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La fedeltà di Dio e le maschere del potere

Una lettura attuale dei 2 libri di “Samuele”

 

Sbobinatura dell’introduzione fatta di Franco Barbero il 2 giugno 2006 ai 2 libri di Samuele, il nuovo libro della Bibbia su cui rifletterà il gruppo biblico della cdb di Chieri – testo non rivisto dal relatore - da "cdb informa" n° 35 giugno 2006

 

Alcune questioni introduttive. Noi ci troviamo di fronte ad una prima annotazione, necessaria per situare il libro. Dopo la Torah , i primi 5 libri, noi abbiamo una grande seconda unità, che si chiama profeti anteriori. Abbiamo questa grande opera che viene redatta, sembra, nella mentalità del Deuteronomio. Comprende i libri di Samuele e poi, a partire già dall’opera precedente, fino ai libri dei Re, abbiamo l’opera deuteronomistica.

La prima questione che noi dobbiamo affrontare è il grande dibattito che esiste tra gli studiosi  e le studiose sulle questioni attinenti gli autori, le fonti, la datazione.

Devo subito dire che si tratta di questioni assai discusse. Il testo non ci restituisce la totale realtà, perché c’è la propaganda, l’apologetica e poi c’è la grande testimonianza. Il testo è un textus, quindi è un intreccio, dove io devo vedere le luci le ombre e devo specchiarle anche dentro la mia vita. Il testo diventa sempre nuovo perché la nostra vita cambia di continuo. Gli autori che hanno più studiato (sono appena stati editi alcuni testi) sono: la scuola di Rendtorff, che ha pubblicato recentemente due volumi della Claudiana; la scuola di Brueggeeman, con un commento recentemente tradotto, e parecchie altre scuole a partire dalla grande ipotesi di Martin Noth. Quale era l’ipotesi? Sembra che, finita l’esperienza della monarchia con esiti abbastanza tragici, avvenne, specialmente nel periodo dell’esilio, un profondo ripensamento. Questa monarchia tanto voluta, che cosa ha dato ad Israele? Il giudizio, sul quale gli autori  e poi i redattori ritornano, è profondamente segnato dalla sofferenza. Queste monarchie, sia al nord che al sud, hanno sostanzialmente tradito, sono stati luoghi di ambiguità. Sono state travagliate da controversie, corruzioni, intrighi di palazzo. E, qui è proprio il caso di dirlo, se non fosse per Jahweh tutto sarebbe naufragato nel nulla; soltanto la fedeltà di Jahweh ha permesso una continua ripresa, una ripartenza, ha evitato il disastro e ha permesso a un popolo di sopravvivere e a una fede di non perdersi. Gli autori e le autrici discutono animatamente, ma questa è l’ipotesi che raccoglie il maggior consenso. Dove avviene il dibattito tra gli studiosi? Sulla antichità delle fonti. Taluni e talune sostengono che si tratterebbe di fonti molto antiche, quasi semplicemente  giustapposte. Oggi si propende nel dire che esistono certamente delle fonti antiche, ma che il costrutto redazionale è del periodo: poco prima dell’esilio, esilico e post esilico, quando ormai l’esperienza è consumata e c’è la possibilità di riflettere, alla luce di ciò che è avvenuto. Quindi possiamo con grande probabilità pensare che il VI secolo avanti Cristo è il periodo in cui è avvenuta la redazione. Qui c’è un grande elemento, che anche un testo come il Brueggeemann lumeggia già dall’inizio: intanto si tratta di prendere atto che passare da una struttura “a giudici” (i capi tribù), ad una monarchia non fu un piatto tanto facilmente digeribile. Si è trattato di un passaggio assolutamente difficile, tant’è che i testi tentano di motivare questo passaggio quasi fosse una necessità. Il libro dei Giudici, che precede i libri di Samuele, termina così: ”A quel tempo – è l’ultimo versetto – non c’era re in Israele e ciascuno faceva quel che gli piaceva”; è chiaramente un redattore che vede nella creazione della monarchia un vantaggio. Ma ci accorgeremo, leggendo i due libri di Samuele, che questa idea del vantaggio della monarchia non appartiene a tutte le fonti, e chi ha redatto i 2 libri di Samuele, ha lasciato vivere, senza sopprimerlo, questo contrasto. Talora noi ci troviamo in uno scritto ad altalena: alcune volte sembra che la monarchia costituisca una benedizione, altre volte i testi dicono: è una grande maledizione, altre volte ancora dicono: è stata una necessità e un dono di Dio. Nello stesso capitolo si percepisce, talvolta si legge apertamente, che è stata una triste necessità. I testi ci restituiscono un dibattito. Anche qui grandi problemi: il dibattito è stato così all’origine, o è stato un dibattito che è sorto nei secoli? Domande aperte. Non bisogna mai, quando si fa un lavoro di ricerca, dare per certo ciò che è in via di chiarificazione. Bisogna avere l’umiltà di sapere che ad alcune domande non abbiamo precise risposte, abbiamo delle ipotesi. Sovente nelle riflessioni e nelle ricerche bibliche occorre veramente mantenere questa dimensione dell’interrogativo. Ma, in ogni caso, il messaggio è di una limpidezza straordinaria.

