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In principio era l’amore.


Le leggi della fisica e l’immagine di Dio

 

DI Claudia Fanti)

 

Adista Documenti n° 46 del 27712/2014  

 

DOC-2682. ROMA-ADISTA. Per un motivo o per un altro, la questione del Big Bang sembra essere sempre all’ordine del giorno. A toccare l’argomento, di recente, è stato lo stesso papa Francesco, il quale, lo scorso 27 ottobre, in occasione dell'inaugurazione di un busto in onore di Benedetto XVI, alla Pontificia Accademia delle Scienze, ha dichiarato che «il Big Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige». Precisando di non voler entrare «nella complessità scientifica di questa importante e decisiva questione», il papa ha voluto «solo sottolineare che Dio e Cristo camminano con noi e sono presenti anche nella natura». E ha aggiunto: «Quando leggiamo nella Genesi il racconto della Creazione rischiamo di immaginare che Dio sia stato un mago, con tanto di bacchetta magica in grado di fare tutte le cose. Ma non è così. Egli ha creato gli esseri e li ha lasciati sviluppare secondo le leggi interne che Lui ha dato ad ognuno, perché si sviluppassero, perché arrivassero alla propria pienezza. Egli ha dato l’autonomia agli esseri dell’universo al tempo stesso in cui ha assicurato loro la sua presenza continua, dando l’essere ad ogni realtà». E dando all’essere umano «un’altra autonomia, un’autonomia diversa da quella della natura, che è la libertà», rendendolo «responsabile della creazione». «Quindi allo scienziato, e soprattutto allo scienziato cristiano, corrisponde - ha evidenziato il papa - l’atteggiamento di interrogarsi sull’avvenire dell’umanità e della terra, e, da essere libero e responsabile, di concorrere a prepararlo, a preservarlo, a eliminarne i rischi dell’ambiente sia naturale che umano». Dichiarazioni, queste, a cui è stato dato molto rilievo dalla stampa di tutto il mondo, ma che, in realtà, non costituiscono una novità sostanziale rispetto a quanto già affermato, a proposito della compatibilità tra evoluzionismo e creazione, da Giovanni Paolo II e prima ancora da Pio XII.

All’altro lato dello spettro, un mese prima, molto risalto era stato dato in Spagna alle dichiarazioni rilasciate da Stephen Hawking, il celebre matematico e astrofisico britannico condannato all'immobilità dall'atrofia muscolare progressiva, durante l’intervista concessa al quotidiano spagnolo El Mundo il 21 settembre scorso (in occasione dello Starmus 2014, il Festival di astronomia svoltosi a Tenerife dal 22 al 27 dello stesso mese), in cui lo scienziato, alla domanda sulla sua posizione in materia di religione, aveva risposto: «Non c’è nessun Dio. Sono ateo», provocando molti commenti tra i lettori spagnoli. Ma già nel suo ultimo libro Il grande disegno, lo scienziato aveva sostenuto che Dio non è necessario a spiegare l’origine dell’universo, in quanto il Big Bang sarebbe semplicemente una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica. E che la scienza sarebbe in realtà sul punto di elaborare una “teoria del tutto”, autosufficiente, in grado cioè di spiegare ogni aspetto dell’Universo. Una convinzione ribadita anche durante l’intervista concessa a El Mundo: «Credo – ha detto – che riusciremo a capire l’origine e la struttura dell’universo. Del resto, già ora siamo prossimi a questo obiettivo. A mio giudizio, non c’è alcun aspetto della realtà fuori dalla portata della mente umana».

Ad Hawking aveva allora risposto, tra molti altri, il gesuita e scrittore spagnolo Pedro Miguel Lamet, evidenziando il «concetto di divinità molto infantile» dello scienziato, ma anche sottolineando come la visione del mondo offerta dalle scienze possa aiutare «a purificare la nostra immagine di Dio e la sua relazione con il mondo, cioè a promuovere una nuova concezione dell’azione creatrice di Dio in un universo dinamico ed evolutivo» (v. Adista n. 76/10). Ed è un altro gesuita, e fisico, Guillermo Rodríguez-Izquierdo dell’Universidad Loyola Andalucía a intervenire a proposito delle ultime dichiarazioni di Hawking, affermando che il Big Bang non è altro che una spiegazione di come ha avuto inizio l’universo, a cui possono affiancarsi altre possibili spiegazioni di ciò che può aver preceduto il Big Bang, tutte importanti da conoscere. «Ma - scrive - quando noi credenti parliamo di un Dio creatore del cielo e della Terra parliamo di qualcosa di distinto», e cioè del fatto «che tutto viene da un amore che comunica se stesso». E questo, dice, «non potrà mai scoprirlo né smentirlo la Fisica». 

