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I MILLE “MEGAFONI DI DIO”. SCHEDA SUI MEDIA ECCLESIASTICI

ADISTA n° 54 del 12.7.2008

DOC-2020. ROMA-ADISTA. In Italia c'è bisogno di una contro-informazione cattolica? Ne è convinto il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, che ha spiegato, durante il convegno organizzato a Milano dall'Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei dall'8 al 10 maggio, che, se non vuole “incrinare” la sua stessa credibilità presso l'opinione pubblica, la Chiesa non può “tacere” di fronte alla “aggressività” delle “contestazioni” che subisce. “Con pacatezza, serenità e scelta dei tempi giusti - ha affermato il presidente della Cei - dobbiamo replicare, per sviluppare quella che a tutti gli effetti si configura come una contro-informazione: serena, pacata, ma puntuale ed esauriente, condotta con la massima efficacia che si riesce ad esercitare”. Ma la Chiesa italiana è davvero così ‘senza voce’? A scorrere l'elenco dei media più o meno direttamente riconducibili alla Chiesa cattolica in Italia non sembra essere questo il caso, per non parlare poi della pervasiva presenza cattolica nei media laici. Ripercorriamo brevemente questo panorama, per constatare quanto alla Chiesa italiana non manchino certo le possibilità per far ascoltare la propria voce, e come  - ed è stato lo stesso Bagnasco durante il convegno milanese ad ammetterlo - sia impossibile nascondere che negli ultimi dieci anni la presenza cattolica nei media si è considerevolmente rafforzata.

I 'gioielli' della Cei

Prima di tutto, ci sono i mezzi di comunicazione di rilievo nazionale posseduti e gestiti direttamente dalla Cei: il quotidiano Avvenire, il circuito radiofonico InBlu e il canale satellitare SaT2000. Tutti sotto la guida di Dino Boffo, dal 1994 alla guida del quotidiano dei vescovi (ma era già arrivato nel 1991 come vicedirettore plenipotenziario, con delega per i temi religiosi ed ecclesiali, in concomitanza con la nomina alla presidenza della Cei del card. Camillo Ruini). Avvenire, come ha ricordato lo stesso Bagnasco durante il convegno milanese, registra “da diversi anni un incremento, lieve ma progressivo, di copie diffuse”, in controtendenza rispetto alla media della stampa quotidiana nazionale. Ma è importante ricordare che delle 104.226 copie diffuse in media dal quotidiano dei vescovi nel periodo che va da febbraio 2007 a febbraio 2008 (+1,1% rispetto all'anno precedente, dati Ads), solo un quinto, 22.151 copie, deriva dalla vendita diretta del giornale mentre quasi l'80%, 79.977 copie, consiste in “abbonamenti pagati”, spesso sottoscritti in blocco dalle diocesi, che non possono esimersi dal pagare  quest'obolo al giornale dei vescovi. Avvenire si presenta come “il giornale dei cattolici” ma in realtà - e i nostri lettori lo sanno bene - ogni voce, iniziativa o notizia provenienti da ambienti anche minimamente critici verso la linea della Cei ne sono sistematicamente esclusi, con il risultato che ampi settori del mondo cattolico sono pressoché ‘invisibili’.

Per rafforzare il suo radicamento nel territorio e nelle parrocchie, Avvenire, con il pieno sostegno della Cei, ha anche lanciato negli ultimi anni l'iniziativa dei Portaparola, figure che nelle singole comunità parrocchiali si incaricano di diffondere Avvenire: manovali del progetto culturale che, come recita il loro decalogo, oltre a leggere Avvenire “per essere informati e far crescere ogni giorno la propria capacità di giudizio sull’attualità”, “diffondono e fanno conoscere la stampa cattolica nazionale e diocesana a chi frequenta la parrocchia ogni domenica, curando l’allestimento di un efficace e accogliente Punto Portaparola per incontrare la gente alle Messe festive”, “conoscono SaT2000 e le emittenti radio e tv diocesane, e ne fanno conoscere la programmazione segnalando particolari programmi o dirette”, “educano i parrocchiani alla lettura suggerendo libri intelligenti e adatti alle varie esigenze, aggiornandosi sulle novità, fornendo schede bibliografiche, ad esempio tratte da Avvenire”, “monitorano i palinsesti delle televisioni e delle radio nazionali e locali, documentandosi per valutarli e orientare le scelte degli altri anche attraverso schede critiche”; e così via. Quanti sono i Portaparola? Al loro primo forum nazionale, organizzato dalla Cei a Bibione dal 24 al 27 aprile, hanno partecipato in circa 400, ma l'obiettivo è arrivare ad avere un animatore in ognuna delle circa 26.000 parrocchie italiane. E per capire l'importanza di questo progetto per la Chiesa italiana, basta scorrere l'elenco dei relatori dell'incontro di Bibione: Bagnasco, Boffo, il card. Angelo Scola, ma soprattutto Ruini che ha preso parte ai lavori del forum per tutti e tre giorni della sua durata.

