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I lavavetri

Enzo Mazzi

l’Unità  29 agosto 2007

Pinocchio finì in carcere “per quattro lunghissimi mesi” avendo denunciato al giudice “scimmione della razza dei Gorilla” di essere stato derubato delle sue preziose monete d’oro dai due furbissimi. I lavavetri di Firenze faranno la stessa fine? L’analogia fra la favola di Collodi e la realtà sembra molto diversa ma nel fondo invece ha delle affinità sostanziali. La denuncia dei lavavetri non è esplicita ma sostanziale. Si piazzano ai crocicchi delle nostre strade per recuperar le briciole di una rapina che il furbissimo Occidente ha perpetrato per secoli ai danni loro. Si chiamano popoli poveri. In realtà si dovrebbero chiamare popoli impoveriti, derubati, dissanguati. L’Inghilterra ha chiesto ora perdono per la tratta degli schiavi e organizza mostre ad esecrazione di un crimine orrendo durato fino a due secoli fa. Ma i discendenti di quegli schiavi vengono messi in prigione se reclamano le briciole di ciò che fu rubato ai loro padri. E finita la schiavitù è continuata con altri mezzi la rapina coloniale. E dopo la rapina coloniale ecco il dominio globale, finanziario, militare, culturale.

Con questo non voglio dire che l’immigrazione oltre che una risorsa non sia anche un problema. I lavavetri infastidiscono, è vero. Ma nessuna persona razionale e sufficientemente informata può ritenere che davvero la strategia repressiva risolva qualcuno dei problemi sollevati dall'immigrazione. Eriger muraglie nel tempo della globalizzazione totale è come recitar giaculatorie per fermare la pioggia. In conseguenza dell'appesantimento del controllo repressivo avremo solo una intensificazione del dominio della illegalità e della delinquenza sull'immigrazione. Non è questo che vogliono le strategie repressive, ma questo è lo sbocco inevitabile. Ed è proprio ciò a cui puntano le forze politiche ed economiche irresponsabili che da un lato cavalcano il disagio, la paura e le angosce della gente, mentre dall’altro fanno affari d’oro con gl’immigrati irregolari, facendoli lavorare a nero con salari irrisori, senza diritti né sicurezze, oppure utilizzandoli per manovalanza in traffici loschi.

Il problema vero, primario, non è l’immigrazione, ma la globalizzazione liberista. L’economia basata sul valore assoluto e quindi totalitario del danaro e del profitto sfrutta il divario Nord-Sud per annullare gradualmente la società dei diritti, per distruggere lo stato sociale, per portare a fondo la sconfitta della classe operaia e della sua cultura solidale. Al dominio della finanza che regola il libero mercato fa comodo un Terzo Mondo disperato. E gli immigrati servono in quanto assolutamente ricattabili, bisogna quindi che almeno in certa misura siano irregolari, braccati, disperati, impauriti, affamati, pronti a subire tutto per sopravvivere.

Siamo a uno snodo cruciale. Perché la scienza e la tecnologia stanno dando un'accellerazione incredibile e incontrollabile alla globalizzazione mondiale. Ma la cultura resta quella del neolitico. E forse a dir questo manchiamo di rispetto verso l'homo sapiens, che si costruiva armi di selce per la pura sopravvivenza e non per la rapina. La nostra è tutt'ora una cultura di egocentrismo, di contrapposizione, di rapina e in fondo di profonda violenza. E’ emblematico che si ergano grandi muraglie contro la mobilità dei dannati della Terra, nel momento della massima esplosione della mobilità globale. E che tanti fiorentini plaudano all’ordinanza contro i lavavetri mentre gnomi senz'anima e senza volto continuano a occupare i crocevia col commercio illegale e mafioso e si comprano Firenze riciclando danaro sporco e spesso anche insanguinato. Ecco lo snodo cruciale. L'unificazione mondiale non può esser affidata alla cultura della superiorità dell’Occidente la cui etica è un'etica di sopraffazione, di contrapposizione e di violenza. E' senza sbocchi e senza speranza.

Cosa voglio dire? Che urge dare spazio al processo di trasformazione culturale dal basso. L’ordinanza contro i lavavetri non ci aiuta in questo. E’ un messaggio distruttivo.

L'associazionismo solidale che tenta giorno per giorno, faticosamente, di risolvere i problemi dell’immigrazione con esperienze concrete e positive di integrazione, che dà forma, visibilità e concretezza a un'anima della città tollerante, accogliente, critica verso le mura che il potere eleva fra "noi" e gli "altri", anche in questa occasione deve assolvere il suo compito ed esprimere la propria contrarietà verso uno strumento puramente repressivo e inefficace che rischia di bruciare un lavoro positivo di anni.