LE RADICI E IL CAMBIAMENTO

 

di Franco Barbero

 

In “cdb informa” n° 10 novembre 2004

 

Nel contesto della problematica aperta dalla lettura degli Atti degli apostoli, che tutt'ora stiamo facendo in comunità, abbiamo invitato il nostro amico Franco Barbero, perché ci desse degli stimoli su un argomento attuale anche oggi nelle chiese cristiane. Il testo è il risultato  della trascrizione di Elisa e non è stato rivisto dall'autore.

 

Farò tre sostanziali riflessioni:

  1. quello che avvenne alle origini cristiane
  2. quello che avviene
  3. la ricerca di alcune piste che non siano solo di sopravvivenza

Sto lavorando ad un libro in cui compaiono anche cose che non ho mai osato scrivere, anche per non ferire il movimento di base e che ho anticipato un po’ sabato e che si intitolerà “Temo una chiesa di base”, e che incomincerò ad esplicitarle.

QUELLO CHE AVVENNE

Le tensioni di oggi a me sembrano non minori di quelle che hanno popolato le origini del movimento di Gesù. Possiamo confrontarle, me non sovrapporle, sono contesti, culture, modalità diverse. Il confronto risulterà tanto più utile nella misura in cui non ne facciamo una sovrapposizione, una identità. Le tensioni di allora, su cui discutono gli studiosi, e son grato a persone come Filogamo, Gianotto, della scuola di torino sostanzialmente, perché hanno tentato di vedere questo fenomeno che ho già tentato di disegnare: quando è nato il cristianesimo? Una corrente di studi (Meil, Barbagli in Italia) ormai ha individuato che per tutto il primo secolo il cristianesimo non è esistito. Sono esistite esperienze che si rifacevano a Gesù di Nazaret quali settori dell’ebraismo in riferimento a Kumran, in riferimento ai sapienti, in riferimento ai farisei, in riferimento a particolari movimenti innovativi, altri settori dell’ebraismo facevano parte a Gesù. Oggi l’aspetto assodato è che Gesù non ha fondato il cristianesimo. Non ha mai pensato di fondare una religione, questo ormai è assodato. Quindi, specialmente Gianotto, ma addirittura la rivista biblica italiana, sostengono questo. Si può discutere su un decennio prima, un decennio dopo, nella rivista Viottoli potete leggere l’articolo sul libro di Kail che ho molto citato a lungo, che riprende il quadro degli studi prodotti sull’argomento. Che cosa è avvenuto che le tensioni di allora si concentrano secondo gli studiosi sull’ossevanza della legge e sulla cristologia.

Bisogna ancora osservare le legge? Secondo Matteo assolutamente si, secondo altri gruppi di cristiani no.

La cristologia: né Paolo, né Marco, né Luca né Matteo avrebbero mai pensato di scrivere parole divine su Gesù, e invece ….

Sia il problema dell’osservanza della legge, sia la cristologia hanno scatenato il vero putiferio. Sarà poi Giovanni che comincerà, alla fine del primo secolo o all’inizio del secondo la cosiddetta redazione Giovannea, che non è il Vangelo di Giovanni delle origini, quello che noi abbiamo è forse la quarta o la quinta edizione e revisione del vangelo. Ci fu un periodo in cui fu possibile governare le tensioni nella unità. Questo è il primo secolo. L campione di chi savivere le tensioni senza seppellire l’unità è Paolo, crea tensioni dappertutto, lancia messaggi, ma non sogna di rompere con l’ebraismo. Nelle sue comunità suscita vespai in continuazione, battaglia, interviene, in bene e in male, Paolo è un tipo intelligente, appassionato, sanguigno, è un attacca bombe, pacifiche, teologiche, ma che cosa succede? Per lui è pacifico che Gesù non è Dio, che non siamo nell’ebraismo, solo che in una buona famiglia, secondo l’educazione paolina, se non bisogna proprio darsele, però bisogna andare vicino. Le tensioni non sono necessariamente distruttive, quando Matteo dà l’ultima toccata al suo vangelo siamo ancora all’interno dell’ebraismo, ma già si avverte che tensioni sono alte. Quello che avvenne lo sappiamo dopo, da tutte due le parti. Lentamente sarà poi nel terzo quarto secolo che il divorzio sarà totale. Non possiamo fare una mappa uniforme, ma diversificata. Le tensioni in questo periodo alte non sono destinate alla distruttività. Possiamo convivere. L’ebraismo non avrebbe mai concepito una maniera di credere dove non ci fossero dei gruppi con mille idee diverse. Questa era l’esperienza del giudaismo contemporaneo di Gesù, dove ce n’erano di cotte e di crude, dove la pluralità delle teologie si esprimeva, dai sadducei, ai farisei, ai sommi sacerdoti, a certi gruppi di zelati, c’era un’elaborazione particolarmente diversa. Non potremo mai indovinare che cosa avvenne, ma gli studi più grandi che sono quelli del Fashow editi da Einaudi, fanno vedere questo percorso. Avremmo la separazione e il cristianesimo come passaggio da setta giudaica a religione autonoma. Ma è un passaggio lungo. Lo dico perché nel nostro immaginario è ancora presente una struttura molto lontana da questa. C’è l’idea di Gesù fondatore, che ha fondato la chiesa, che avrebbe fondato una sacramentarietà, delle gerarchie, che avrebbe fatto dei sacramenti, non è paradossale. La cosiddetta Chiesa modellare, di cui parlerò giovedì a Firenze, in una nuova comunità, Le Piagge, è quella che viene insegnata nel catechismo, vige come una certezza dogmatica, che gesù ha fondato la chiesa, i sacramenti ecc.