 

Una presenza capillare

Ci sono poi i 168 settimanali diocesani, riuniti nella Fisc, la federazione italiana settimanali cattolici, guidata da don Giorgio Zucchelli. “Insieme - ha spiegato Zucchelli a Milano - i periodici diocesani pubblicano poco meno di un milione di copie ogni settimana”. Animati dall'obiettivo di radicarsi profondamente nei territori, i diocesani hanno il “compito fondamentale”, ancora secondo Zucchelli, di “promuovere una pacata e ragionevole controinformazione”, avendo “la possibilità di 'liberare' il pensiero della gente, soggiogato ed emarginato dai poteri forti”. Dal 2006, la Fisc si è dotata anche di una braccio operativo, la Fisc Servizi srl, che offre sostegno tecnico ed economico alle testate e si occupa della raccolta pubblicitaria su scala nazionale. Se al convegno della Chiesa italiana di Verona è stato fissato l'obiettivo di arrivare ad avere un settimanale diocesano per ognuna delle 225 diocesi italiane, attualmente le 168 testate Fisc coprono 136 diocesi, pari al 61,8% del totale. Alcune delle testate diocesane, si distinguono per la capacità di entrare con forza nel dibattito politico locale: la Voce del Popolo di Torino, ad esempio, non perde occasione di criticare il quotidiano del capoluogo piemontese, La Stampa, per la sua linea ‘laicista’, invitando, tra le righe ma non troppo, i cattolici a boicottarlo.

Direttamente collegati alla Chiesa italiana ci sono anche tre quotidiani locali, il Cittadino di Lodi, l'Eco di Bergamo (che da qualche mese, la domenica, distribuisce in allegato l’Osservatore Romano) e la Provincia di Como. Questi ultimi due sono di proprietà della Sesaab, la Società Editrice Santi Alessandro, Ambrogio, Bassiano, di cui è azionista di maggioranza la diocesi di Bergamo.

A questi sono da aggiungere i grandi gruppi religiosi: in primo luogo i Paolini, un gruppo multimediale con riviste (Famiglia Cristiana, Jesus, la Domenica, Vita Pastorale, Club 3, Famiglia Oggi, il Giornalino, Letture, Stadium), un settimanale diocesano (la Gazzetta di Alba), televisioni (Telenova, Telesubalpina, presenti in Lombardia e Piemonte), radio (il circuito Radio Marconi, attivo in Lombardia e nella pianura Padana), oltre ad un Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia e all’organizzazione della Settimana della Comunicazione in collaborazione con la Cei. Quindi vi sono il Messaggero di Sant’Antonio, il “mensile cattolico più diffuso del mondo”; le testate della ‘scuderia’ dehoniana, da Il Regno a Settimana, e quelle dei gesuiti (Popoli, Aggiornamenti Sociali, oltre naturalmente alla Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti le cui bozze vengono riviste e approvate dalla Segreteria di Stato); le riviste missionarie (Nigrizia, Mondo e Missione, Missione Oggi, Missioni Consolata le principali, per un totale di oltre 40 testate); quelle di ‘apologetica’ (il Timone, la ciellina 30 Giorni, l'opusdeista Studi Cattolici…); quelle dei movimenti (la ciellina Tracce, AS delle Acli, Segno dell'Azione Cattolica, Romana dell'Opus Dei, Cittànuova dei focolarini, solo per fare alcuni nomi).

