HOME PAGE          SOMMARIO TEMI


IL VATICANO CORRE AI RIPARI: MEGLIO IL PRESERVATIVO DELL'AIDS


ADISTA n°85 del 2.12.2006

33649. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. È in fase di elaborazione il documento vaticano sull'uso del preservativo nel contesto della diffusione dell'Aids, già annunciato nello scorso maggio dal presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute card. Javier Lozano Barragán (v. Adista n. 22/06). Secondo quanto ha rivelato lo stesso "ministro della sanità" vaticano il 20 novembre scorso, un dossier di quasi 200 pagine, contenente un ampio spettro di posizioni, da quelle più intransigenti a quelle più aperte, è passato ora nelle mani della Congregazione per la Dottrina della Fede. Quello dell'uso del profilattico per contenere l'epidemia di Aids "è un punto che preoccupa il papa", ha spiegato Barragán, aggiungendo che il documento è stato fortemente voluto da Ratzinger per studiare la questione da un punto di vista scientifico e teologico. Un passo avanti, dunque, nella discussione su un tema spinosissimo nella quale la Chiesa è stata spesso accusata di "uccidere", con il suo rifiuto dell'uso del profilattico almeno per i malati di Aids, milioni di persone.

Barragán ai tempi di Wojtyla
Esemplare, nel 2000, la vicenda che vide opposti il Vaticano e la Conferenza episcopale brasiliana (v. Adista n. 47/00), in occasione del Primo Incontro sull'Aids e le malattie sessualmente trasmissibili. Meglio l'Aids che l'uso del preservativo: questa la posizione del Vaticano di fronte ad un episcopato che, nella persona del vescovo di Goiás Eugene Rixen, coordinatore della Commissione nazionale sull'Aids e le malattie sessualmente trasmissibili, aveva annunciato una posizione più morbida della Chiesa brasiliana rispetto all'uso del preservativo per i gruppi a rischio: "Tra la camisinha (il condom in brasiliano, ndr) e l'espansione dell'Aids, siamo obbligati a scegliere il male minore", aveva affermato citando il card. Paulo Evaristo Arns, il quale, 5 anni prima, aveva chiesto che si cessasse di condannare il preservativo. Ma immediata era stata la reazione di Barragán, che allora ribadì che l'uso del preservativo, in qualunque circostanza, era contrario alle disposizioni vaticane e come la migliore maniera di evitare il contagio dell'Aids fosse l'astinenza sessuale e la fedeltà matrimoniale. E aveva addirittura aggiunto che se vi erano nella Chiesa posizioni contrarie alle prescrizioni vaticane si trattava di "opinioni isolate": "quando un vescovo si allontana dal modo di pensare dell'episcopato – aveva affermato - è in errore". E gli aveva fatto eco l'allora segretario di Stato vaticano card. Angelo Sodano che, attraverso il nunzio in Brasile Alfio Rapisarda, aveva richiamato i vescovi all'ordine.

Gli appelli dei missionari
A chiedere urgentemente una revisione del divieto dell'uso del preservativo sono stati, negli anni successivi, i missionari impegnati quotidianamente in Africa e nelle zone più colpite dall'Aids. I Padri Bianchi, nella persona di p. Bernard Joinet, in Tanzania dal 1998 come cappellano e professore di sociologia clinica all'Università di Dar es Salam, hanno dato vita all'iniziativa "Flotta della speranza" (v. Adista n. 17/2001): in un poster, tre barche sul mare montante dell'Aids. Fedeltà, Preservativo e Astinenza i loro nomi. "Non restate nell'acqua! – recitava la didascalia -. Salite sui battelli. Lì è la sicurezza".
"L'Aids uccide! Proteggiti! Proteggi gli altri!" era invece lo slogan di un dépliant scritto e distribuito dai gesuiti di Kinshasa. "La Chiesa non approva il preservativo – affermava allora p. Edward Rogers, ideatore del dépliant e coordinatore del Jesuit Aids Network - ma lo deve tollerare come il male minore". "La relazione sessuale - spiegava - è un atto d'amore dove ogni congiunto si assume le proprie responsabilità verso l'altro e si schiera per la vita". E in Italia, la rivista dei dehoniani "Testimoni" si fece portavoce, nel 2002 (v. Adista n. 13/02) dei missionari africani, chiedendo al Vaticano una retromarcia nel divieto del condom.

