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IL PANE E IL SALE TRA LE RELIGIONI


la Repubblica - 19 settembre 2006
 di Khaled Fouad Allam

Nessuna cultura ha i conti in regola nei confronti dell´umanità. Sia per l´islam che per il cristianesimo, rifarsi ai quadri mentali di periodi storici definitivamente passati non aiuta la ricerca e la promozione del dialogo fra popoli e culture. La nostra epoca ha la strana caratteristica di ricorrere frequentemente a un´intelligibilità medievale per cercare le risposte che la storia dell´oggi sembra non dare. Così, sia tra i musulmani che tra i cristiani, si rievocano testi di un´epoca remota, epoca che però sembra ritornare in vita a velocità vertiginosa. Questo fenomeno io lo chiamo cortocircuito della storia, in quanto siamo incapaci di farci promotori di una nuova storia, che sarebbe tanto necessaria.
Sconcerta la violenza nel mondo musulmano; ma sconcerta anche che si continui a sottovalutare chi nell´islam e nel mondo musulmano si fa promotore del dialogo, di un autentico dialogo. Si invoca la debolezza, il carattere di minoranza di chi nel mondo islamico si fa promotore dei valori democratici. Ma oggi, sia per i musulmani sia per i cristiani e l´occidente, è in atto una vera e propria malattia della percezione dell´altro. Mi sono spesso chiesto il perché di una tale situazione, rifiutandomi sempre di cadere nella trappola degli stereotipi: trappola con cui – sia nell´islam che in occidente – si cerca attraverso le opinioni pubbliche di trascinare intere masse verso una deriva in cui non vi è più alcun riparo per l´umanità, ma solo distruzione e catastrofe. Verrà infine il giorno in cui la colomba deporrà quel ramo d´ulivo descritto dal Corano nella sura della Luce, un ulivo né d´oriente né d´occidente? Perché ciò avvenga è necessario avviare entrambi un lavoro sulla memoria e sulla storia: perché sembriamo non accorgerci che il male che ci sta attraversando è dovuto a un divorzio fra storia e memoria. Come costruire questa memoria condivisa nel rispetto dei diversi monoteismi? Come fare affinché nessuno si senta schiacciato dalle derive della propria storia? Come trovare quella sorgente senza la quale la memoria si asciuga e si esaurisce fino a non esistere più? Il filosofo Paul Ricoeur ha chiamato tutto ciò il perdono. Dovremmo pensare a un´etica del perdono fra islam e occidente, per poter ricominciare a camminare insieme, per difendere i valori dell´umanità, della creazione, del Creatore. Questo è il compito immenso cui il nuovo secolo ci chiama. Un nuovo senso di responsabilità è necessario per tutti, e ovunque; lasciare avanzare l´incomu-nicabilità rappresenta un pericolo troppo grande. So che ogni domenica durante la messa i cattolici si scambiano un saluto fraterno; i musulmani fanno lo stesso il venerdì. Se perdiamo il senso di fratellanza ci avviamo verso un mondo sempre più arido e cupo, e saremo dimissionari di fronte a una storia che ci richiede ben altro. Sì, io penso ancora che al di là delle lingue e delle religioni gli uomini sono miei fratelli; so bene che non è una facile utopia, ma è qualcosa che dobbiamo riconquistare, di cui dobbiamo riappropriarci, per ricucire il divorzio fra storia e memoria, e tornare a condividere il pane e il sale