La costruzione del modello arrivò lentamente e si strutturò in tutte le dimensioni. Ma questo modello dura tuttora. Il modello diventò rigido, sacralizzato e aveva un fondatore: Gesù Cristo. Per molti teologi questo è stato il modello provvidenziale di Dio. Dio ha voluto questo, la teologia maschile, i dogmi, senonchè, da almeno tre secoli, un gruppo di teologi, intensificatosi in questi ultimi decenni ha rimesso totalmente in discussione questo aspetto. Ricordate il libro di Renton, Ebrei e cristiani al dialogo, della Claudiana, ma soprattutto Standhal, Drewermann, i quali ragionano in una direzione completamente diversa. Fu un tragico errore che poteva e doveva essere evitato (V. Il dono dello smarrimento).  È stata la caparbietà delle due parti a fare muro contro muro, è poi stata l’apologetica, l’abbraccio dell’impero, un insieme di cause che si potrebbero meglio esplorare ma oggi noi dobbiamo porre rimedio a questo tragico errore. Nasce così la direzione della separazione: le tre sorelle, ebraismo, cristianesimo e islam devono ritornare a fare famiglia unita. La stessa città e tre quartieri. Il vero problema che la teologia oggi pone e di cui poco si parla nella divulgazione, molto si studia nella ricerca, è proprio questo. Da una parte c’è la storia, abbiamo storie divise, non si può mettere in un pacchettino la storia, guerre, studi, civiltà, impianti di chiese, sinagoghe, tradizioni, tutto strutturato nella divisione, nel codice della divisione. Ma bisogna guardare avanti e cominciare a pensare nei termini delle convergenze e  della convivialità delle nostre differenze.  

Questo è quello che avvenne, e che ha dato vita ad una dinamica funesta, tutte le volte che compare una differenza, noi fondiamo una chiesa nuova, anziché affermare di essere chiesa altra, comunità di esperienza altra come portatrice di originalità avviene un processo di rottura, anziché aggiungere fiore a fiore, un’esperienza da accettare la dinamica difficile delle tensioni, noi operiamo delle rotture, e le tensioni si accentuano perché nasce la dinamica della prevalenza, della sconfitta dell’altro e da allora quella tensione che si illudeva di superare separandosi si esprime ancora più violentemente nella concorrenza, nell’occupazione delle aree, nell’occupazione religiosa delle aree. In russio adesso il cattolicesimo vuole invadere l’ortodossia, e avendo più mezzi, e avendo anche una struttura culturale più elaborata, avendo veramente molte carte in più sta mettendo in difficoltà l’ortodossia. Per altri versi, il Brasile, nazione cattolica, se procede così fra cinque anni sarà protestante la maggioranza. I protestanti sono cresciuti nell’ultimo decennio del 27%. In Cina, dove si diceva che il cristianesimo no penetrerà mai, il protestantesimo evangelicale, molto conservatore sta facendo aumenti sproporzionati, e la Cina è all’avanguardia nel protestantesimo evangelicale. Quindi la mappa tra l’altro cambia, con delle tensioni, con delle battaglie, non tanto per testimoniare il vangelo, ma per conquistare delle posizioni.