Questi libri sono chiamati libri di Samuele, ma di Samuele si parla nei primi capitoli, poi la figura si dilegua lentamente. Esistono in questi capitoli pagine di una letteratura affascinante, tra le più belle della Bibbia.  E’ una lettura avvincente, e rendo omaggio a voi che avete avuto il coraggio  di non spaventarvi di fronte a due libri che attraversano vicende strane, a volte, che presentano anche delle difficoltà, ma, sono sicuro di questo, scoprirete pagine inedite, leggendole e rileggendole. In una letteratura così vivace, così ricca di  umor, di angoscia, di realismo, di idealizzazione, c’è una mescolanza che è una “macedonia” letteraria. Io in questi giorni mi sono preso il lusso, siccome ho viaggiato molto in treno, di rileggermeli tutti e due, perché non c’è nulla di più bello che leggere i testi! Sapete che nella nostra tradizione sovente  commentiamo senza leggere: bisogna prendersi il lusso di leggere! Gli strumenti, per la carità sono utilissimi, ma la lettura è tale da non doverne mai prescindere; occorre gustare la lettura!

In Samuele ci si trova di fronte ad un romanzo storico, o ad una storia romanzata. C’è della storia, ma c’è del romanzo e c’è dell’altissima teologia. Ci si trova di fronte a pagine deliziose! Qui ci sono delle persone vive: voi incontrerete più di 30 persone, che agiscono, non agiscono, pregano, si disperano. I protagonisti principali sono: Samuele, Saul, Davide, attorno ai quali ruotano molti e molte altre, ma Jahweh è il vero conduttore. Voi vedrete che nei momenti di svolta c’è questa espressione: “Davide consultò Jahweh”. Sembra quasi che ci sia, direi proprio, un conduttore. C’è il bisogno di un riferimento essenziale. C’è un amore che guida la vita e la storia. Molti di voi sono molto attenti alla dimensione della teologia ed esegesi femminista; nel volume, che è il primo della “Bibbia delle donne”, troverete molte pagine dedicate alle donne. Ce ne sono talune di un’ importanza estrema. Anna è una figura straordinaria, tant’è che Eli la prende per ubriaca. Questa donna è l’artefice del magnificat, è una donna che prega, con una grandissima fiducia in Dio: Dio le ha usato misericordia. Troverete la disperazione e poi la gioia, quello che c’è nella nostra vita; però lei ha vissuto tutto davanti a Dio! Troverete poi questo uomo, Elkana, che va e dice “io non sono per te come 10 figli?” e più avanti dirà: “Tu non puoi venire al tempio? Ci vado io a ringraziare Dio che ci ha dato questo bimbo”. Il senso della gratitudine! Tra l’altro, come vedrete, il midrash ebraico si ripete. Da chi nasce Samuele, questo grande profeta? Da una donna sterile. Da chi nascono i grandi personaggi? O da una vergine o da una sterile. Qui c’è proprio un inno di fede!

Un’altra donna significativa è Abigail. Quella bravissima teologa che è Lidia Maggi  ha fatto un piccolo commento, che avevo ritagliato, dal titolo: “Oltre la storiografia di corte”, dove sostiene che  ogni tanto si fa vedere come brava una persona che  non lo è. Abigail infatti, questa donna che è una bella opportunista, qui passa come bravissima! E’ riuscita a convincere Davide, hanno combinato insieme il truschino per fare morire il marito, dice la Maggi , ma siccome qui è andata bene alla casa di Davide, tutto viene lumeggiato e giustificato; invece lei è stata una grande opportunista. La storiografia di corte però è  così. Persino Berlusconi oggi ha detto “siamo stati il miglior governo della repubblica”. Vedrete tanti nomi di donne, con un protagonismo notevole e con una presenza molto rilevante nel testo. Tra l’altro le autrici della Bibbia delle donne, nelle lunghe pagine dedicate al libro di Samuele, dicono che attraverso i passi in cui sono presenti figure femminili si percepiscono molti dati storici sulla vita quotidiana di allora.