Prime aperture ai vertici della Chiesa
Nel novembre 2004, la Conferenza episcopale spagnola ha aperto una breccia nella dottrina cattolica tradizionale (v. Adista n. 7/05). Il segretario generale e portavoce della Conferenza, il gesuita p. Juan Antonio Martínez Camino, affermò infatti che la Chiesa riconosce che "i preservativi hanno un loro ruolo nella prevenzione integrale e globale dell'aids" e che "è molto preoccupata e molto interessata a questo grave problema". E avallò la Strategia Abc (Abstinence, be faithful e condoms) resa nota contestualmente dalla rivista scientifica inglese The Lancet e sottoscritta da 150 esperti di 36 Paesi. Immediatamente, però il Vaticano sconfessò i vescovi spagnoli e li costrinse ad una rettifica. "Smentisco assolutamente che la Conferenza episcopale spagnola accetti l'uso del preservativo - dichiarò allora Barragán. "La posizione dei vescovi iberici è la stessa di tutta la Chiesa. Non si accetta l'uso del profilattico neanche come soluzione al problema dell'Aids". Gli fa eco il segretario del dicastero, lo spagnolo mons. José Luis Redrado Marchite, parlando di fraintendimento della parole di Camino, chiarite subito da una Nota dell'ufficio stampa della Conferenza episcopale spagnola: "Non è cambiata la dottrina della Chiesa riguardo al preservativo", vi si legge; "l'uso del preservativo implica una condotta sessuale immorale", "l'astensione dalle relazioni sessuali indebite e la reciproca fedeltà tra coniugi costituiscono l'unica condotta sicura di fronte al pericolo del-l'Aids". Camino, affermano i vescovi, non ha parlato di condom.
Ma lo stesso Camino ribadisce le sue tesi e anzi le amplifica ribadendo che la visione della Chiesa "coincide non pienamente però sostanzialmente" con la Strategia Abc, perché "un programma integrale di prevenzione, se non vuole essere parziale, deve tenere conto di tutte e tre questi pilastri, in quest'ordine, e differenziarsi secondo la gente a cui è diretto". Il condom è dunque il "male minore" perché, se non dà totali garanzie di sicurezza "offre minima protezione" ed è "meno insicuro".

Il Vaticano si sposta
Le voci dall'interno della Chiesa in difesa dell'uso del preservativo come mezzo di prevenzione per l'Aids, cominciano a moltiplicarsi. Lo stesso teologo della Casa Pontificia, il card. George Cottier, afferma, all'inizio del 2005 (v. Adista n. 11/05), che "l'uso del profilattico in taluni casi si può considerare moralmente legittimo". Primo, perché "davanti ad un rischio imminente di contagio, è difficile intraprendere la via normale di contrasto alla pandemia, vale a dire l'educazione alla sacralità del corpo umano". Poi, perché "il virus si trasmette attraverso un atto sessuale; e così assieme alla vita il rischio è di trasmettere anche la morte. Ed è a questo punto che vale il comandamento 'non uccidere'. Si deve rispettare la difesa della vita innanzitutto.
Persino Barragán inizia a cambiare posizione: pur tuonando contro l'uso del profilattico e rimarcando più volte che non va tollerato "nemmeno come soluzione al problema dell'Aids", pur ribadendo ad oltranza il valore della "castità" e della "lotta alla fornicazione", in un'intervista a Repubblica ricorda "che esiste nella Chiesa la dottrina classica secondo cui per difendere la propria vita si può anche arrivare ad uccidere l'aggressore. Cioè fare tutto per opporsi all'aggressione". E nel caso di un marito malato di Aids, è diritto della moglie, dice, "chiedere che il coniuge usi il condom".
Che l'impiego del preservativo nella prevenzione del contagio del virus dell'Aids sia legittimo lo affermò, nell'aprile 2005, anche il vescovo di Limburg, in Germania, mons. Franz Kamphaus, presidente della Commissione "Chiesa mondiale" della Conferenza episcopale tedesca (v. Adista n. 37/05). Secondo lui, "non fare riferimento ai condom sarebbe un occultamento illecito di informazione".
Quest'anno, hanno fatto molto scalpore le parole dell'arcivescovo di Bruxelles card. Godfried Danneels, che ha riproposto lo stesso esempio addotto da Barragán l'anno precedente (v. Adista n. 21/06), affermando che "se un uomo malato di Aids obbliga la moglie ad avere relazioni sessuali, lei deve poter imporre il preservativo, altrimenti si aggiunge un altro peccato, l'omicidio" . E subito dopo, in una lunga intervista a "L'Espresso", il card. Carlo Maria Martini, in un'intervista-colloquio, pubblicata dall'Espresso, con Ignazio Marino, medico di fama ed esperienza internazionale, ha ammesso l'uso del profilattico come "male minore" nella lotta all'Aids (v. Adista n. 33/06). Gli ha risposto il solito Barragán, annunciando, questa volta, la prossima pubblicazione del documento vaticano sul tema. (ludovica eugenio)