QUELLO CHE AVVIENE

Mi pare che sia impossibile non vederlo. Lo avete anche ritratto nel volantino. Ed è anche difficile sottovalutarlo, lo guardo anche con occhio di affetto, i vari cristianesimi ufficiali si chiudono progressivamente. C’è proprio una chiusura sui temi dell’umanità, della libertà, c’è la preoccupazione della propria istituzione. La propria presenza, gli spazi nella scuola, nei video, c’è una grande angoscia che si traduce in un presenzialismo, tentativo di esserci, alleanze economiche, alleanze con i poteri, parlare di pace ma rimanere alleati con i guerrafondai, cercare di prendere il pesce per la coda senza che ti scappi la testa. Ma noi avvertiamo, ed ecco l’agnosma, che ne parlo dopo. Di cui ho parlato nel libro di ………. Che dice che c’è una carta piena della nostra quotidianità che nell’agenda non c’è più Dio. Una chiesa di questo tipo, con padre Pio ne prende molti, con le Madonne altri, ma ti accorgi che cresce il cosiddetto agnosia. Non nego Dio, non mi interessa più. Del resto il cristianesimo cosiddetto democratico, conciliare tutto sommato gioca tutte le carte nella difesa del concilio, ma vuole un cristianesimo dal volto umano che è molto, ma che è anche poco, non è molto di più di porre dei correttivi al modello di straripante potenza, e quindi non destruttura la teologia, se mai favorisce i modi diversi di essere chiesa. Anche il cristianesimo democratico deve lentamente fare i conti con questo clima. Abbassare le pretese. Molti preti mi dicono che nella predicazione domenicale dicessimo certe cose, saremmo già sospettati. Ora con il problema dell’ultima lettera, lunghissima,  dove si raccomanda la delazione (se il parroco nella predicazione o nella liturgia fa qualche eccezione alle regole, tu puoi scrivere al vaticano e accusare il tuo parroco, senza avvertirlo. Oppure puoi fare una lettera anonima. E’ incoraggiata la delazione contro il presbitero. Es. autorizzare una donna a leggere la prima lettura, ammettere le chitarre, permettere ad una donna di prendere la parola, sono 67 lunghissimi capitoli. Andateli a leggere sul sito del Vaticano o c’è una sintesi su Adista. 197 note, da cavarsi gli occhi.

Che cosa voglio dire? In questo contesto c’è veramente la paura, la tensione, la mia esperienza mi pone in una situazione di ascolto,

(racconto del matrimonio a Baveno di una coppia gay, mentre per la legge italiana per chi cambia sesso si fa un atto di nascita nuovo, è molto avanzata, per la chiesa non è così, non si puo cambiare nome, chi nasce maschio, maschio resta, la natura non si cambia, vai a spiegare che la natura e la cultura interagiscono, ma possiamo falsificare il documento di battesimo, ho falsificato tanti di quei documenti….. Però trovo questo parroco che mi riceve. Gli dico che ho seguito tre anni queste persone, non voglio dargli fastidi, perché io sono in una situazione… No,no venga, venga..

Arrivo e mi dice sono contento che lei sia venuto. Oggi le metterò la casula più bella, la stola più bella, spari contro tutto il vaticano perché lei può farlo. Io non posso devo dire di pregare per il papa, e si è messo a bestemmiare contro tutte le gerarchie. Io semmai dirò che sono andato via. Poi è stato in sacrestia tutto il tempo e mi ha fatto i complimenti)

Sono stato contento. Sapete qual è stato il regalo della parrocchia più grande di Pinerolo per i trent’anni della comunità? Il più bel camice e la più bella stola, come dire come teniamo in conto decreti. Più che altro la pura, l’angoscia…..