Curioso è che, sia Eli che Samuele, hanno tutti e due dei figli sbandati; mentre i padri hanno una vita che testimonia una grande fede, i figli sono sbandati: questo è il modo biblico per dire che bisogna “passare ad altri”. In Israele si dice: la fede non si trasmette di padre in figlio, perché il figlio se non crede di suo, non basta l’esempio; allora la testimonianza è una cosa, ma la fede non è una cosa che trasporto da un bicchiere all’altro, da una bottiglia all’altra, bisogna che la persona la faccia propria. Possiamo dare attorno a noi la testimonianza, come è importante fare, come vedo tanti genitori e come voi fate certamente, però poi il problema vero è la responsabilità del soggetto che accoglie o non accoglie il dono della fede, la sua responsabilità.

Poi c’è tutta la vicenda del potere: bisogna sempre ricordarci che nessuno è indenne dalle tentazioni del potere, nemmeno i nostri neo-eletti. Questo vale anche per noi, dove siamo, dove esercitiamo un compito, dove abbiamo una competenza.

Volevo però sottolineare una cosa: da una parte troveremo dei quadri di idealizzazione, dall’altra un realismo impressionante. Per cui vi accorgerete che ci sono delle pagine in cui c’è la desacralizzazione.

Il primo problema che scatenò un dibattito che, se non fu così vivo alle origini, ma questo è un punto interrogativo, certamente si accese molto, molto presto, è stato: ma dobbiamo proprio crearci una monarchia? Questo è stato l’interrogativo. Gli stessi profeti, che spesso noi un po’ semplicisticamente leggiamo come l’anti-potere, hanno assunto nella storia del profetismo, su questo problema, tre posizioni diverse: quelli che hanno detto no; quelli che hanno detto sì e hanno appoggiato alcuni monarchi,  nel tentativo di sorreggere le loro riforme oneste a favore del popolo; altri che hanno sviluppato un “accompagnamento” critico e profetico rispetto ai poteri. Quindi il profetismo si distribuisce in una maniera molto diversa, ed è anche interessante. Noi sovente del profetismo abbiamo uno stereotipo invece, uscendo da questo, si vedono delle persone vive che si mettono in relazione diretta con le situazioni nelle quali agiscono.

Possiamo dividere i due libri di Samuele in 4 parti. Quando dico 4 parti alludo ad una possibile distinzione e divisione; non ne farei un problema centrale, ma è una divisione che ha il vantaggio di tematizzare. Nel primo libro di Samuele, nei capitoli 1-7, viene descritta la figura di Eli e abbiamo la “carriera” di Samuele potremmo dire, lo svolgimento della sua vita: la sua nascita, la sua vocazione profetica. La seconda parte di I Samuele (capp. 8-15)  narra invece l’istituzione della monarchia, con Saul. La terza parte sempre di I Samuele (cap. 16 fino al II Samuele cap. 4) è l’ascesa di Davide finché diventa re del sud e del nord. La quarta parte (II Samuele fino al cap. 20) è il regno di Davide, nel bene e nel male. Gli ultimi capitoli sono delle appendici, preghiere e considerazioni finali.

