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"BUSSATE E VI SARÀ CHIUSO". FEDE, MAGISTERO, OMOSESSUALITÀ NELLE PAROLE DI FRANCO BARBERO

ADISTA n° 81 del 24.11.2007

34144. ROMA-ADISTA. La Chiesa è terrorizzata dall’omosessualità, ma più in generale dalla libertà nella vita affettiva e sessuale, sulla quale vuole mantenere un controllo minuzioso e feroce, il che non fa che alimentare una "cultura dell’angoscia" e l’incidenza di comportamenti immaturi tra i suoi membri, anche quelli del clero. Franco Barbero – teologo e animatore della comunità di base di Pinerolo – abbraccia con uno sguardo ampio il rapporto tra Chiesa, sesso e potere e sui meccanismi per i quali i sacerdoti omosessuali vengono dapprima emarginati e poi inquisiti o perseguitati, a meno che non esista il rischio oggettivo che costoro "scoperchino la pentola", nel qual caso il silenzio fa nuovamente depositare la sua polvere su questo mondo vivo e sommerso. E lo fa in una intervista rilasciata ad Adista a partire dalla burrascosa vicenda che all’inizio di ottobre ha catapultato su tutti i media nazionali un alto prelato di Curia, mons. Tommaso Stenico, capoufficio della Congregazione per il Clero, ripreso da una telecamera nascosta del programma Exit de La7 mentre tentava un approccio omosessuale con un giovane. Secondo rivelazioni di Panorama (18/10), Stenico (che si era difeso dichiarando di essere caduto in una trappola mentre svolgeva il suo lavoro di psicoterapeuta "per difendere la Chiesa ") avrebbe puntato a far scoppiare in maniera clamorosa lo scandalo dei preti omosessuali in Vaticano, per "vendicarsi" della sua mancata promozione a vescovo, e a questo scopo avrebbe redatto nel corso degli anni un elenco di sacerdoti e vescovi omosessuali grazie al suo ruolo all’interno della Congregazione per il Clero e di psicologo presso il Centro di assistenza sanitaria della Città del Vaticano. Un intreccio, insomma, di potere, controllo, clandestinità, angoscia e senso di colpa che, secondo Barbero, ha la sua matrice in una incapacità strutturale di vivere "in pace la realtà dei corpi". Di seguito, l’intervista che ha rilasciato ad Adista. (ludovica eugenio)

Il caso di monsignor Stenico, sacerdote e psicoterapeuta, ha messo in luce un meccanismo nella Chiesa - nel caso specifico nella Curia - che fa dell’omosessua-lità un elemento di ritorsione e ricatto. Addirittura tutto sembra nato come ritorsione per una mancata nomina, per una mancata promozione. Da cosa nasce questo atteggiamento? Anche nella Chiesa c’è un legame tra sesso e potere che muove le carriere?
Il caso di monsignor Stenico, a mio avviso, ha messo in luce soprattutto quanto sia torbido ed ombroso il mondo curiale e più in generale tutto il "mondo clericale". Anziché guardare la realtà ed affrontarne gli eventuali aspetti problematici, si preferisce ricacciare tutto nell’ombra. Il vescovo ausiliare di Sidney, ora dimissionario, nel suo ultimo libro sostiene che, quando compare uno scandalo, l’autorità ecclesiastica lo gestisce con la speranza di allontanarlo, anziché affrontarne le cause profonde. In questa zona ombrosa e rimossa, creata da un potere che non sa sorridere all’amore e ai sentimenti e non vive in pace la realtà dei corpi, nascono le pratiche del nascondimento, terreno fertile dell’angoscia, del ricatto e della ritorsione. Sulla libertà di pensiero e sulla vita affettiva e sessuale il potere ecclesiastico esercita un controllo minuzioso e feroce. Se tu sei un prete o un vescovo affarista, per l’istituzione non sei pericoloso, ma se ti discosti da una formulazione dogmatica o vivi una vita affettiva e sessuale difforme dai sacri canoni, allora sei fuori posto. O fai di nascosto oppure te ne vai.Montagne d’angoscia e molti comportamenti immaturi ricevono un forte incremento o trovano addirittura una matrice nel fatto che esiste questo ferreo potere di controllo, che non lascia vivere alla luce del sole, che costringe alla clandestinità. Questa è una delle perversioni del potere ecclesiastico che "patisce la felicità dei sudditi", ha bisogno per reggersi e consolidarsi della cultura dell’angoscia, si sente a suo agio con uomini e donne sottomessi, possibilmente gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Ecco perché conosco tanti confratelli che mi dicono: "Questa Chiesa è diventata la mia prigione". E così la Chiesa favorisce il triste paesaggio di "mille sofferte obbedienze" e di altrettante oppresse esistenze.