E’ possibile che di fronte a pratiche di espulsione, di emarginazione, ma soprattutto di silenziamento come se non esistesse chi nella chiesa la pensa in modo diverso, che ci si senta lontani, estraniati ma anche estranei, è possibile la tentazione di andarsene. E’ possibile tradurre la radicalità evangelica, facendo uno scambio nocivo, in radicalismo e compiere la rottura. Ma è veramente una storia che conosciamo tutti, nella mia comunità c’è questo sentire. Mi dicono che dialogherei anche col diavolo, con tutti, e io sono contento di questo aspetto di cui ringrazio Dio, ma una grossa parte della comunità ha evitato delle rigidità, e ha mantenuto il dialogo con tutti. Abbiamo anche mandato l’avviso al vescovo per i trent’anni. Perché effettivamente è facile entrare in questo gioco.

Un gruppo nella mia comunità, un gruppo notturno……mi vogliono con la stola, alcune di loro vogliono confessarsi, io parto dal loro presupposto, e qualcuno mi dice, alloro coltivi ancora…. Come fai a dare un’assoluzione, Io dico che se una persona ha questa tappa della sua maturazione io lì sono, perché il mio ministero non è per me, … Questa è una grossa discussione nella mia comunità. Perché parlare sempre con il vescovo, invitarlo con cordialità?..ora la stragrande maggioranza della mia comunità è d’accordo su questa prospettiva. Che è sempre una prospettiva da mantenere aperta, perché questo costituisce una pratica che secondo me è una pratica di forte non violenza.

Vi tiro fuori un documento, prezioso nel tempo. Perché quando si fanno delle scelte è incredibile come ci si trova a volte nella solitudine, anche da persone bravissime. Quando fui messo sotto processo, nel 1987, il primo grande processo, mi arrivarono delle lettere da tutte le parti che io obbedissi, anche l’episcopato chiedendomi la sottomissione figliale, i preti operai, a chiedermi di fare l’obbedienza, ho sottomano una lettera di Enrico Peyretti, per dirvi le pressioni che uno subisce. (legge)

“Ti dirà lo spirito se libertà e verità stanno ora nella resistenza o nella resa, al fondo delle dispute teologiche perché il nostro razionalismo non trituri le luci che possiamo aver ricevuto dai nostri padri e la nostra stessa possibilità di amore io vorrei fare come Lutero, prendere il coltello e incidere sul tavolo Hoc est corpus meus cioè appoggiarmi alla parola che è più di tutti i magisteri ma  anche più di tutte le teologia nuove. Non credo che sui due punti che ti sono contestati si debba far valere la gerarchia della verità: la verginità di Maria è centrale come la divinità di Gesù e non è necessaria per credere questo. Ma sulla divinità di Gesù io ti prego, per l’edificazione della fede di chi ti acolta di fugare se puoi ogni ambiguità con un’affermazione positiva. Se quel Gesù che cerchiamo di seguire non è veramente Dio, allora Dio non è venuto a noi, non si è fatto povero con noi e per noi. Se Dio è rimasto geloso nella sua altezza e da lassù ha scelto l’uomo Gesù allora non è quello il Dio in cui Gesù mi ha fatto credere, e in cui spero con tutto il cuore. Ti abbraccio.”

Immaginate cosa vuol dire, la forza di pressione, quando oggi non c’è nessuna ricerca (ho fatto queste trenta pagine sulla figura di Gesù, per togliermi il gusto) la ricerca non la pensa nemmeno più questa cosa. Che Gesù è Dio come Dio. Perché vi ho letto questa lettera. Per dirvi come il cristianesimo democratico aperto, Enrico è una persona straordinaria, io gli voglio un bene grandissimo, bisogna sapere che c’è un limite: la cultura è di questo genere. La gente che non legge più, che non studia. Io ho in casa la madre superiora da un mese e mezzo di una congregazione colombiana, e il segretario generale, padre Basilio vivono nella sede della comunità da un mese e mezzo, sono venuti per farsi riconoscere dal vaticano e comporre con me le lettere per ingannare il vaticano un po’ sulla loro congregazione. Vogliono essere riconosciuti. Ma cosa vedo, sono persone buone, vicine alla gente, oneste, ma di una ingenuità ……..in teologia  dei livelli che forse non immaginate.

E questo è il cattolicesimo migliore. Democratico ma aperto, legato alla vita dei poveri.

Perché restare? La mia pratica mi spinge in questa direzione: non rifare l’errore di liberarsi dal peso di una comunione difficile con la rottura. Voi direte: la comunione difficile la spezzano loro. Non serva sbattere le porte, significa interrompere un dialogo, portare dentro di sé una rabbia divoratrice, non è la mia strada, non la sento come una cosa che mi porta da qualche parte. Se gli altri mi chiudono una porta tento di riaprirla.