Noterete subito che i due testi, questi due ampi libri, guardano con favore a Davide: è il re prescelto e su di lui riposa la simpatia del redattore e anche degli scrittori. Di lui si celebra la magnanimità: potrebbe far vendetta di Saul, nemanco per sogno! Potrebbe vendicarsi dei nemici, perdona! Potrebbe approfittare di tante debolezze altrui, non lo fa! C’è un quadro di una idealizzazione immensa. Nello stesso tempo però, di lui si dice che è stato il più grande sterminatore: ha ucciso molti, passandoli a fil di spada. Inoltre di lui si mette in chiara evidenza il peccato: l’aver voluto trasgredire  con la moglie di Uria, l’aver ucciso Uria per prendergli la moglie. Il testo è impietoso verso Davide: tanto lo celebra, quanto però con realismo lo mette nudo. E’ chiaro che questo non toglie nulla di tutta la simpatia che c’è per Davide. Mentre per Saul c’è un’angoscia che costella tutta la sua vita. Questo mi porta ad avere simpatia per Saul; le persone troppo brave non mi attirano. Vent’anni fa scrissi un capitolo dedicato a Saul: se prega, Dio non gli risponde, poveretto! Nella disperazione va da un’indovina. Non ha nessuno che gli stia vicino. Suo figlio diventa l’amico intimo di Davide. Sfortunato in casa, sfortunato nella vita, si ucciderà. Una vita tragica quella di Saul. Vorrei dire per immagine: Davide alza gli occhi al cielo e Dio gli parla, Saul grida e Dio non lo ascolta. Saul è una persona tragica, non per nulla nell’arte Saul è stato così centrale, perché rappresenta il senso della tragedia. Ma la figura di Saul è estremamente importante, cosa che mi sembra i testi dicono poco, perché nei trapassi istituzionali, culturali, non c’è più quel di ieri e non c’è ancora quel di domani. Saul ha vissuto i travagli dell’adolescenza della monarchia, un passaggio che deve inventarsi un modo di essere: prima c’erano i Giudici, poi il tormento di Saul è stato quello di capire cosa significa essere un re in Israele. L’inquietudine profetica di Samuele, nella tormentata vicenda testuale, è stata sostanzialmente questo: “Ma noi non abbiamo sempre detto che re d’Israele è Jahweh? Ed allora perché abbiamo bisogno di un re?”. “Ne abbiamo bisogno perché ce l’hanno tutte le nazioni” -si dice all’inizio del libro - “Ma noi non abbiamo una nostra originalità?”- tenta la carta Samuele -  “e no, noi vogliamo essere come gli altri, come le altre nazioni, anche noi vogliamo un re” è la risposta. Samuele allora tenta di dissuadere - siamo nella prima parte - e poi dice: “Ve lo dico io che cosa sarà un re! E quale è il diritto del re? Che vi prenderà i vostri figli, i vostri averi, prenderà la vostra vita, questo sarà il re!”. Notate bene c’è sempre “vi prenderà, vi prenderà, vi prenderà”. Tutta la prima parte è in questo grande dibattito, che è straordinario. Volete un re? Ebbene lo avrete, ed allora sarà Samuele che unge Saul. L’importante che l’unto del Signore sia una persona gradita a Dio.

Vi inviterei ad avere molto riguardo per questa drammaticità della figura di Saul, il tragico della vita. In tutta questa narrativa di corte, Saul rappresenta l’istanza tragica, spesso presente nella vita. La figura di Davide impegna il presente e impegna il futuro. Al salmo 132 c’è addirittura la celebrazione della sua gloria e dell’arca che ritorna in Israele.

La seconda parte è tutta la vicenda di Saul: l’incontro di Saul con Samuele che, nel cap. 10, lo unge e  lo consacra re; poi Saul comincia ad essere segnato dalla sorte; dopo le prime imprese vittoriose il profeta vede che Saul inizia a consultare gli indovini; incomincia a vedere in lui il tradimento, eppure ci sono delle battaglie che lui vince, poi va dall’indovina. C’è l’impresa vittoriosa di Gionata. Parlando di Gionata, mi dispiace molto, io che sono amico degli omosessuali, che abbiano usato il brano Davide e Gionata per giustificare l’omosessualità! Questa è proprio una manipolazione, e mi dispiace. Ho detto a loro già vent’anni fa, quando fondarono il gruppo Davide e Gionata, “liberatevi di questo, non si tratta affatto di omosessualità”. Non si difendono le cause manipolando i testi! Poi e uscito il libro: “Gesù era gay”, non diciamo stupidaggini! Qui, nei libri di Samuele, è veramente l’elogio di una amicizia drammatica. Mi dispiace, lo dico sempre, perchè per accompagnarci nella vita non bisogna essere fraudolenti, perchè le frodi esegetiche e bibliche non portano da nessuna parte! E’ una pagina bellissima questa, è il testo dell’amicizia, dove peraltro è molto presente la difficoltà di essere se stessi, perché uno è figlio di Saul però è amico di Davide! Qui c’è la vicenda drammatica di Saul che viene preso dalla gelosia, roso. Ma, notate, io temo che una visione moralistica di questo fenomeno ci porti lontano. Saul sente di dover tenere insieme questo regno e vede che tutto gli scappa, che Dio non è con lui, sembra non benedirlo, che Samuele si allontana da lui, che non gli perdona nulla. E vede invece che galoppa veramente al trotto la fortuna di questo giovane rampollo che si chiama Davide.  Dal cap. 16, come dicevamo, Davide campeggia, vince, trionfa, ha tutte le benedizioni. Ed è chiaro che Saul che ha promosso una persona come Davide, che lo ha voluto presso di sé, ora vede che il regno è diviso. Noi semplicisticamente definiamo buono o cattivo, ma in  noi bisogna tenere conto dei sentimenti, delle emozioni. Qui Davide viene descritto come un santerello, ma gli stava portando via il regno! Bisogna tener conto di tutto questo!

