HOME PAGE          SOMMARIO TEMI


L'ossessione del peccato

di Michele Serra

“la Repubblica” del 2 dicembre 2008

Poiché in quasi metà degli Stati del pianeta (91 secondo l'Arcigay) l'omosessualità è un reato,

punibile in 19 paesi anche con la morte; e poiché perseguire per legge le attitudini sessuali è una

evidente mostruosità, la delegazione francese all'Onu ha proposto la "depenalizzazione universale

dell'omosessualità". Una di quelle nobili formule retoriche di non evidente e immediata

applicazione, comunque utili per richiamare all'attenzione del mondo almeno qualcuno dei tanti

orrori e soprusi in corso. Si rimane dunque di stucco leggendo che monsignor Celestino Migliore,

osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, si è pronunciato contro la proposta francese.

Portando controdeduzioni così causidiche, e così stravaganti, da dovere essere rilette almeno tre o

quattro volte nel timore di non avere capito bene. Monsignor Migliore sostiene infatti che un

eventuale pronunciamento sulla depenalizzazione dell'omosessualità, imponendo o suggerendo

"agli Stati di aggiungere nuove categorie protette dalla discriminazione, creerebbe nuove e

implacabili discriminazioni, per esempio mettendo alla gogna gli Stati che non riconoscono il

matrimonio tra persone dello stesso sesso".

Vale a dire, sempre che il pensiero del monsignore sia decifrabile: se si comincia col salvare dal

capestro un omosessuale, il rischio è che la mania modernista dei "diritti" faccia il suo subdolo

corso e arrivi a fare pressione sugli Stati omofobi affinché accettino i nostri costumi relativisti, e

sfascia-famiglie. Un volo pindarico del genere, che trasforma la discussione su un abominio in un

predellino dal quale spiccare il volo per preservare dalla depravazione occidentale i rudi ma

rispettabili costumi delle società patriarcali e omicide (omocide), è davvero impressionante. Il nesso

tra la salvezza degli omosessuali dalla forca o dalla lapidazione o dalla galera, e il "matrimonio tra

persone dello stesso sesso", è ovviamente inesistente. Oppure, può venire in mente solo a chi

anteponga brutalmente una propria ossessione dogmatica alle urgenze umane, al sangue e al dolore

delle persone perseguitate. E dunque sia disposto a confondere il più elementare diritto alla vita e

alla libertà con un grimaldello buono per scassinare i costumi timorati, e le tradizioni solide.

Spiace dirlo, ma non è un ragionamento, è un obbrobrio. Così inspiegabilmente goffo da mettere

malinconia prima ancora che indurre a indignazione: quel genere di malinconia che coglie le

persone di buona volontà, non importa se credenti oppure no, di fronte alla singolare pervicacia con

la quale molte voci ufficiali della Chiesa romana sembrano voler dare voce più a una sorta di panico

ideologico, tanto più aggressivo quanto più spaventato, che a una comprensibile confutazione di

quegli aspetti della vita sociale che confliggono con i regolamenti - specie quelli sessuali, vera

ossessione clericale di questo scorcio d'epoca - del Vaticano.

Fare di una così ragionevole e civilissima causa (appunto la depenalizzazione dei comportamenti

omosessuali) un'occasione di incomprensibile e non richiesto zelo nei confronti di quelle società

ancora impenetrabili ai diritti individuali, è qualcosa di più di un incidente di percorso. E' un'incauta

e controproducente confessione di refrattarietà alla migliore e più condivisibile delle culture

umanitariste, quella che fa della persona la sede inviolabile dei diritti. Viene da pensare che la

persona, secondo la visione del rappresentante della Santa Sede, venga comunque dopo la Morale e

dopo la Famiglia. Come se Morale e Famiglia non fossero al servizio della persona, ma fosse questa

a doversi accontentare dello spazio concesso da quelle. Se poi lo spazio, in novantuno paesi della

Terra, è così angusto da soffocare - su sentenza di un giudice - la persona omosessuale, si suggerisce

di non dirlo troppo ad alta voce: per non irritare il giudice? Per non fargli paventare l'imminente

matrimonio gay, magari con canti e ghirlande, del condannato scampato alla morte oppure

scarcerato a causa dell'intrusione francese?

Speriamo di avere frainteso le parole di monsignor Migliore. E speriamo che le abbia fraintese

anche lui.