Cercare un’altra chiesa? E’ possibile, conosco molti preti che per motivi personali di scelte sono diventati pastori protestanti, italiani. Gli svizzeri il 20% di pastori protestanti sono ex preti cattolici.

Ritirarsi in silenzio? Cosa vuol dire, che siamo delusi, che ci aspettavamo che battessero le mani? Siamo consapevoli che nella vita se fai alcune scelte….

Compiere un percorso autonomo senza più mantenere una comunione essenziale, lasciando anche un minimo dialogo con le realtà possibili, definirsi come usciti dalla chiesa cattolica. Nessuna di queste posizioni. La mia posizione, maturata anche un po’ in solitudine a livello di elaborazione teologica, è quella che qualche volta mi è anche pesata nel movimento, ed è espressa nel quaderno Perché resto? E non voglio dire che sia l’unica ipotesi percorribile, no, per la carità, ma lasciare sbattendo la porta crea solo forte crisi. Passare ad un’altra chiesa per me che vivo in terra protestante significherebbe cadere dalla pentola alla brace. Io voglio molto bene al protestantesimo, ma in questa parte è molto più spento che non il cattolicesimo. A Pinerolo è molto più presente qualche realtà marginale cattolica, che non il protestantesimo, dove tu vai in chiesa la domenica e ti accorgi che il pastore, o è diventata la pastora, ma non importa, cambia proprio poco, devo dire, tutto ben paludato, fa una predicazione magari anche interessante, ma dove Gesù espia per i nostri peccati, dove tutto è divino, dove la parola va dall’alto del pulpito e scende sopra una comunità che dice ogni dieci minuti Amen. Canta, canta bene, ma nessuna persona può intervenire. Certo che se manca il pastore può farlo un altro, ma si ripete una situazione purtroppo, devo dire, angosciante, avessimo un protestantesimo che rappresentasse una grande e bella alternativa, ma mi sembra che realisticamente guardando l’Italia, conosco bene l’Italia del sud, dove vado spesso, sono stato in questi giorni a Palermo, nella chiesa evangelica, che ha invitato alcuni gruppi, ma devo dire che le presenze più interessanti erano quelle cattoliche, fuoriuscite. C’è tutto un rituale molto pesante per cui io rispetto, ma non mi sembra che per delle comunità per noi dentro la base questa sia una grande scelta. Io resto, personalmente, perché ritengo, come tante comunità che hanno scelto di restare, perché amano la realtà in cui hanno ricevuto anche molto, io parto sempre dal presupposto che ho ricevuto molto, perché qui ho moltissimi collegamenti, perché moltissime persone mi dicono Franco non mollare, resta, continua a parlare e trovo sempre persone vive, vive, perché qui posso dal battaglia conoscendo alcune dinamiche. E qui conosco tante persone buone..

Queste ragioni per me valgono molto, ma perché questo abbia uno spessore occorre un percorso teologico, spirituale, psicologico, occorre approfondire il dato ecclesiologico, occorre essere una realtà che ha qualcosa da dire, che c’è. Il vero problema è che sovente, privati della culla di questa amicizia, noi lentamente ci impoveriamo. Questo è un aspetto che bisogna dire, io credo che sia possibile fare questo cammino e sia possibile farlo restando davvero, e quindi con continuità,( io sono truce su queste cose qui, molte comunità di base vogliono fare una chiesa altra e poi si chiude tre mesi d’estate l’attività.) Con i legami, come questa piccola meraviglia che è il vostro bollettino. Pur non avendo il consenso, è una voce che si legge molto volentieri, molto seria, fatta bene, equilibrata, ricca. Questi sono momenti che contano.

