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Monastero addio, poche novizie e solo straniere

di Jenner Meletti

“la Repubblica” del 24.10.2008

Come le api, come le rondini. Anche le suore stanno scomparendo. «La più giovane, fra noi sorelle,

è suor Carla e ha più di settant'anni. Io sono suora dal 1949, l'ultima novizia è arrivata più di 15 anni

fa». Suor Domenica Cremonini, superiora generale delle Visitandine dell'Immacolata, allarga le

braccia. «Non ci sono più ragazze che vogliano donarsi al Signore. Hanno altri valori, pensano ad

altro. Qualcuna, ogni tanto, bussa ancora al convento e dice di avere la vocazione. Resta con noi

qualche giorno o qualche mese». Poi capisce che diventare suora vuol dire lavorare e pregare una

vita intera, e se ne va».

Il palazzo è bellissimo, nel cuore di Bologna. Mura del '700, affreschi e giardino. «I numeri - dice

suor Domenica - non ci danno molta speranza. Eravamo 149, noi Visitandine, quando io ho preso i

voti. Avevano 40 case diverse - istituti, asili, case di riposo - e ora che siamo rimaste in 14

riusciamo a gestire solo un istituto professionale (gli insegnanti sono però tutti laici) e un convitto

per studentesse universitarie qui nella casa generalizia. Non abbiamo più nemmeno un prete che

venga a celebrare la Santa Messa nella nostra cappella».

I portoni di via Santo Stefano nascondono storie centenarie. Di fronte alla Visitandine ci sono le

Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. Erano almeno trenta, vent'anni fa, ed ora sono 6. Passano ore

nella cappella per l'adorazione eucaristica, mentre le dipendenti curano una «residenza

universitaria». A poche decine di metri ci sono, per l'ultimo anno, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù.

Sono rimaste solo in due, mentre fino a qualche anno fa decine di consorelle riuscivano a gestire

asilo e materna, la scuola elementare e anche la media. Una parte dell'istituto, fondato nel 1865,

sarà venduto. Bologna non è il solo buco nero nel quale le suore scompaiono. In tutto il Paese la

Wall Street delle religiose segna da anni un tracollo continuo. «Stiamo preparando - dice suor

Pieremilia Bertolin, segretaria generale dell'Usmi, Unione superiore maggiori d'Italia, organismo di

diritto pontificio che riunisce le congregazioni - un nuovo censimento. Sarà pronto, speriamo, a

metà dell'anno prossimo. Gli ultimi dati sono del 2001: in Italia c'erano 81.723 religiose, riunite in

627 congregazioni. Nel 1988 le religiose erano ben più numerose: 121.183, con 645

congregazioni».

Un terzo delle suore è scomparso in 13 anni. Ma basta osservare i dati bolognesi per comprendere

che il nuovo censimento confermerà il crollo. Nel 1988 le suore che vivevano sotto le Due Torri e in

provincia erano 1.600. «Nel 2006 - dice suor Enrica Martignoni, segretaria dell'Usmi regionale -

siamo scese a 856. Quest'anno ci siamo contate ancora e siamo 808».

Suor Enrica, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, conosce bene conventi e monasteri anche perché

dirige la «scuola intercongregazionale delle novizie». «Tante comunità non possono più organizzare

il noviziato da sole, perché le ragazze che entrano sono pochissime. La scuola comune è però

positiva: ogni novizia, pregando e studiando assieme alle altre, scopre che nella vita religiosa

diverse sono le chiamate e diverse sono le risposte. Impara a vivere in una comunità più ampia,

quando per secoli i conventi sono stati chiusi alle altre esperienze religiose».

Decine di celle vuote anche nei monasteri di clausura. Sono rimaste in 8, le Clarisse del Corpus

Domini di via Tagliapietre. Un tempo il monastero occupava un intero isolato. Negli otto monasteri

della città ci sono in tutto 77 monache. C'è la «Casa per suore anziane» a San Giovanni in Persiceto,

ma anche tanti conventi, con l'avanzare dell'età, sono diventati ormai case di riposo. Secondo

un'indagine nazionale, solo il 7% delle suore ha meno di trent'anni. Il 17% è compreso fra i 40 e i

60 anni, il 53% ne ha più di sessanta e il 21% è compreso fra i 70 e i 79 anni. In questo mondo dove

le giovani sono mosche bianche, nascono equivoci e malintesi. M., monaca benedettina del Ghana,

assieme a una sorella è arrivata in Toscana credendo di essere chiamata a una vita di clausura. Si è

trovata invece a fare la «badante» in una piccola comunità di monache anzianissime. Se n'è andata e

ha trovato rifugio in un'altra congregazione. «Oggi le famiglie sono meno numerose - dice suor

Enrica Martignoni - e certo non sollecitano la vocazione di una figlia unica. In una società così

superficiale, è poi difficile trovare una spinta verso il sacrificio. Oggi tante nuove vocazioni

arrivano dall'India, dall'Africa e dal Sud America. Nell'ultimo incontro con le novizie, qui a

Bologna, su venti partecipanti solo una era di origine italiana».

Non c'è fuga dai conventi. Si spengono da soli. Le suore sono scomparse anche dalle corsie di

cliniche e ospedali. «Le Serve di Maria Addolorata di Chioggia - dice padre Alessandro Piscaglia,

cappuccino, vicario episcopale per la vita consacrata nella diocesi bolognese - pochi giorni fa hanno

lasciato anche Villa Erbosa. All'ospedale Sant'Orsola c'erano le suore dell'Immacolata: erano 40 e

sono rimaste in quattro, non più infermiere ma assistenti spirituali. Al Maggiore erano 20 e sono in

3. Al Bellaria le Piccole Suore della Sacra Famiglia erano 70 e non ce n'è più nessuna. A Castenaso

la casa di riposo adesso è gestita dalle suore Missionarie della Carità, che arrivano da Palai, nel sud

dell'India».

Il vicario episcopale dice che «la crisi è pesante ma ci sono anche speranze». «Le giovani suore

sono poche ma molto impegnate. Alla vita conventuale preferiscono la presenza apostolica in una

parrocchia, assieme ad altri giovani. Ci sono poi esperienze del tutto nuove: le Missionarie del

lavoro, ad esempio, all'alba di ogni giorno raccolgono frutta e verdura al mercato generale per

distribuirle poi alle mense dei poveri».

Una delle poche congregazioni che ancora resiste - quasi 300 sorelle impegnate in Italia, in

Tanzania e in India - è quella delle suore Minime dell'Addolorata. Ma chi entra nella casa madre

delle Budrie, dove nacque la fondatrice Santa Clelia Barbieri, incontra pochi volti bianchi di suore

anziane e tanti volti sorridenti e giovani di sorelle africane e indiane. Sono loro a gestire gli asili, le

scuole, le case di riposo degli italiani piccoli e grandi. «So che tanti conventi sono in crisi - dice

suor I., indiana, mentre mostra orgogliosa la casa dove Santa Clelia fondò la prima comunità - ma

non bisogna dimenticare che Gesù, con appena dodici apostoli, conquistò il mondo». C'è però chi

non accetta le suore di altri continenti. «Abbiamo partecipato a una riunione a Roma - racconta suor

Domenica, la superiora generale delle Visitandine - e ci hanno spiegato che le straniere creano tanti

problemi. E allora abbiamo fatto una bella offerta alle missioni, così quelle ragazze possono fare le

suore nel loro Paese». Tutto come sempre, nella casa madre di via Santo Stefano. Sperando che una

postulante italiana bussi alla porta: così suor Carla, settant'anni compiuti, non sarà più l'ultima

novizia.