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L'ENNESIMO INCIAMPO DELLA LAICITÀ,

Ernesto Fedi

Aprile OnLine  21-12-2007

La laicità si è fermata un'altra volta di fronte alle pressioni del Vaticano. E' successo nel Consiglio Comunale capitolino, dove il Partito Democratico ha votato insieme al centro-destra contro la delibera che avrebbe istituito il registro delle unioni civili. Un evento che fa riflettere sui (nuovi) orientamenti della (vecchia) classe dirigente

Il cammino verso l'affermazione, anche in Italia come nel resto d'Europa, di uno Stato veramente laico appare sempre più irto di ostacoli e difficoltà. Al Senato è stata recentemente approvata la norma della Finanziaria che esenta gli immobili ecclesiastici dal pagamento dell'ICI, anche quelli che non sono destinati al culto o ad opere di carità.

In Consiglio Comunale, a Roma, un altro inciampo: il Partito Democratico ed il centro-destra hanno votato insieme contro la delibera che avrebbe istituito un registro delle unioni civili. Le gerarchie ecclesiastiche hanno ordinato e subito il Partito Democratico ha ubbidito. Domenica scorsa "l'Avvenire", nel supplemento romano, aveva pubblicato un editoriale dal titolo quanto mai esplicito "unioni di fatto: il Comune di Roma sbaglia battaglia", che in molti hanno ritenuto ispirato personalmente da cardinal Ruini. Il Vicariato di Roma non ammette che nella città, punto di riferimento dei cattolici di tutto il mondo, si proponga di approvare il riconoscimento di nuove figure giuridiche, diverse dal matrimonio e dalla famiglia tradizionale. E il Partito Democratico di Veltroni, non solo della Binetti, quando la Chiesa comanda, subito si genuflette. Non cerca neanche la mediazione, come faceva la DC di De Gasperi, che sapeva resistere alle pressioni del Vaticano.

L'accaduto è grave e significativo. Lascia intuire come i casi Binetti diventeranno più la regola che l'eccezione. Del resto, nel Partito Democratico, non solo i cattolici di stretta osservanza manifestano la loro sudditanza di fronte ai desiderata delle gerarchie ecclesiastiche, ma anche gli altri, che della laicità hanno una concezione alquanto curiosa. Polito, per fare un esempio, ha detto che "il laicismo è diventato l'ultima bandiera dell'estremismo e il surrogato delle vecchie ideologie". La Serafini ha sempre sostenuto che sui temi eticamente sensibili e su alcuni diritti civili non si risponde con il laicismo, ma occorrono dei compromessi. Con loro, oggi, molto probabilmente non sarebbe possibile approvare neanche la legge sul divorzio.

E poi ci sono i cosiddetti atei devoti. Secondo loro la cultura laica ha fatto il suo tempo e bisogna portare il cattolicesimo al centro della vita politica, perché solo così si potrà arrestare la crisi di valori che corrode il tessuto della nostra società e far argine contro l'incalzare dell'Islam, che minaccia di travolgere l'Occidente. Per tutti quanti è perfetta la sintonia col cardinal Ruini, quando auspica "il superamento della fase storica della secolarizzazione e del laicismo".

Oggi la laicità è a rischio. Non dobbiamo permetterlo. La laicità è, per noi, un valore irrinunciabile, come la battaglia per la sua affermazione è un imperativo categorico. Molto probabilmente non lo è più per quei socialisti come Amato, Ruffolo, Manca, Covatta etc., che militano nelle file del Partito Democratico. E non lo è neanche per tutti quei compagni di provenienza comunista, che nel PCI hanno condotto tante battaglie all'insegna di un più alto tasso di laicità. Questa è un valore irrinunciabile e non negoziabile. E' la modernità. Le società multietniche, multiculturali e multireligiose, come quelle che si stanno formando in Europa, non si governano senza laicità. Così come, nella globalizzazione, la laicità è il presupposto della pace, altrimenti c'è la guerra di religione e di civiltà. Per chi si batte affinché l'Italia diventi un Paese più laico, più avanzato sul piano dei diritti civili, più europeo, sono d'obbligo scelte inequivocabili, e comportamenti coerenti.