Il testo riporta delle vicende di una bellezza incredibile, episodi notissimi che tutti voi conoscete, come il gigante Golia e Davide: uno lo leggerebbe 10 volte! E’ un gioiello letterario ma è anche teologicamente così bello! Ci sono delle cose incredibilmente ricche nel Primo Testamento,  sono delle narrazioni piene di sapore teologico. Quanto questo messaggio è rivoluzionario per le nostre vite, le nostre chiese, per la nostra vita di fede! Quella fionda… da una parte c’è l’ambiguità della violenza, la notiamo certo, ma dall’altra parte c’è l’insegnamento che non è una grande armatura che dà la vittoria, ma la semplicità e la disponibilità a mettersi nelle mani di Dio.

Pagine stupende sotto questo aspetto, bello anche l’affetto di Gionata, questa bellissima amicizia. Tutti hanno degli aspetti di tenerezza che vengono fuori e sono incantevoli, direi. Poi c’è qualcosa, sempre di ridicolo, quando Davide fugge presso Samuele:“Davide dunque fuggì e si mise in salvo. Andò da Samuele in Rama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot. 19 La cosa fu riferita a Saul: «Ecco, Davide sta a Naiot presso Rama». 20 Allora Saul spedì messaggeri a catturare Davide, ma quando videro profetare la comunità dei profeti, mentre Samuele stava in piedi alla loro testa, lo spirito di Dio investì i messaggeri di Saul e anch'essi fecero i profeti”. Sembra di leggere quello che succederà nel libro degli Atti degli apostoli:  le scritture si rimandano: là vogliono incarcerare Paolo, ma i carcerieri si convertono. Gli stessi messaggeri che dovevano essere gli spioni nemici diventano invece... Non solo, ma quando arriva Saul anche lui si mette a profetare.

Poi ci sono le pagine narrative: Saul che tenta di colpire Davide, ma anche Saul che nel cap. 24 s’inchina, chiede perdono: “Tu sei stato più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male. 19 Oggi mi hai dimostrato che agisci bene con me, che il Signore mi aveva messo nelle tue mani e tu non mi hai ucciso. 20 Quando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare per la sua strada in pace? Il Signore ti renda felicità per quanto hai fatto a me oggi.” C’è la drammaticità di Saul, che riconosce che è finito il suo tempo, è finita la sua ora. E’ l’ora di Davide. Davide risparmia ancora Saul nella grotta, prende un pezzo del mantello, ma non lo uccide. Anche questa volta Saul riconosce, chiede perdono: “Saul consultò il Signore e il Signore non gli rispose né attraverso sogni, né mediante gli Urim, né per mezzo dei profeti” . E’ il silenzio totale. Samuele lo ha abbandonato. Dio non gli risponde ed allora Saul si traveste indossando altri abiti: “Saul si camuffò, si travestì e partì con due uomini. Arrivò da quella donna di notte. Disse: «Pratica la divinazione per me con uno spirito. Evocami colui che io ti dirò»”. Quando la donna seppe che lui voleva evocare Samuele, Samuele compare e gli dice: “Ebbene sarà la tua fine la tua morte”. Samuele gli predice che Dio ha ormai ritirato la benedizione. Come vedete il periodo di Saul si chiude con questa enorme tragedia. Saul chiede di essere ucciso. La morte di Saul è descritta al cap. 31:”I Filistei vennero a battaglia con Israele, ma gli Israeliti fuggirono davanti ai Filistei e ne caddero trafitti sul monte Gelboe. 2 I Filistei si strinsero attorno a Saul e ai suoi figli e colpirono a morte Giònata, Abinadàb e Malkisuà, figli di Saul. 3 La lotta si aggravò contro Saul: gli arcieri lo presero di mira con gli archi ed egli fu ferito gravemente dagli arcieri. 4 Allora Saul disse al suo scudiero: «Sfodera la spada e trafiggimi, prima che vengano quei non circoncisi a trafiggermi e a schernirmi». Ma lo scudiero non volle, perché era troppo spaventato. Allora Saul prese la spada e vi si gettò sopra. 5 Quando lo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anche lui sulla sua spada e morì con lui. 6 Così morirono, insieme, in quel giorno, Saul e i suoi tre figli, lo scudiero e ancora tutti i suoi uomini”.