E all’appello mancano i giornalisti ‘cattolici’ che lavorano nei media ‘laici’ e seguono proprio l’informazione religiosa: difficile tracciare un confine netto tra cattolici e non, in un Paese come l’Italia, e forse converrà allora fare riferimento a specifiche ‘identità’ cattoliche. Prendiamo ad esempio Cl: al movimento fondato da don Giussani sono affiliati i vaticanisti di Sky, Tg2 e Tg5, il vaticanista e il vicedirettore esecutivo del Riformista (neo-acquisto, prima ricopriva lo stesso incarico al Foglio), il direttore di ItaliaOggi… e, anche qui, l’elenco potrebbe continuare, senza contare il fatto che un giornale ‘laico’ come Il Giornale distribuisce in allegato il settimanale ciellino Tempi.

 

Messe in onda

Ma i media della Cei non si limitano alla carta stampata: tra le agenzie, oltre al Servizio Informazione Religiosa (Sir), diretto da Paolo Bustaffa, nato 20 anni fa per ‘rifornire’ di notizie e dettare la linea soprattutto dei settimanali diocesani, la Cei finanzia anche la Misna, agenzia specializzata nel Sud del mondo di cui sono editori le Direzioni Generali e le Province italiane degli Istituti Missionari, il Cimi (Conferenza Istituti Missionari) e il Sermis (Servizio Missionario). Attiva in Italia, ma con lo sguardo rivolto principalmente a Oriente, è invece Asianews, agenzia del Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere.

Nel 1998, la Cei ha raccolto circa 200 radio locali sparse in tutta Italia nel circuito InBlu, con una struttura centrale che produce notiziari e altri contenuti per le radio diocesane e locali. InBlu è anche disponibile sul satellite, proprio come SaT2000, il canale satellitare della Cei (canale 801 di Sky, ma disponibile anche su varie emittenti locali e sul digitale terrestre Rai). La Cei su questo canale ha investito moltissimo, costruendo anche degli studi nella sede romana di via Aurelia, e SaT2000 è da una decina d'anni un’ottima palestra per formare e mostrare all’opinione pubblica ‘volti’ giovani e accattivanti del cattolicesimo italiano che passano poi con facilità ai programmi religiosi del servizio pubblico (gestito dalla Cei) A sua immagine.

Proprio alla programmazione religiosa, la Rai, a partire dal 2003, ha dedicato un’apposita struttura, Rai Vaticano, figlia dell’imponente copertura mediatica assicurata dal servizio pubblico al Giubileo del 2000. Diretta da Giuseppe De Carli, la struttura era stata tenuta a battesimo dall’allora presidente Rai Lucia Annunziata e dal ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, con la benedizione del Segretario di Stato card. Angelo Sodano e del portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls. Rai Vaticano, in origine, doveva essere dedicata “alle principali espressioni religiose presenti nel nostro Paese” ma, a partire dal sito (www.religionecattolica.rai.it), è facile constatare come l’attenzione sia rivolta esclusivamente alla Chiesa cattolica. Si tratta di una struttura da molti ritenuta inutile (le frequenti dirette di celebrazioni ed eventi papali sono, ad esempio, spesso a cura della redazione giornalistica del Tg1), tanto che la scorsa estate il direttore generale Claudio Cappon aveva pensato di sopprimerla, ma una tempestiva interrogazione in Commissione di Vigilanza firmata da Antonio Satta dell’Udeur aveva subito bloccato l’operazione.

Due gli appuntamenti fissi settimanali di informazione religiosa realizzati dalla Rai: A Sua immagine, sabato pomeriggio su Rai Uno, con commento al Vangelo del predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino p. Raniero Cantalamessa, e A Sua immagine - Le Ragioni della Speranza, la domenica mattina, sempre su Rai Uno, con il collegamento in diretta con l’Angelus del papa. Su Rai Due, il sabato mattina, fino alla sospensione estiva, andava invece in onda Sulla via di Damasco, programma condotto da un capoufficio della Segreteria di Stato vaticana, mons. Giovanni D’Ercole, mentre su Rai International c’è Cristianità, sempre dedicato all’Angelus del papa, condotto da suor Myriam Castelli. Sempre in Rai, su Radio 1 ci sono invece Oggi 2000 e Oggi 2000 - La Bibbia, con lettura dei brani delle Sacre Scritture (condotti da Filippo Anastasi, che del Giornale Radio Rai è anche vicedirettore), mentre su Radio 3 va in onda, il sabato pomeriggio e la domenica mattina, Uomini e Profeti, a cura di Gabriella Caramore.

