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Dio lo vuole!

 

Uri Avnery

 

Articolo diffuso sul sito di Gush Shalom il 4 settembre 2014

Traduzione di Donatella Coppi

 

fonte: Centro Studi Sereno Regis

 

Sono sei decenni che i miei amici ed io mettiamo in guardia il nostro popolo: se non facciamo la pace con le forze nazionaliste arabe, dovremo affrontare le forze islamiste arabe. Il conflitto israelo-palestinese si trasformerà in un conflitto ebraico-mussulmano. La guerra nazionale diventerà guerra religiosa.

In fondo i conflitti nazionali sono razionali. Riguardano un territorio. In generale, possono essere risolti con un compromesso. I conflitti religiosi sono irrazionali. Ognuno dei due campi crede in una verità assoluta e, automaticamente, considera tutti gli altri infedeli, nemici del solo vero Dio. Non ci può essere nessun compromesso tra Veri Credenti, che credono di combattere per Dio e di ricevere i loro ordini direttamente dal Cielo. “Dio lo vuole” gridavano i Crociati che massacravano mussulmani e ebrei. “Allah è il più grande” gridano i musulmani fanatici e decapitano i loro nemici. “Chi è per gli Dei come voi” gridavano i Maccabei che massacravano tutti i loro colleghi ebrei che avevano adottato gli stili di vita greci.

IL MOVIMENTO SIONISTA è stato creato da ebrei laici dopo la diffusione dell’Illuminismo in Europa. Quasi tutti i suoi fondatori erano atei convinti. La maggior parte di loro era disposta ad utilizzare simboli religiosi per il decoro, ma erano categoricamente denunciati come impostori dai grandi saggi religiosi del loro tempo. In realtà, prima della creazione dello Stato d’Israele, l’impresa sionista era immune da ogni dogma religioso, ma oggi i sionisti estremisti parlano dello “Stato-Nazione del popolo ebreo” e non dello “Stato religioso della fede ebraica”. Anche per la fazione “nazional-religiosa”, l’avanguardia dei coloni e dei mezzi fascisti di oggi, la religione era subordinata all’obiettivo nazionale – la creazione di uno Stato nazionale ebraico sull’insieme del territorio situato tra il Mediterraneo e la Giordania.

Questo attacco di tipo nazionale urtò ovviamente contro la decisa resistenza del movimento nazionale arabo. Dopo qualche esitazione iniziale, i dirigenti nazionalisti arabi vi si opposero. Questa resistenza aveva pochi rapporti con la religione. È vero che per qualche tempo la resistenza palestinese fu guidata dal Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, non per la sua collocazione religiosa, ma perché era il capo del clan più aristocratico di Gerusalemme.

Il movimento nazionalista arabo è sempre stato incontestabilmente laico. Alcuni suoi più importanti dirigenti erano cristiani. Il partito pan-arabo Baas (“Resurrezione”), che è arrivato al potere in Siria e in Iraq, era stato fondato da dei cristiani.

Il grande eroe delle masse arabe dell’epoca, Gamal Abd-el-Nasser, benché ufficialmente musulmano, era completamente areligioso. Yasser Arafat, il capo dell’OLP, in privato era un devoto musulmano, ma sotto la sua direzione l’OLP restò un organizzazione laica e molti suoi aderenti erano cristiani. Parlava di liberare le moschee e le chiese di Gerusalemme Est. Ci fu un tempo in cui l’obiettivo ufficiale dell’OLP era di creare in Palestina uno Stato “democratico e non confessionale”.

ALLORA, CHE COSA è successo? Come mai un movimento nazionalista si è trasformato in un movimento religioso violento e fanatico?

Karen Armstrong, la monaca diventata storica, ha fatto notare che la stessa cosa era successa quasi simultaneamente nell’insieme delle tre religioni monoteiste. Negli Stati Uniti, ora i cristiani evangelici svolgono un ruolo importante in politica, in stretta collaborazione con l’establishment ebraico di destra. Nell’insieme del mondo musulmano, i movimenti fondamentalisti acquistano più potere. E in Israele, un fondamentalismo ebraico messianico svolge ora un ruolo sempre più importante.

