.

Nel terzo secolo troviamo ancora delle comunità organizzate in una maniera, altre in un'altra. Dice la teologa Tepedino, in questa sua straordinaria presentazione della cristologia nel libro "Dieci parole chiave su Gesù", a Nicea c'era il problema dell'impero. Perché a Nicea chi ha votato? L'imperatore,  mica i vescovi! Chi ha deciso quale era la cristologia fu l'imperatore, i vescovi non volevano. E' il parere dell'imperatore, che ha cambiato due volte opinione, quello che ha deciso la verità di Nicea. Queste sono le cose storiche che noi non diciamo, che dicono gli storici.  Calcedonia ha cercato di riequilibrare. Ma se tu leggi Calcedonia nella storia calcedonese è una cosa, se tu invece reciti il catechismo non fai tutta questa storia e fai della cristologia un concetto filosofico. Certo è che Gesù viene imbalsamato; la sua storia di uomo, di credente, scompare, è un oggetto. Dice Schillebeeckx in una pagina stupenda del suo libro che ogni tanto vado a riaprire "Narrare il vangelo" della Morcelliana: "anche questo è un modo per ibernare un profeta, per farlo tacere". E' ibernato, tu lo metti là, ne fai una "statuina", fai un po’ di inchini, ma lui è là. Gesù è stato congelato,  tanto per entrare nel linguaggio di questi tempi. Dice Adolf Holl in "Gesù in cattiva compagnia",  un libro del 1970 riedito da Einaudi nel '91 che d'altra parte la divinizzazione costituisce un processo di liberazione, ti liberi di lui, la comunità si sente liberata dall'impegno di seguirlo, che non è sempre facile, di seguire le orme di costui che, essendo diventato Dio non è seguibile. Anziché ritenere che lui ti indichi una direzione di cammino, che tu devi interpretare nel tuo tempo, tu lo metti là, come un Dio. 

Che cosa succede quando si spegne l'immaginazione? Sapete che c'è nell'ermeneutica una grande distinzione tra la fantasia e l'immaginazione. La fantasia pura è il disegno mentale che noi possiamo fare. L'immaginazione creativa è ciò che anima lo studioso, la studiosa; è un elemento fondamentale. Se tu non hai dell'immaginazione creativa non tenti delle ipotesi. La grande creatività dei metodi storici è quella di tentare delle ipotesi. Questo si chiama "immaginazione creativa"; guai se non ci fosse questo, noi non sapremo mai tentare cose nuove: fondare una comunità, un gruppo biblico, tentare dei metodi, cercare dei cammini. Questa è l'immaginazione creativa. Poi deve diventare da teoresi, quando viene più sistematizzata, a pratica, quindi fare la verifica delle nostre teoresi, in quale percentuale passano. Sono stato invitato a Tokio a tenere sul tema delle lezioni. Teoresi: perché è importante? Chi di noi 35 anni fa, a partire dagli studi dei grandi teologi di quegli anni, ha teorizzato il movimento delle comunità, parlava di teorizzare una ecclesiologia nuova, fondata sulle scritture. Ma con immaginazione creativa, che cosa ha fatto? Ha oggi una possibilità umile, ma vera di verificare quanto di queste asserzioni teoretiche, quindi di teoresi, è passato nella pratica. Io ho avuto il dono di Dio di fare oggi una piccola verifica: quanto sul tema del sacerdozio universale è passato rispetto ai ministeri. Perché il vero problema è, da una parte, teorizzare e dall'altra vedere che cosa si concretizza e dove invece la teoresi non ha lasciato spazio alla realtà. Dove la realtà ha anticipato la teoresi. Dove la realtà ha messo il presupposto per una nuova teoresi. Il vero problema è di capire quanto è importante questa riflessione umile, fatta tra di noi. L'immaginazione creativa è quella che ci permette di sognare di vivere nel mondo, nell'impegno, nelle relazioni, nella comunità. Che se noi avessimo pensato solo alla forza del "potere" non ci saremmo mossi. L'immaginazione creativa è quella che trova fessure. Gli uomini e le donne che ci hanno preceduti, che hanno faticato, sperato, sognato, pregato nelle strade della liberazione hanno pensato che al di là del potere c'è vita, c'è libertà. Questa è immaginazione creativa. Poi quello che è passato magari è ridimensionato, ma è passato, sovente è passato più di ciò che loro stessi avevano sognato. Anche questo è bello.