Il tutto senza contare le messe in diretta la domenica mattina (su RaiUno e ReteQuattro) e tutti gli speciali in occasione di viaggi e celebrazioni papali o di eventi come l’ostensione del corpo di Padre Pio, e trascurando il fatto che le figure cattoliche sono sempre di provato allineamento con le direttive di via Aurelia e che in molti programmi gli uomini di Chiesa sono ospiti fissi, pronti a commentare su ogni argomento e in ogni occasione. Ultima iniziativa di Rai Vaticano è una lettura televisiva integrale della Bibbia, con la auspicata partecipazione addirittura del papa, da proporre magari in pillole all'interno di contenitori come Domenica In.

Anche in questo settore della comunicazione cattolica in Rai e Mediaset c’è un dato costante: la massiccia presenza cattolica è affidata a volti e voci di assoluta fedeltà alla leadership della Cei, con l’esclusione totale e sistematica del cattolicesimo progressista o appena conciliare. Per una regola non scritta ma applicata, ai dirigenti e ai giornalisti Rai non è consentito invitare ecclesiastici che non siano stati concordati e approvati dalla Cei, anche in programmi non strettamente religiosi. Né si può tacere del peso esercitato dalla Cei sulla Rai nella scelta dei responsabili dei programmi religiosi e dei cosiddetti vaticanisti. E, comunque, per avere un’idea della presenza della “voce cattolica ufficiale” sulla Rai basta leggere i dati elaborati dal Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva: nel 2007, sui Tg del servizio pubblico, un esponente della Chiesa Cattolica è stato presente con almeno una intervista o dichiarazione in 275 giorni su 365, di cui 206 nell’edizione di mezzogiorno, 227 in quella di prima serata e 158 in entrambe. Su Tg1 e Tg2, nel periodo che va dal 19 aprile 2005 (elezione di Benedetto XVI) al 14 gennaio 2008, l’istituzione cattolica (papa ed esponenti della Chiesa) è stata più presente sul video del presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica, e seconda solo al governo (ministri e sottosegretari). Nello stesso periodo, Benedetto XVI è stato il secondo personaggio più presente “in voce” sul Tg4 (solo Silvio Berlusconi, naturalmente, lo batte), il terzo sul Tg5, il quarto sul Tg2 e sul Tg de La7.

 

Non è la Cei

Se negli ultimi decenni l’importanza e la diffusione dei media direttamente controllati dalla Cei sono costantemente aumentate, rimangono ancora oggi numerosi media cattolici ‘satelliti’, controllati da diocesi o congregazioni religiose. Ad esempio, il canale satellitare TeleRadio Padre Pio (edito dall’Associazione Radio Tau, di cui è presidente il frate cappuccino Francesco D. Colacelli, secondo definitore della Provincia religiosa “Sant’Angelo e Padre Pio” dei Frati Minori Cappuccini e presidente della Commissione per la riesumazione e ricognizione canonica del corpo di san Pio da Pietrelcina); l’emittente Telepace di d. Guido Todeschini, oggi ridimensionata dopo aver licenziato buona parte dello staff giornalistico (v. Adista nn. 73/06, 15-31-35/07); l’onnipresente Radio Maria, emittente  privata nata nell’87 dalle ceneri di una piccola emittente parrocchiale di Erba (Co), proprietà dell’Associazione Radio Maria, di cui sono membri -  come si legge sul sito della radio - sacerdoti e laici “in rappresentanza degli ascoltatori, che con le loro offerte sono i veri ‘azionisti’”. Diretta da p. Livio Fanzaga, rigorosamente schierato a destra, Radio Maria gode di buona salute finanziaria, tanto da star costruendo una grandiosa nuova sede.

E l’elenco della comunicazione cattolica al pubblico italiano potrebbe continuare con i trentamila pulpiti domenicali, i circa ventimila insegnanti di religione cattolica, le decine di migliaia di catechisti ecc. Con buona pace per la controinformazione del card. Bagnasco e del Progetto culturale del card. Ruini. (g. a.)