Quando la stessa cosa si produce in paesi così diversi e in religioni così diverse, ci deve essere una causa comune. Quale?

È facile parlare in modo vago e nebuloso, usando il termine tedesco Zeitgeist,lo ‘spirito del tempo’, ma questo in realtà non spiega molto.

Nel mondo musulmano, il fallimento del nazionalismo liberale e laico, ha creato un vuoto spirituale, una catastrofe economica e un’umiliazione nazionale. Le brillanti promesse del nasserismo sfociarono in una pietosa stagnazione sotto Hosny Mubarak. I dittatori baathisti di Bagdad e di Damasco hanno fallito nella creazione di Stati moderni. I militari in Algeria e in Turchia non hanno fatto molto meglio. Dopo il rovesciamento del dirigente iraniano democraticamente eletto, Mohammed Mossadek, ad opera delle potenze occidentali che cercavano di mettere le mani sul petrolio, l’infelice Scià non poté colmare il vuoto.ISS

E costantemente c’era lo spettacolo umiliante di Israele che, partito da un piccolo inserimento straniero disprezzato, diventava una formidabile potenza militare ed economica che inflisse facilmente agli Stati arabi sconfitta su sconfitta.

Dopo ogni nuova guerra, i musulmani si chiedono: “Cosa c’è che non va?”. Se il nazionalismo ha fallito, sia in pace che in guerra, se né il capitalismo, né il socialismo sono riusciti a creare un economia solida, se né l’umanesimo europeo, né il comunismo sovietico sono riusciti a colmare il vuoto spirituale, dov’è la soluzione?

La risposta risonante viene dalla profondità delle masse: “L’islam è la risposta!”

LA LOGICA avrebbe voluto che la risposta israeliana fosse l’opposta.

Israele è una ‘succes story’. Non soltanto dispone di una potente macchina militare e di un importante potenziale nucleare, ma è una potenza tecnologica e è in possesso di una infrastruttura economica relativamente solida.

Ma il fondamentalismo messianico, strettamente associato a un nazionalismo estremista, detta ora la nostra condotta.

Alla viglia dell’ultima guerra, il comandante della brigata Giv’ati ha rivolto un ordine del giorno ai suoi ufficiali che per molti è stato uno shock.

La brigata Giv’ati è stata una brillante unità di combattimento nella guerra del 1948 (io ero uno dei suoi membri della prima ora e ho scritto due libri su di essa). Eravamo molto fieri della sua composizione. I soldati erano un misto di figli dell’élite metropolitana e dei quartieri periferici più poveri – cosa che ebbe una riuscita brillante e ne dette prova in combattimento.

Il comandante della brigata era un ex soldato comunista tedesco, clandestino sotto il nazismo, che si era convertito al sionismo ed era diventato membro di un kibbutz molto di sinistra. La stessa cosa si poteva dire per la maggior parte dei membri del suo stato maggiore. Non ricordo di aver visto un solo soldato della brigata portare la kippah.

Immaginate il nostro shock quando il comandante della brigata attuale ha chiamato alla guerra santa per fare la volontà di Dio. Il colonnello Ofer Winter, che ha frequentato da giovane una scuola militare religiosa, aveva questo da dire ai suoi soldati alla viglia della battaglia: “La Storia ci ha scelti per essere l’avanguardia della battaglia contro il nemico terrorista di Gaza che insulta e maledice il Dio degli eserciti di Israele… Alzo gli occhi al Cielo e lancio con voi questo appello: Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno. O Signore, Dio d’Israele, guidaci alla vittoria, ora che andiamo a batterci per Israele, contro un nemico che maledice il tuo nome!”