Ma io direi che noi dobbiamo anche fare i conti con altro. Il libro di Armido Rizzi, Oltre l’erba voglio,  Ed. Cittadella sostanzialmente ripercorre il nostro novecento e guarda le lontane radici e gli sviluppi ulteriori e presenti del narcisismo deresponsabilizzante. Non ne fa una lettura moralistica, ma una lettura etica, c’è lentamente, in un tessuto che ha pervaso costantemente la nostra vita e che è diventata la dittatura dei desideri. Lo raccomando molto. Per rimanere bisogna avere un’impronta di personalità comunicativa. Una struttura comunicativa. E quindi perché rimanere dentro in una situazione di enorme contraddizione è tempo di pensare ad una chiesa di base, coordinata, collegata, che vada ben oltre le comunità di base, quindi il movimento Noi siamo Chiesa, il movimento delle parrocchie democratiche, il movimento dei preti sposati, i siti delle donne, le teologie femministe, i convegni. Tener presente tutto ciò che muove in questo calderone, oltre la nostra esperienza, portare un contributo per la costruzione di una chiesa di base, ed allora il sito, le cose che già voi fate, la rivista, l’ottica del lavorare a far continuità, dentro un’apertura . E’ un lavoro che poi trova degli addentellati, che trova delle persone. Io vedo quanto è importante. A Pinerolo abbiamo fatto, anche per il dono di un fratello e di una sorella della comunità, abbiamo strutturato un piccolo alloggio che facciamo come la casa del viandante, che viene a trovarci. Magari qualcuno vuole rimanere due giorni in comunità, narrarci la sua storia, noi la nostra, raccontarci.

DOVE ANDIAMO

Posso indicare alcuni consigli:

Rimanere aperti, mantenere i contatti con l’esterno, come ho detto ampiamente prima

Fare di noi una psicologia, una spiritualità dell’humor, vivere con tranquillità queste cose, nella lotta bisogna rimanere molto sorridenti, molto fiduciosi. E il prete che si sposa, ma lascia che si sposi, ma continua a fare il prete, vivi l’amore, lascia che il mondo giri. E il gay che non gli danno la comunione va cinque volte a confessarsi. E non andare, lascia stare, vivi sotto il sorriso di Dio. E il separato che il parroco gli ha detto non va bene. Manda a ramengo il parroco, vai avanti nella tua vita, cerca di vivere al cospetto di Dio. Se uno fa una lagna contro ogni paracarro, non va avanti nella vita. Questo atteggiamento per me è stato il parafulmine della mia vita, se qualcuno ti maledice vuol dire che sei un soggetto interessante, e se ti dicono che sei bravo, va bene, lo piglio, anche questo. Sotto questo concetto c’è che noi dobbiamo vivere al cospetto di Dio. E questo è quello che mi interessa, e che poi mi da la pace, e che mi mette nella libertà ma anche nell’umiltà è guardare a Dio, non dipendere dalle patacche, se mi benedicono, se mi maledicono, se uno nella vita sceglie delle cose non può aspettarsi né tutti nemici né tutti amici. Ma non è questo che dà la pace al mio cuore, è cercare con onestà, con umiltà un sentiero, con le donne, gli uomini, confrontarmi, convertirmi ogni giorno, non pretendere di avere la verità. Non cessare di mettere me stesso in prima persona in discussione. Però avere questa profonda pace. È la pace che crea comunicazione. E che cosa si riesce a fare in questa situazione e darci il senso del fallimento, il senso di inutilità per un gruppo, oppure i sensi di colpa per una persona. Invece una spiritualità biblica, semplice, nutrita anche di preghiera, di celebrazione della propria fede, nella mia vita è stata fondamentale. Perché sinceramente non ho un palpito nemico né per Ratzinger, né per il mio vescovo, né per nessuno. Non mi interessa, non riesco a dirigere energie contro. Cerco di costruire qualcosa per i ponti, tengo conto di ciò che dicono, ma non ho bisogno di sentirmi benedetto. Quello che bisogna fare è coltivare questa pace, ma che è fonte di grande energia, si sta meglio.

Quindi guardare fuori, coltivare la pace, ricentrare sempre l’obiettivo (chiedersi se si cammina sulla strada di Gesù).

Ridiventare itineranti: conchiudersi nel piccolo delle nostre esperienze ma cercare coordinamenti, non tenere la casa chiusa, perché il futuro, secondo me, non è così semplice, non solo per il quadro politico-culturale, ma per il quadro che come dice Rizzi ha vinto il narcisismo, cioè le persone sono sempre più ricondotte all’autoreferenzialità. Che è un qualcosa che però prende anche noi, attenzione. Non solo gli altri. Prima di tutto devo includere me. Noi siamo costantemente nella tentazione dell’autoreferenzialità. Bisogna tenerne conto, si tratta di rivedere, non di macerarsi. Non di fare gli eroi, ma di vedere se per caso non ci siamo infilati anche noi dentro a queste mappe.