Questo è l’inizio di una monarchia. Immaginate, il capostipite di una monarchia! Che cosa voglio dire? Che, come nelle pagine della creazione, tutto viene desacralizzato: Dio ha piantato la luna, ha fabbricato le stelle, nulla è divino in sé. Anche qui, rispetto al potere, nulla è divino, il potere è desacralizzato; semmai ci sono dei momenti di idealizzazione, non certo in Saul! Ma in ogni caso il potere non è sacro. Una lezione assolutamente incontaminata questa del Primo Testamento, un lezione che invece non troveremo così rigorosa nel Secondo Testamento. Qui c’è proprio la desacralizzazione totale. Potremmo dire che il re è nudo è l’espressione che viene dal Primo Testamento. I re sono veramente spogliati. Quest’anno leggendo la Genesi abbiamo notato lo stesso particolare, che ha estrema rilevanza. Quando si parla dei patriarchi e delle matriarche, di loro si tesse un elogio, ma di loro si sdivinizza la vita, sempre. Non sarebbe mai stato possibile fare santo Abramo, perchè di loro si narra proprio tutto, e la loro vita non è assolutamente edificante. Non è edificante né Saul, né Davide, né Salomone e questo è un messaggio estremamente prezioso. C’è veramente una desacralizzazione totale. Ciò che tiene insieme, allora, non è la perfezione umana, ma la fedeltà divina. La struttura di questi libri evidenzia sempre ciò che nella vita, poi, comprendiamo andando avanti negli anni. Quello che tiene in piedi la nostra vita non è la nostra presunta santità o bontà, ma il fatto che Dio ci recupera sempre, e che Dio tiene insieme anche i fili sconnessi della nostra esistenza. E’ un procedimento che attraversa tutte le scritture del Primo Testamento.

La desacralizzazione è un problema grande per il Secondo Testamento. In realtà noi, nel Secondo Testamento, abbiamo incominciato a divinizzare Gesù, non proprio nel testamento ma presto, nelle tradizioni successive. Abbiamo cominciato, a partire dalla letteratura lucana, a scendere a patti con l’impero, tant’è che Romani 13 è un grosso interrogativo. Ma tutto il libro degli Atti, la seconda parte, i grandi viaggi, fanno vedere che c’è un patto, per cui Roma, tutto sommato, è molto benevola. Paolo a Roma insegna liberamente, finisce così. Notate che quando Luca scrive, Paolo era morto da un po’; la morte di Paolo non c’è, sia perché teologicamente si vuol dire che la Parola continua, ma perché, in ogni caso, egli non poteva morire per mano dei romani. Tutto questo ci lascia perplessi. Il messaggio più radicale mi sembra proprio quello nel Primo Testamento. Un testamento formidabilmente dissacratorio sotto questo aspetto.

L’altra cosa che mi piacerebbe ancora sottolineare è che leggendo le pagine del II Samuele voi troverete intrighi, intrighi di tutti i tipi, intrighi di corte. Qui è proprio Berlusconi in diretta! La corruzione, la violenza verbale, c’è di tutto! Notate bene, anche nella casa di Davide. Quando Davide muore, il testo ci parla di intrighi, di successioni e tutto questo dà il senso ulteriore dell’andirivieni del racconto, per cui già quando si narra si dice: qui c’è un limite, un grande male. Questo è il realismo sconcertante del potere!

Israele ha fatto un’esperienza tragica nella sua storia. Se dopo l’esilio, la redazione ultima lascia tutto questo intreccio di corruzione, è segno che veramente l’esperienza della monarchia è stata un’esperienza drammatica che Israele non ha cancellato, non ha rivisitato, non ha santificato, ma che ha messo lì davanti.