Ma di Big Bang si è molto parlato anche in seguito all’annuncio, lo scorso marzo, da parte di un gruppo di ricerca statunitense, della possibile scoperta di segnali di onde gravitazionali primordiali, piccole increspature nel tessuto dello spazio-tempo che costituirebbero l'eco del processo inflazionario avvenuto istanti dopo il Big Bang: quella prodigiosa espansione esponenziale che, secondo appunto la dibattuta teoria cosmologica dell’inflazione, avrebbe visto l'universo, all'inizio della sua storia (10 alla meno 34 secondi dopo il Big Bang, cioè in una frazione di tempo pari a un decimo di milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo), gonfiarsi come una sorta di palloncino fino a raggiungere dimensioni spropositate. Un annuncio che ha scatenato una grande disputa scientifica, in quanto, poco dopo, altri scienziati hanno avvertito che i segnali colti con il telescopio BICEP 2 in Antartide potrebbero dipendere da perturbazioni causate da semplice polvere galattica (possibilità che intanto non hanno scartato neppure i ricercatori della missione del sofisticatissimo satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea). Ma se verificata, tale scoperta, secondo alcuni fisici, risulterebbe compatibile con il modello di “multiversi”: quel modello, al centro di un altro grande dibattito scientifico, in base a cui il nostro universo di 13,7 miliardi di anni, con il suo unico e calibratissimo sistema di leggi fisiche, sarebbe nient'altro che una parte infinitesima di un immenso megaverso, popolato da un numero sterminato di quelli che il fisico Alan Guth ha chiamato universi-bolla, ciascuno dei quali, come ritiene un altro fisico, Leonard Susskind, occuperebbe un angolo di uno sterminato «paesaggio di possibilità matematiche» (cosicché - scrive - «la vecchia domanda del XX secolo “Che cosa c'è nell'universo?” andrebbe sostituita con quella “Che cosa non c'è?”»). Una teoria (peraltro considerata da diversi fisici non scientifica in quanto non verificabile) che, secondo alcuni, ridimensionerebbe con forza il mistero dell'esistenza di leggi della fisica e della cosmologia fatte su misura per noi, per permettere la nostra esistenza (e quindi l'ipotesi di un universo benevolo) - in quanto, secondo questo modello, tali leggi riguarderebbero appena la nostra piccola bolla all'interno di un paesaggio cosmico che ammetterebbe uno spettro di possibilità oltre ogni immaginazione - e che invece, secondo altri, non comporterebbe, per una prospettiva di fede, un problema più grande di quello dell'esistenza di altri mondi e sistemi solari nell'universo che conosciamo. 

Di seguito il commento di Guillermo Rodríguez-Izquierdo, tratto da Redes Cristianas (15/10), in una nostra traduzione dallo spagnolo.

 

Parlare di Dio dopo Hawking

 

di Guillermo Rodríguez-Izquierdo

 

Lo scorso 21 settembre il quotidiano El Mundo ha pubblicato alcune dichiarazioni di Stephen Hawking con il titolo: «Non c’è nessun Dio, sono ateo». Quello che dice Hawking, eminente autorità della fisica, esercita sempre un forte impatto sulla comunità scientifica e sul pubblico in generale. Non si tratta di dichiarazioni nuove: in precedenti lavori Hawking aveva già sostenuto che Dio non sarebbe necessario per spiegare il Big Bang. E ora ribadisce la sua convinzione che la scienza arriverà a conoscere tutto ciò che è intellegibile. È partendo da qui che Hawking, come molti altri, si dichiara ateo.

Tra i credenti si sono registrate varie reazioni a queste dichiarazioni. A cominciare da quella di un altro astrofisico, il quale ha precisato che, se il Big Bang risulta essere la conseguenza di fluttuazioni del vuoto quantistico, vuol dire che non è nato dal nulla. Perché qualcosa che può fluttuare non è il nulla, il non essere. E dunque questo non fa che spostare più indietro la questione: se Dio non è imprescindibile per spiegare il Big Bang, ne abbiamo però bisogno per spiegare queste potenzialità del vuoto quantistico. 

Conviene tuttavia analizzare ciò che questo ragionamento comporta. Introdurre Dio per spiegare quello che incontriamo alla frontiera ultima della conoscenza, al confine di ciò che non comprendiamo, porta con sé il rischio che il progresso della scienza, sempre positivo e auspicabile, ci porti a capire di più e meglio l’universo sottraendo pertanto sempre più terreno a Dio. Seguendo questo ragionamento, è facile rendersi conto che, se abbiamo ancora bisogno di Dio per qualcosa, tra poco, quando la scienza ne saprà di più, non ne avremo più bisogno affatto. (...).

Una seconda reazione, spontanea in molti credenti, è pensare che tutto questo universo in cui viviamo debba venire da una mente creatrice e ordinatrice. Una mente che avrebbe disposto le leggi della Fisica, facendo in modo che il mondo sia così com’è. 