Altra cosa, come diceva Giovanni Avena, sabato a Pinerolo, c’è una pianificazione della disinformazione, ma soprattutto la pianificazione del silenzio. E’ venuta a Torino suor Gramm, incredibilmente profetica, che parla a milioni di persone, piena la sala della manifestazione la Stampa, la Repubblica non hanno dato un rigo. Né ha parlato abbondantemente L’Unità.

Ma c’è un altro problema che ho tentato di lumeggiare: il cosiddetto agnosma crescente. Il libro di Utenberg , parla di a – gnosis: Dio è fuori agenda. Ha scritto questo libro, che ho ampiamente citato, La teologia in esilio: Il volto delle chiese, il narcisismo galoppante non solo ha disturbato i credenti distogliendoli da un’esperienza di fede autentica, ma ha reso spesso, molto poco attraente la stessa idea di Dio. L’agnosma è qualcosa di diverso dal fatto che molte persone si allontanassero dalla fede perché erano scandalizzate. E’ avvenuto secondo questo teologo di Tubinga, una situazione antropologica dove Dio è fuori agenda, o meglio la nostra agenda è piena senza Dio. Ovviamente non è così vero, ma c’è una tendenza, c’è una vita molto organizzata, l’agenda degli orari, dei divertimenti, delle malattie, le cose da fare, che da fattibile (attivo) diventa da farsi, passivo, lo devo fare. Ed allora Dio subisce l’agnosma e la marginalizzazione progressiva. Questo è un fenomeno sociale molto diffuso. Perché mi sono dilungato su questo argomento, perché molte comunità hanno fatto questa esperienza che anche noi abbiamo toccato con mano, molti giovani in una fede tradizionale non si trovavano, ci dicevano dalla comunità di base di Roma, noi abbiamo fatto una catechesi rivoluzionaria e non si trovano lo stesso. Ma non perché non vada fatta, ma perché c’è questo agnosma e la società è strutturata in questa maniera. E dobbiamo tenerne conto, perché mentre si confrontano molte religioni, mentre nascono nuove culture, mentre molte religioni rappresentano più delle esperienze e delle mode, non dei contenuti, c’è questo agnosma. Allora c’è chi cerca Dio in una maniera altra, e sono molti, non dobbiamo mai dimenticarlo, ma c’è anche questo clima. Vi faccio un esempio: il gruppo Kairos che vive in Toscana, dal quale vado ora, ha aperto una sezione all’università e li hanno interpellati per una cosa. Loro sono ragazzi impegnati politicamente e sono un gruppo di credenti, e quando a sinistra dicono sono credente, dicono che sono un estraneo, quando vanno in parrocchia e però noi lottiamo per questo, siamo di sinistra, siamo estranei anche da lì. Questi ragazzi, che sono vivi, impegnati, hanno trovato due luoghi di indifferenza, hanno tentato questa via, che vivono con passione, hanno provato le due estraneità, ed è facile scoraggiarsi.

Per concludere, in questo contesto, teniamo conto delle persone che ricercano, noi non abbiamo che da fare tutta la nostra parte personale, con un cammino di libertà e di amore e di passione, e poi certo dobbiamo nello stesso tempo pensare che uno degli aspetti più limitanti della chiesa di base, è che non ha costruito ancora una struttura comunitaria continuativa. Voi avete già molto lavorato nella dimensione della comunicazione, ma la chiesa di base non ha attualmente la coscienza di quanto sia importante una presenza strutturata, umile, semplice, perché gli uomini e le donne non sono degli angeli, scesi dal cielo, ma hanno bisogno di incontri, di rapporti, di occasioni, di celebrazioni, di studio, di calore, di presenza, una volta di più per me comincia il bello, peccato che ho l’età che….. Andarmene dalla chiesa io non ci penso nemmeno, perché sto benissimo, la battaglia è proprio ciò che ci fa vivere, noi abbiamo la fortuna di essere in minoranza, e nella chiesa vuol dire collocarsi in un’ottica di ricerca, per cui due cose cono assolutamente necessarie sempre. Convertirsi personalmente e investire amore, passione, intelligenza, nelle cose che facciamo comunitariamente.

Non sono per niente stanco di vivere, e sento che l’iniziativa di base è un’iniziativa feconda.