L’obiettivo ufficiale dell’esercito israeliano in questa campagna era di sorvegliare la frontiera e mettere fine ai tiri dei missili contro le città e i villaggi israeliani. Ma non era l’obiettivo del colonnello che ha mandato i suoi soldati a morire (tre di loro sono morti) per il Dio d’Israele, contro coloro che maledicono il suo nome.

Se quell’ufficiale fosse stato il solo fanatico religioso dell’esercito, sarebbe stato già abbastanza increscioso. Ma l’esercito, oggi, è pieno di ufficiali con la kippah che hanno subito un indottrinamento religioso e che indottrinano a loro volta, nello stesso spirito, i loro soldati .

Il partito sionista religioso e i suoi rabbini fanatici, molti dei quali sono fascisti dichiarati, lavorano da anni per infiltrare sistematicamente i corpi degli ufficiali dell’esercito. È un processo di selezione naturale: gli ufficiali a cui ripugna di agire da padroni coloniali nei territori occupati, lasciano l’esercito per diventare imprenditori high-tech e a prendere il loro posto vengono mandati dei fanatici messianici.

D’altra parte il colonnello non è stato rimproverato o sanzionato in alcun modo. Al contrario è stato lodato durante la guerra come comandante esemplare in combattimento.

TUTTO CIÒ mi porta all’ISIS – Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Grande Siria) che recentemente ha cambiato il suo nome in Stato Islamico. Il cambiamento significa che i vecchi Stati, creati dai colonizzatori occidentali dopo la Prima guerra mondiale, sono aboliti. Ci sarà uno Stato islamico che comprenderà tutti i territori islamici, antichi e attuali, ivi compresa la Palestina (inclusa Israele).

È un fenomeno nuovo e spaventoso. Naturalmente ci sono molte organizzazioni e partiti islamici nel mondo musulmano – dal partito turco al potere fino ai Fratelli musulmani in Egitto e al palestinese Hamas. Ma quasi tutti limitano la loro lotta ai loro territori nazionali – la Turchia, la Siria, la Palestina, lo Yemen. Vogliono ottenere il potere per comandare il loro paese. Anche Osama bin Laden voleva soprattutto prendere il potere nella sua patria, l’Arabia Saudita.

L’ISIS è qualcosa di completamente diverso. Vuole distruggere tutti gli Stati, in particolare gli Stati mussulmani, strappati dagli imperialisti occidentali alla terra mussulmana. Con una ferocia spaventosa, elevata al rango di simbolo religioso, ha come obiettivo la conquista del mondo mussulmano e poi del Pianeta.

L’obiettivo può sembrare ridicolo visto che l’impresa vede in tutto qualche migliaio di combattenti, ma questa minima forza ha già conquistato una notevole parte della Siria e dell’Iraq. Essa esprime l’aspirazione dei musulmani a restaurare la loro antica gloria, il loro odio per tutti coloro (tra i quali anche noi) che hanno umiliato l’islam e una sete di valori spirituali. Non ci si può impedire di ricordare gli inizi del nazismo – i suoi risentimenti, la sua sete di rivincita, l’attrazione che esercitava su tutti i poveri e gli umiliati.

Può darsi che ci voglia solo qualche anno perché diventi una forza notevole, una minaccia per tutti gli Stati di questa regione.

È UNA MINACCIA per Israele? Certo che sì. Se conserva il suo dinamismo, rovescerà il regime di Assad e arriverà alla frontiera israeliana dove altri ribelli islamici hanno già scatenato, questa settimana, i primi attacchi.

Con una simile minaccia che si profila a nord, sembra ridicolo combattere una minuscola forza islamo-patriottica a Gaza – anche se maledice il nome del Signore.

Può darsi che resti solo pochissimo tempo per fare la pace con il movimento nazionale arabo e in particolare con il popolo palestinese – sia con l’OLP che con Hamas – per unirsi poi alla lotta contro lo Stato islamico.

L’alternativa è spaventosa.