Troverete delle pagine stupende di magnanimità. Il coraggio di Nathan, ad esempio,  passi che già conoscete. Dopo tutto questo, nasce dalla moglie di Uria, Salomone. Sarà un figlio benedetto! Come dire: Dio non fa vendetta nella storia; Dio rompe la vendetta e continua sempre con un figlio o una figlia benedetti. Riprende la dinamica della benedizione. Proprio quel Dio che ha visto infrangersi le sue speranze, che ha amato a fondo perduto, ebbene, in questo egli è il nostro grande tutore, è la roccia della nostra vita, dirà Davide, perché ha sempre ripreso il filo in mano e non ci ha abbandonati. Israele conquisterà questa coscienza nei secoli: che non è per noi , ma è per Jahweh che siamo ancora sopravvissuti. Questa è una grande testimonianza che ci viene data. Tale significato è espresso non solo in modi verbali, ma con il racconto dell’arca. Avete presente? L’arca, che era quel tabernacolo che accompagnò la peregrinazione nel deserto, era il simbolo della presenza di Jahweh in mezzo al suo popolo ed allora non bisogna lasciarsela portar via. Quando i Filistei portano via l’arca, c’è la disperazione; ma l’arca di Jahweh, nel campo filisteo, compie stragi. E quando ritorna nel campo d’Israele è benedetta tutta la terra ed è benedetto tutto il popolo. Mi pare molto bello questo simbolo della presenza di Jahweh, che nell’esodo era la colonna di fuoco nella notte, la nube durante il giorno, qui è l’arca. Che cosa è la nostra vita? Noi abbiamo anche bisogno dei segni di un Dio che accompagni il nostro cammino. Avete presente Genesi?  “Porrò un segno tra voi e me”, l’arco nel cielo, tra cielo e terra. Israele cercherà sempre di avere non delle cose da adorare, ma dei segni che rimandino alla presenza di Jahweh in mezzo al popolo. Vi prenderà molto il cuore leggere tutte queste vicende che troverete. Ma vedrete  che il potere ha sempre ancora una tentazione in riserbo. Davide, quando ormai la sua fama è molto conosciuta, che cosa fa? Dice: “Voglio fare un censimento dell’impero per vedere su quanti io comando”.  Fare il censimento dell’impero, la tentazione tipica degli imperi, non doveva appartenere ad Israele, perché è la tentazione della grandeur. Ma chi è che censisce i viventi? E’ solo Jahweh, è solo Dio. Ed allora questa è la grande mancanza di Davide. Egli ha creduto di essere il padrone, colui che può tenere in mano il mondo. Davide se ne accorgerà, chiederà perdono a Dio di aver voluto fare un censimento, perchè censire diventa la tentazione degli imperatori. Loro avevano un’esperienza di imperi: Assiria, Babilonia. Israele ha conosciuto le traversie e la vicende degli imperi. Sono gli imperi che poi finiscono con il  fare dell’imperatore un dio, che possiede i confini della terra e che vuol sapere su quanti governa e su quanti domina. Anche Davide ha tutte le sue traversie e le sue infedeltà. Vedrete quanto il capitolo 22, il salmo di Davide, è meraviglioso e bugiardo. Bugiardo perché Davide alla fine della sua vita dice “io? Mai fatto un peccato! Signore ti ringrazio perché sono di una perfezione sconfinata, sono proprio perfetto, nessun giorno della mia vita mi sono allontanato da te” Bugiardo!. Finora abbiamo raccontato e visto che ne ha fatte 2 o3 di quelle grosse! Ma al di là di questa menzogna, c’è poi una grande fiducia in Dio. Dio è il conforto, il sostegno, lo scudo, la roccia. Parole bellissime peraltro! Noi parliamo di Dio come di padre e madre, ma qui c’è tutto un altro vocabolario: “Dio sei la roccia del mio cuore”. Espressioni bellissime! Ci sono metafore che sprigionano la fede.

 Ma signori noi abbiamo un bel parlare di re, ma al capitolo settimo veniva detto  che: “La tua dinastia, la casa di Davide sarà eterna”. Come sarebbe? Invece non è stato. Allora, dicendola in umor, anche Dio si sbaglia, fa delle promesse che non mantiene. Perché nella Bibbia ci sono 2 connotazioni promissorie: una è di Dio, che promette senza condizioni, l’altra quando Dio è un po’ più saggio, diremmo in midrash, quando ci aggiunge un se come nel Deuteronomio dove dice: “Questo ti succederà, tu avrai la vita se, se, se…” o come nel salmo 132 di Davide, dove c’è una correzione. Qui c’è il se, che nella promessa non c’era, quindi il salmo è scritto dopo quella che si chiama la bassa critica, la critica interna. L’esperienza successiva dice: “ è meglio mettere un se, perché le cose non sono avvenute”. Questa è saggezza! La Bibbia , letta con la Bibbia , ti svela il trucco interno