Dalla definizione dell’omosessualità come "male intrinseco" al divieto per i seminaristi gay di accedere al sacerdozio: la Chiesa è terrorizzata da questa dimensione della sessualità umana. Ma perché un sacerdote, in quanto essere umano, non dovrebbe avere questo orientamento sessuale?
Dici bene: la Chiesa è terrorizzata dalla omosessualità. Per potersi porre con tranquillità di fronte ai sacerdoti omosessuali, questa Chiesa deve prima riesaminare a fondo i suoi atteggiamenti, la sua cultura, i suoi pronunciamenti rispetto alle persone omosessuali. Ha ragione da vendere il teologo cattolico James Alison quando scrive che esiste un vizio di partenza: "Perfettamente in linea con la loro logica, gli ufficiali del Vaticano non trattano noi lesbiche e gay come soggetti a cui si può rivolgere la parola, capaci di espressione linguistica ragionata. Nei documenti vaticani siamo solo un ‘loro’, oggetti a cui ci si riferisce… Nella concezione ufficiale le persone come noi non sono soggetti ragionevoli che possono avere qualcosa da dire su un argomento che li riguarda. L’unica persona omosessuale che possa fungere da soggetto è quella che accetta che la sua inclinazione venga definita come una tendenza verso atti intrinsecamente cattivi dal punto di vista morale, tendenza da considerarsi quindi oggettivamente disordinata" (Fede oltre il risentimento, Transeuropa Libri, pag. 205). È impressionante il numero dei pronunciamenti non meno del linguaggio usato. Penso alla violenza, all’arroganza e alla saccenteria della Nota dei vescovi italiani contro i Dico, all’ignoranza delle pagine del Lexicon, all’ossessiva insistenza dei documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede. "Di tutte le menzogne, nessuna è più terribile e devastante di quella secondo la quale gli omosessuali non sono in grado di amare e il loro amore è malato, perverso e può solo portare danno e degrado" (J. Alison). Sarebbe tempo di riconoscere onestamente che l’incompatibilità tra omosessualità e cristianesimo è senza fondamento (Schillebeekx, Tamayo e infiniti/e altri/e) e di prendere sul serio le ricerche scientifiche mentre di fatto la gerarchia cattolica incoraggia la "terapia riparativa" (o "ricostruttiva" o "di conservazione"). Finché non si farà pace con la realtà normalissima della condizione omosessuale, i preti gay saranno visti come persone che di fatto "si trovano in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne" (Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica, 4 novembre 2005). È troppo dire che dall’emarginazione siamo passati all’inquisizione e alla persecuzione? Inoltre proviamo a metterci nei panni di chi si sente chiamato al ministero presbiterale e sa di essere omosessuale… Bussate e vi sarà chiuso…

Spesso, nei media ma anche nella stessa Chiesa, si ha l’impressione che si faccia un corto circuito tra i concetti di prete-omosessualità-pedofilia. L’omosessualità sarebbe una sorta di anticamera della pedofilia, quindi, subliminalmente ma nemmeno troppo, un prete gay diventa un potenziale criminale... Quali sono per la Chiesa i rischi di questo atteggiamento?
Gli abusi sessuali sui minori compiuti dai sacerdoti un po’ ovunque hanno destato un comprensibile allarme. La gerarchia ha fatto poco per affrontare seriamente queste situazioni ed evitare le violenze su queste vittime. Questa è cronaca recente. Ma non ha fatto assolutamente nulla per chiarire che omosessualità e pedofilia sono due realtà completamente diverse. In questa confusione (che non va affatto messa solo sul conto della Chiesa gerarchica) i preti omosessuali sono esposti ad essere visti come potenziali violentatori, un pericolo pubblico, persone inaffidabili, immature, incapaci di una presenza educativa. Non lottare contro questa confusione significa di fatto favorire il pregiudizio e l’emarginazione sociale ed ecclesiale.

Dopo questo ed altri analoghi casi che hanno a che fare con monsignori di curia connessi a vicende omosessuali si ha l’impressione che la Curia vaticana sia ostaggio di un meccanismo per cui, purché l’individuo in questione non "parli", si è disposti a non intraprendere alcuna azione chiarificatrice. Qual è la posta in gioco? Che cosa c’è sotto il coperchio?

La gerarchia è ben consapevole che tra i membri del clero l’omosessualità è molto diffusa. Ma non è l’unica realtà che il Vaticano non vuole vedere. Scoperchiare la pentola significherebbe dover prendere atto di alcune situazioni ipocrite e ben lontane dalle prescrizioni del diritto canonico. Se si apre onestamente la pentola della vita affettiva, relazionale e sessuale del clero, bisognerà pur riconoscere che ci sono troppi celibati di facciata, troppe situazioni ambigue, amanti nascoste, mogli segrete e umiliate, figli "negati". Sarebbe così costruttivo guardare ciò che bolle in pentola e scopriremmo anche tanti ecclesiastici dal volto umano, capaci di amare un altro uomo, una donna, dei figli. Scopriremmo tanti preti che vivono gioiosamente il loro celibato come dono e non come legge. Sotto il coperchio c’è la nostra umanità, piena di fragilità, ma chiamata a vivere sotto il sorriso di Dio. Scopriremmo che l’amore umano e l’amore di Dio stanno bene insieme, che tra amore e ministero non c’è contraddizione. Invece, si preferisce mettere sul coperchio la pietra sepolcrale di una legge ecclesiastica disumana. Ma sono convinto che, nonostante le diffuse patologie dell’obbedienza ecclesiastica, prima o poi il coperchio volerà via e Dio ci aiuterà a trovare il coraggio di essere umani anche nella Chiesa. Io non ho mai cessato di sognare, di lottare e di pregare anche per una Chiesa dal volto umano. Sempre a partire dalla mia personale conversione.