Il teologo cattolico Roger  Haight, che ha scritto il libro "Gesù simbolo di Dio",  è un grande teologo, vive con i poveri della sua città. L'hanno condannato in base ai suoi libri. L’atteggiamento corretto di chi è alla sequela di Gesù avrebbe presupposto che tu incontrassi lui e gli domandassi "sei un egoista che ha tanti soldi e che non condivide? Sei uno che strumentalizza le persone? e poi veniamo alle cose che hai scritto", ma nella sequela di Gesù è fondamentale la prassi. Il primo elemento sul quale io mi devo interrogare nella mia vita non sono le cose che dico o che penso, perché potrei dire una cosa e pensarne un'altra, e tutti noi qualche volta ci scopriamo interni a questa nostra debolezza e non riusciamo sempre a fare quello che vorremmo sul piano del desiderio, sono i nostri egoismi. Bisogna prima di tutto guardare la vita, la prassi di una donna, di un uomo. Non devi fermarti solo alla teoresi, anche se è un aspetto certamente importante. Noi abbiamo l'ossessione dottrinaria. Ed ecco che se voi prendete il catechismo della chiesa cattolica vi accorgete che tutto è dottrina.

Vi sono varie cristologie. Provo a dirvele così come oggi vengono chiamate: Cristologie funzionali. Dice Schillebeeckx: Gesù è figlio, profeta, per la missione, la funzione, per quello che ha significato per noi. In tutti i suoi libri dice: la cristologia è funzionale al regno di Dio. Gesù ha avuto una missione particolare. Per noi cristiani e cristiane una missione unica, non esaustiva, non esauriente, non esclusiva, ma particolare, di particolarissimo significato. Cristologie iconiche: Gesù nella sua vita era trasparenza di Dio; non Dio, ma era talmente infiammato dall'amore che qualcosa di Dio traspariva.  I discepoli non hanno fatto delle domande sulla sua natura. La  domanda è su che cosa capivano di Dio, che cosa traspariva di Dio nella vita di Gesù. Loro hanno visto trasparire delle cose nella vita di Gesù, per questo l'hanno chiamato profeta, figlio di Dio, ecc. Cristologie simboliche. Dice Haight: sono quelle che mettono insieme tante tessere. Il simbolo richiama a vedere, vivere Gesù, stargli insieme, fare le cose che fa lui, realizzare con lui, cercare con lui. Questo voleva dire entrare nel Regno di Dio. Era un simbolo di Dio, dirà il titolo del suo libro, che esprimeva secondo loro, non tutto di Dio ma quello che riuscivano a capire di lui. L'hanno visto come un luogo che parlava di Dio. Cristologie epifaniche. Scaccaglia, Kung e tutti gli autori che abbiamo in questi anni più conosciuto dicono: era talmente pieno di Dio che straripava. Quindi il suo modo di presentarsi, di vivere, era straripamento di Dio. Epifania = manifestazione, dice Barbaglio nel suo libro; Gesù era straripamento di Dio. Quando dico che Gesù è singolare non dico che è superiore, esclusivo ed escludente. Nell'Islam, in tante altre tradizioni, nell'ebraismo, nel buddismo illuminato, sia pure in modalità diverse, ci sono esperienze che fanno questo riferimento, c'è uno straripamento. E' chiaro che io non posso fare un'insalata di tutto, posso imparare da tutti. Quelli che sono stati i discepoli e le discepole di Gesù l'hanno detto di lui. Ma lui faceva riferimento a un oltre se stesso. Gesù non era un dito puntato verso sé, era uno straripamento di un'altra presenza; lui parlava  del regno di Dio, concezione ebraica per eccellenza. Cristologie esistenziali. Io lo devo scoprire in questo ponte, la sua