Nel corso di tutta la storia della filosofia, già a partire dai presocratici, si incontrano due posizioni contrapposte: quelle idealiste, in base a cui al primo posto c’è la mente, il pensiero, e quelle empiriste, poi sfociate nel materialismo, secondo cui al primo posto c’è la materia. Nell’ottica materialista si pensa che tutto, incluso il pensiero, sorga dalla materia e che, allora, tutto esista perché esiste. Non staremmo qui perché qualcuno lo ha voluto, ma semplicemente perché dalla materia è sorto tutto ciò che esiste in un dato momento: sarebbe avvenuto il Big Bang e ne sarebbe seguita tutta la storia dell’universo, il Sole, i pianeti, gli esseri viventi, i dinosauri, noi e poi chissà chi, e tutto perché sì. Nell’ottica materialista nulla di tutto ciò è stato voluto né presenta uno scopo. In inglese il termine che generalmente si usa per definire questa situazione è pointless: senza finalità, senza importanza, senso significato. La posizione materialista richiede una grande forza interiore per accettare questa dura realtà, senza alcun ricorso a consolanti certezze. In quest’ottica, interrogarsi sul senso, su chi ha voluto tutto questo, sul perché e sul per come sarebbe nient’altro che una malattia della mente. Il materialismo comporta una negazione della metafisica, un radicale positivismo. E tale atteggiamento è condiviso da molti scienziati i quali hanno una chiara coscienza del fatto che non tutto nel mondo fisico è intellegibile né lo sarà, ma traggono soddisfazione dal molto che offre la scienza, accettando che questo è quello che c’è, che non si va né si andrà oltre, che qualunque domanda è vana. Che le cose stiano così o che invece si pensi, come Hawking, che arriveremo ad abbracciare tutto l’intellegibile, ne può in ogni caso derivare solo una posizione agnostica o di dichiarato ateismo: o Dio non interessa o Dio non esiste.

Una terza reazione è quella di chi pensa che la Fisica debba occuparsi solo di ciò che le è proprio, di ciò che sa, e che non le competa parlare di Dio. Quando Hawking parla di Fisica lo fa con più informazioni e più elementi di giudizio degli altri, ma, quando parla di Dio, le sue opinioni non appartengono alla Fisica. In questo ambito, si occupa di qualcosa di cui non conosce molto: altri argomentano e distinguono più e meglio di lui. Egli stesso, del resto, esprime ciò più modestamente sotto forma di opinione. Si tratta, certo, di opinioni di qualcuno che è un’autorità della Fisica, qualcuno che dice quello che crede di vedere a partire dal confine a cui giunge la Fisica, ma affacciandosi a una finestra che è già al di fuori del dominio della scienza. Tuttavia è una persona prestigiosa e la sua opinione ha un peso differente.

UN AMORE CHE COMUNICA SE STESSO

Queste tre reazioni aiutano a comprendere qualcosa che ha lasciato perplessi coloro che una volta me l’hanno sentito dire: il Big Bang non è la creazione del mondo. Il Big Bang è una spiegazione, a partire dal Modello Standard della Cosmologia attuale, di come ha avuto inizio l’universo. Altre possibili spiegazioni di qualcosa di anteriore al Big Bang che la Fisica possa elaborare saranno anch’esse nient’altro che una descrizione di come è iniziato il nostro universo. Tutto questo è molto importante saperlo, ma quando noi credenti parliamo di un Dio creatore del cielo e della Terra parliamo di qualcosa di distinto: diciamo che tutto ciò che vediamo e che siamo viene da una mente che  vede tutto questo - così diceva sant’Agostino: «Le cose esistono perché Dio le vede» - e soprattutto diciamo che tutto viene da un amore che comunica se stesso. E questo non potrà mai scoprirlo né smentirlo la Fisica.

Dire che al principio ci sono la mente e l’amore, c’è la persona, è la via per rispondere alle domande di senso, di quale sia la causa e di quale sia lo scopo. Per noi queste domande non sono deliri, bensì voci che vengono dall’umano, da ciò che siamo, dalla nostra identità e dalla nostra interiorità. Hawking suppone che giungeremo a comprendere tutto ciò che è intellegibile; noi supponiamo qualcosa di diverso: che la nostra dinamica verso l’essere e verso l’amore non è un’illusione, ma risponde alla verità che soggiace alla natura.

Tutto questo esige uno sguardo attento alla scienza. Quanti di noi credono in un Dio dal cui amore proveniamo sono consapevoli del fatto che ciò che esiste in questo mondo è frutto del caso e della necessità. È questo che ci trasmette oggi la scienza ed è questo che ci offre una visione del mondo diversa da quella più ingenua del passato. Oggi crediamo che è da Dio che viene questa ricchezza con cui la materia, seguendo le leggi della natura, dispiega un’enorme forza creatrice e innovatrice. Non abbiamo risposte per tutte le domande, né pretendiamo che Dio sia la risposta qualora non se ne abbia un’altra. Crediamo, questo sì, che l’amore e l’intelligenza che erano al principio accompagnano tutto il processo, giungono fino a noi, continueranno ad essere realtà dopo che il Sole avrà esaurito la sua fonte di energia. Quanti la pensano diversamente sono anch’essi per noi un punto di riferimento: ci fanno riflettere, ci spingono a comprendere e a esaminare le loro ragioni, ci insegnano a pensare e a curare il nostro linguaggio. Anche in loro incontriamo piste che possono aiutarci nella nostra ricerca della verità.