Invece noi vorremmo avere delle promesse totali, e qualche volta noi possiamo fare naufragare la promessa di Jahweh, possiamo renderla vana. Nel caso della dinastia di Davide è stata vana. Perché la promessa che la casa di Davide, la dinastia di Davide sarà per sempre, infinitamente ripresa, infinitamente ripetuta, non è verace, e quindi noi, in qualche modo, possiamo far naufragare una promessa di Jahweh. Sapendo però che non tramonta il suo amore e Dio riprenderà per altre strade, con altre sue promesse. Pensate quale deve essere stata a Babilonia, per entrare bene nella storia, la crisi, quando è finita la monarchia del nord, quando è finita la monarchia del sud e si trovano alle dipendenze dei Babilonesi, quando la casa di Davide è finita. Deve essere stata una tristezza,  un’angoscia, deve esser stato uno sconcerto per noi inimmaginabile. Ma perché? Perché questo era uno dei testi fondamentali, e sapere che Israele poteva riposare su una promessa di eterna durata  del casato di Davide non era cosa di poco conto. L’aveva detta il profeta Nathan e ora, invece, vedere la fine di questa promessa era uno sconcerto.

La ripresa é stata lenta e nel dopo esilio si dovette fare i conti con il fatto che il casato di Davide era chiuso, ma non era chiusa la fedeltà di Jahweh. Mi piace ricordarvi però che sia Geremia, che Isaia hanno sempre ripreso la promessa di un nuovo Davide:”Chissà che Dio non ci ridoni un nuovo Davide”. Ma tutto questo è prima dell’esilio. Israele ha dovuto fare i conti con se stesso, con il suo smarrimento e poi invece anche con la fedeltà di Dio.

Troverete delle miniere di cose che sta sera non ho detto.

Vorrei darvi qualche piccolo consiglio per la lettura. Vi consiglierei: il testo di Walter Brueggeemann “I e II Samuele” Claudiana. Molto utili sono i testi di Rendortff. Per la serie: “La bibbia per tutti” ed. Paoline i “2 libri di Samuele” con note rispettabili. “ La Bibbia delle donne” Claudiana, vol. 1 e articoli e testi brevi comparsi sulle nostre riviste. Questi commentari vi restituiscono quel poco che si sa. Garbini e altri studiosi vi direbbero che la possibilità della verifica storica del singolo racconto è scarsa. Ma questo, credo, l’abbiamo acquisito in questi anni. Ciò che conta è una lettura che abbia un minimo di consistenza storica e questo mi pare che c’è e che poi trasmetta un forte messaggio. Trovo che tante di queste cose che leggerete sono legate alla nostra vita. Io ci trovo un ponte, in queste cose qui, molto diretto. La nostra lettura è finalizzata a costruire in noi le radici della fede, quindi deve essere una lettura che va alle cose semplici ed essenziali della vita. Non so se voi vi accorgete: nella vita noi  leggiamo con amore la Bibbia.  Qual è lo scopo che ci sta a cuore? E’ che essa edifichi la nostra fede.

Sarà una lettura molto bella per voi! Bisogna però sempre approfondire le cose. In questi giorni ho talmente riso per il vangelo di Giuda. Ma chi non sapeva queste cose qui! Il più grosso studioso italiano, che è Noffke, ha fatto un bellissimo studio; dice “sapevamo già tutto, avevamo dal 180 informazioni di questo vangelo, riassunto abbastanza bene da Ireneo. E’ un testo gnostico del IV secolo, una traduzione probabilmente, che si riferisce ad un testo del 150/160, che noi non abbiamo più, dove è chiaro che Gesù ha fatto l’errore di avere la carne e la carne è il grande peccato. Giuda aiuta Gesù a liberarsi dalla carne. Nello gnostico vangelo di Giuda, l’errore è avere un corpo; la perfezione sta nel liberarsi dal corpo. Giuda che cosa ha fatto? Ha aiutato Gesù ad uccidersi, sostanzialmente. Se tu aiuti uno a superare il corpo, gli togli il corpo, hai ottenuto la perfezione. Ma questa era un’idea comune nel III - IV secolo; era già presente nella gnosi del II secolo. Ho letto su La repubblica un commento di Flores d’Arcais, dice delle barzellette! Dicono che il vangelo di Giuda cambierà le origini del cristianesimo. Non cambia niente! Non c’entra niente con le origini! Questi commentatori sono privi di ogni strumentazione ed entrano in argomenti che non hanno mai esplorato. Dicono delle barzellette da far ridere a crepapelle. Questo testo non c’entra niente con la figura storica di Giuda, questa è la rivisitazione gnostica del secolo secondo.