esistenza e la mia esistenza. La testimonianza della scrittura mi dice che alcuni hanno trovato il significato di Gesù in quel tempo per la loro vita; io devo ricercarne oggi il significato. La cristologia esistenziale è che l'esistenza storica di Gesù, con le mediazioni della scienza e della storia, assume un significato per la mia esistenza. Imitare vuol dire prescindere dalla responsabilità storica; imitare vuol dire mettere i piedi nelle orme. Questa è la cosiddetta imitatio, ma questa è una teoresi. La sequela  invece è che io devo andare nella direzione dell'amore, dell'affidamento, ma devo inventare le modalità concrete. Questo è seguire: seguo nella direzione. Ma imitare è il concetto greco di mimesis: quando io ripeto gli atti; la mimetica è che io seguo come tu ti muovi. La sequela è immaginazione creativa, perché io non devo compiere le stesse cose, devo viaggiare in quella direzione, però inventando, perché il mio tempo è un altro tempo. La storia oggi è un'altra cosa, la vita oggi è un'altra cosa, la cultura è un'altra cosa. Quindi non l'adorazione. Gesù Salvatore significa che egli ci porta a contatto con la salvezza di Dio, ce la fa vivere, è colui che ci mette in contatto con il Dio che è la nostra salvezza. Stupende la pagine di Jacques Dupuis. Ma come hanno potuto condannare quest'uomo! Essendo stato in India come studioso, lui aveva detto "Dio è più grande del cristianesimo". Nel libro che ho scritto con la comunità di base di Lucento “Essere semplici è possibile?” (Editrice Tempi di Fraternità - Torino) dicevo: Dio è più grande; Dio è Dio, noi l'abbiamo imprigionato in una storia, non facciamo questa bestemmia di Dio. Dupuis disse: io sono stato in questo grande continente 40 anni fa e ho visto i sentieri di Dio molto più ampi e il mio cuore si è allargato. Questo non è piaciuto. Quando poi scrisse il suo libro sul dialogo con le religioni del mondo “Verso una teologia del pluralismo religioso” (Queriniana, 1997) aggiunse ancora questo concetto sul Salvatore. Lui diceva che la salvezza di Dio è una salvezza che è distribuita in tutto il mondo. Per noi Gesù è quello che ci ha messo in contatto con Dio. Ma la salvezza è solo nelle mani di Dio, non è legata a nessuna strada, perché Dio abita tutte le strade. L'hanno condannato e tolto dall'insegnamento. Nel dialogo, Dupuis diceva, non è che io amo meno la mia strada, ma ho sentito di amarla di più quando ho capito che ce n'erano tante. E il fatto che Dio avesse creato tante strade, perché lui è fedele all'umanità, mi ha creato un senso di gratitudine. Amo ancora di più la mia strada, però la mia strada non è l'unica. Mi sono sembrate delle cose così gioiose quando le ho sentite!

E' ora di concludere. Una piccola esortazione: stiamo attenti a quando, senza accorgercene, diventiamo un po’ fondamentalisti. Non diamo mai per scontato di usare i metodi storico-critici. Ad esempio le cose che sento dire di Paolo: conservatore, illiberale, antifemminista, sono delle semplificazioni. Dobbiamo invece misurarci con gli studi di Maguerat e di molti altri, perché oggi Paolo è considerato uno dei personaggi più sovvertitori.


 

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   Pag. 54 da Gesù di Nazareth perfetta icona di Dio di L. Scaccaglia

 

[2] PAGE"  \# ""'Pagina: '#'
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   S. Patterson "Il Dio di Gesù pag. 137-138

 

[3] S. Patterson "Il Dio di Gesù" pag. 138